Il mare, il buon bere, il mangiare bene e...chi più ne ha, più ne metta

29 dicembre 2022

La ricetta delle sagne alla molinara


L’ultima ricetta preparata on-line insieme alla Camera di Commercio di Rieti e Viterbo (in collaborazione con la sua Azienda speciale Centro Italia
) che vado a descrivervi è quella delle Sagne "a la molenara", un piatto tipico del borgo angioino di Cittaducale, in provincia di Rieti.
Una ricetta che risulta essere ancora più antica di questo borgo fondato nel 1308 da Carlo D'Angiò: le sue origini si perdono infatti nella notte dei tempi, nel periodo in cui la media Valle del Velino, molto ricca di sorgenti che sgorgavano alle pendici del Terminillo, contava numerosi mulini ad acqua per la macina del grano. Proprio in questi piccoli caseggiati, secondo la tradizione, sono nate le sagne, che hanno preso il nome da colui che macinava il grano per produrne la farina, il mugnaio o il molinaro, ovvero il manovratore della mola; una figura antica e affascinante, che doveva anche provvedere al proprio sostentamento con pasti frugali, rapidi e che non richiedessero grandi spazi.
Ecco come si preparano queste buonissime sagne:
 
Ingredienti
 
400 gr di farina 00
sale
500 gr di passata di pomodoro Ovalone
aglio
olio extravergine di oliva
maggiorana
peperoncino
 
Disporre la farina a fontana sulla spianatoia. Al centro versarvi dell’acqua tiepida e un pizzico di sale. Impastare il tutto fino ad ottenere un composto morbido e liscio.
Mentre quest’ultimo riposa un pò, preparare un sugo con aglio, olio, pomodoro, abbondante maggiorana e peperoncino.
Tornare successivamente all'impasto, tirando sulla spianatoia infarinata una sfoglia dello spessore di mezzo centimetro. Tagliare quindi con il coltello delle strisce di pasta lunghe quanto la sfoglia. Cuocere le sagne in abbondante acqua bollente e salata, versandole una per volta e avendo cura di prenderle una ad una e di allungarle con le mani cosparse di farina. Condire con il sugo e servirle ben calde.


Nel preparare questo piatto ho apprezzato in particolare tre cose: il magico allungamento della pasta una volta tagliata a strisce, il buonissimo anche se semplice sugo di pomodoro, impreziosito dalla qualità della varietà Ovalone (prodotto agroalimentare tradizionale e tipologia autoctona del reatino) e dall’abbondante maggiorana e la callosità e ruvidità della pasta che ben si sposa con questa salsa profumata e piccantina.
Questo ottimo piatto può essere degustato principalmente a Cittaducale, uno dei gioielli meglio conservati della provincia di Rieti.
Vale la pena sottolineare inoltre che la Sagra delle "Sagne alla Molenara", fondata nel 1308 da Carlo D'Angiò, è la manifestazione di punta dell'agosto Angioino e propone ogni anno un ricco programma di eventi. E' in questa occasione che vengono riaperti i vecchi mulini del territorio, che si può assistere alla rievocazione Civita Ducale - Città del Duca Roberto d'Angiò, al Palio dei Quarti e apprezzare le Cantine Civitesi, aperte per l'occasione.
Da visitare anche le Terme di Vespasiano, imponente complesso architettonico che si lega alle vicine Terme di Cotilia e che contribuisce a rendere attrattivo questo territorio dal punto di vista storico, culturale e naturalistico.

21 dicembre 2022

Cucinando on-line alcuni piatti tipici del reatino


Proseguo col raccontarvi la mia esperienza di cucina on-line fatta insieme e grazie alla
Camera di Commercio di Rieti e Viterbo.
Oggi vi descriverò in particolare due ricette, sempre eseguite insieme ad altri blogger e giornalisti, originarie della provincia di Rieti.


Prima però di cominciare, mi preme sottolineare ancora che cucinare tutti insieme questi piatti è stata una bellissima esperienza, in quanto alla mera esecuzione dei piatti, si sono uniti tanti consigli pratici e aneddoti, oltre che suggerimenti di viaggio o gita in zone che personalmente non conosco troppo bene e che vorrei visitare presto.


Il primo dei due piatti proposti è stato quello della "maritata", un piatto tipico della cucina tradizionale di Poggio Bustone, oggi quasi dimenticato. Si tratta di una polenta di elevata qualità che diventa "maritata", abbinandosi ad altri ingredienti ed essendo condita in vari modi, secondo le antiche ricette delle nonne.


