Oggi vi parlo di un altro gustoso piatto originario del reatino, cucinato on-line nel mese scorso con il prezioso supporto dell’Associazione “Micciani unita”.
Il tutto
rientra, come già sottolineavo nello scorso post,
nel progetto “Turismo e cultura” che prevede una serie di showcooking
organizzati dalla Camera di Commercio di Rieti-Viterbo e
dall'Azienda Speciale Centro Italia che mi
hanno gentilmente invitato.
Si tratta
di un piatto da gustare normalmente nei mesi freddi, che si otteneva dopo la
raccolta autunnale di legumi e cereali, quando le donne di casa provvedevano a rifocillare
le numerose famiglie.
La
macinatura dei cereali, che avveniva presso gli antichi mulini (in questo caso il
cosiddetto “mola Scorretti” sulle sorgenti del Peschiera), garantiva la
sopravvivenza delle popolazioni limitrofe, che lavoravano duramente nei campi per
procurarsi le farine e ricavarne pane e pasta.
Evidentemente
oggi le cose sono cambiate e il piatto si prepara con semplici ingredienti che
si trovano con facilità nella dispensa di casa o al supermercato.
Gli gnocchetti
vengono realizzati miscelando due farine, quella di grano e granturco, cereali
tipici del territorio, e vengono conditi con fagioli in umido, insaporiti dal
guanciale e allungati con acqua di cottura come una minestra. Si accompagnavano
con un tozzo di pane e un buon bicchiere di vino novello.
Ecco come si realizza questo buonissimo piatto:
Ingredienti (per 4 persone)
300 gr di farina di grano tipo 00
200 gr di
farina di granturco
400 gr di fagioli
borlotti
400 gr di
salsa di pomodoro
2 fette di guanciale amatriciano (ne ho parlato qui)
Miscelare la farina di grano e granturco unendo ad occhio dell’acqua tiepida. Una volta ottenuto un impasto liscio ed elastico, formare dei cilindri e ricavarne dei piccoli gnocchi. Farli cuocere in acqua bollente finché non vengono a galla.
Condire gli
gnocchetti con dei fagioli in umido precedentemente insaporiti con guanciale e
pomodoro (in un tegame mettere a sfrigolare il guanciale tagliato a dadini, aggiungere
poi la salsa di pomodoro e dopo che si è insaporita inserire i fagioli lessati;
questi ultimi sono di elevata qualità: si tratta di stupendi borlotti
dell’altopiano leonessano che vanno messi a bagno tutta la notte e lessati il
giorno dopo).
La consistenza del piatto diventa poi brodosa perché vengono allungati con l’acqua di cottura dei fagioli che dovrete tenere da parte.
Un ottimo piatto confortevole, rustico che ben si adatta alle uggiose serate autunnali e invernali che stiamo pienamente vivendo in questi ultimi giorni. Io l’ho preparato un po' più denso perché mi piace di più, ma la consistenza deve essere brodosa. Provatelo, non è difficile da realizzare ed è davvero una bontà!
Dicevo in
precedenza che Micciani è una frazione di Cittaducale e conta oggi circa 60
abitanti. Il nome deriva dal latino “Mica, -ae” che vuol dire briciola e ne designa
la piccolezza.
Sorge su
una collina a 470 metri sotto la montagna di Pendenza e si affaccia sulla
pianura irrigata dalle sorgenti del Peschiera e solcata dal fiume Velino.
Vanta
un'ottima posizione panoramica, potendosi ammirare tutta la piana di San
Vittorino e le antiche terme di Vespasiano, nonché i promontori di Calcariola, Cittaducale
e Paterno e le terme di Cotilia con i suoi laghi.
Sul fiume
Peschiera si scorge poi la vecchia “mola Scorretti”: questo mulino ad acqua fu
sostegno per tante famiglie che facevano macinare il loro raccolto di grano, soprattutto
nel periodo delle guerre mondiali, fino alla morte dei vecchi proprietari tra
il 1980 ed il 1990.
Il mulino
veniva raggiunto dai paesi più lontani, attraverso un importante sentiero oggi
conosciuto come tratto del sentiero E1 europeo, ripristinato grazie all'impegno
dei volontari di Micciani Unita e meta di tanti escursionisti.
Infine, a
poca distanza si trova la stazioncina ferroviaria
“Sorgenti
del Peschiera”, che consente di far attraversare la pianura con la tratta
Terni-L'Aquila-Sulmona.
Ci sarebbe
altro da dire su Micciani, (magari lo farò in un altro post), anche grazie ai
racconti e tradizioni conservati dagli anziani e dai giovani che le rendono vive.
Del resto, come narra l'artista di Capadosso Acanio Manenti che tra il 1630 ed il 1650 decorò il salone del Palazzo Vescovile a Cittaducale “Micciani, torre Cifreda e Cesoni, non sono protette da mura, ma c'è qualche cosa che difende i forti cuori”. Chi conosce i loro abitanti di oggi, può affermare che è ancora cosi…
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