Era la pietanza tipica delle giornate fredde, quando si trascorreva molto tempo in casa, davanti al camino.
Ecco come si prepara:
 
Ingredienti
 
500 gr. di fagioli
3 foglie di alloro
1 rametto di rosmarino
sale fino e grosso
pepe
400 gr. di farina di mais
200 gr. di pancetta
250 ml. di olio extravergine di oliva
mezza cipolla
1 carota
1 costa di sedano
 
Mettere in ammollo i fagioli per almeno 12 ore; scolarli, sciacquarli sotto acqua corrente e versarli in un tegame dai bordi alti. Coprirli con acqua, profumarli con foglie di alloro e rosmarino, salare, pepare, coprire con un coperchio e cuocere per circa un'ora a fuoco dolce.
Preparare intanto la polenta versando la farina di mais a pioggia nell'acqua fredda, girandola continuamente con un cucchiaio di legno. Porre quindi la polenta sul fuoco e, sempre girando, portarla ad ebollizione quasi fino alla completa cottura.
Nel frattempo, in un altro tegame soffriggere la pancetta tagliata a cubetti con olio, cipolla, carota e sedano tritati e, appena il grasso si sarà sciolto, aggiungere i fagioli lessi, un po' di acqua, il sale e un pizzico di peperoncino.
Fare insaporire il condimento e poi versarlo nella polenta un pò prima che venga portata a cottura, continuando a girare. Sarà cotta quando comincerà a staccarsi dalla pentola, risultando un po' dura. Rovesciarla quindi sulla spianatoia e consumarla calda, aggiungendo ancora, sopra di essa, un pò di fagioli.
L’ideale è degustare la maritata nel paese di origine, Poggio Bustone, che è un piccolo borgo sul ripido versante del Monte Rosato, da secoli conosciuto per essere il punto d'incontro di alcuni dei cammini più importanti della storia del Cristianesimo: quello di San Francesco e quello di San Benedetto.
In questa zona i monti dalle cime arrotondate sono apprezzati dagli amanti del parapendio e del deltaplano, grazie alle favorevoli condizioni atmosferiche della terrazza di Poggio Bustone. Ci troviamo nel cuore della Riserva Naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile, zona umida di grande interesse, sebbene ancora poco conosciuta. Per la sua bellezza e valore ambientale e naturalistico è stata iscritta nel Registro Nazionale dei Paesaggi Rurali di interesse storico, delle pratiche agricole e delle conoscenze tradizionali. E’ un'area che devo proprio visitare!
 
E veniamo ora a parlare di un’altra ricetta del reatino, questa volta dolce, i "cauciuni" con le castagne che ho realizzato anche grazie ai sapienti consigli della Compagnia degli Zanni di Pescorocchiano.


Un dolce tipico che è perfetto per questo periodo, appartenendo alla tradizione natalizia di Pescorocchiano. E' usanza infatti prepararlo e regalarlo nel periodo di Natale.
Si tratta di ravioli dolci fatti con ripieno di pasta di ceci o di castagne, che possono essere preparati anche in una versione salata, con il formaggio.
Appartengono alla tradizione di una cucina locale semplice, ma sempre buona e genuina proprio come le antiche tradizioni che la caratterizzano.
 
Ingredienti
 
Farina
Castagne
Zucchero
Cacao in polvere amaro
Cognac o sambuca
 
Lessare le castagne, preventivamente sbucciate, in acqua fredda, quindi pelarle e passarle al setaccio. Farle raffreddare. Successivamente in una terrina preparare un impasto con le castagne passate, cacao in polvere amaro, zucchero e sambuca, amalgamandolo bene.
Impastare quindi acqua e farina, tirando una sfoglia sottile.
Disporre sulla sfoglia tanti mucchietti dell'impasto preparato, ricoprirli con la stessa sfoglia, premerli ai bordi e tagliarli come se fossero dei ravioli, a mezzaluna. Ungere una teglia, spolverizzarla di farina e disporvi i "cauciuni". Cuocerli in forno caldo e, a cottura, estrarli un momento, spolverizzandoli di zucchero. Inserirli nuovamente in forno per poco tempo. Tirarli fuori e lasciarli raffreddare.


Dove degustare questi splendidi dolcetti oltre che prepararli a casa? Naturalmente il luogo ideale è Pescorocchiano nel cuore del Cicolano, in cui sorgeva l'antica Nersae, città degli Equicoli divenuta municipium 
romano. Pescorocchiano viene chiamata U Pèsc'hu in dialetto sabino perché il borgo medievale si sviluppò intorno al castello del Peschio, una struttura militare posta sulla rupe che domina la zona.
Cercare i piatti tipici in questa zona significa abbinarli ad esperienze turistiche e percorsi molto interessanti, come ad esempio la Grotta di Val de' Varri, il Cammino dei Briganti, il Museo Archeologico del Cicolano, la Piana di Rascino. Un motivo in più per recarsi a Pescorocchiano!

13 dicembre 2022

Un piccolo viaggio nella cucina tradizionale viterbese


Nelle scorse settimane sono stato invitato a degli show cooking on-line organizzati dalla Camera di Commercio di Rieti e Viterbo
 in collaborazione con la sua Azienda speciale Centro Italia. Insieme ad altri foodblogger e giornalisti mi sono cimentato nel realizzare in diretta delle ricette tipiche di questi magnifici territori, sotto la supervisione di uno chef di quelle zone.




Le ricette sono state eseguite dopo aver ricevuto a casa gli ingredienti necessari per la loro messa in opera.


Il tutto rientra in un progetto che prende il nome di "Turismo e Cultura" che ha l’obiettivo di promuovere le eccellenze enogastronomiche dei territori dell’Alto Lazio e i prodotti e piatti tradizionali di queste zone, ancora poco noti e valorizzati
.
La “food experience” legata all’assaggio di eccellenti ingredienti e preparazioni locali (alcune a me note ma altre molto meno) mi ha inoltre stimolato la curiosità di scoprire e approfondire, si spera in un futuro prossimo, luoghi e tradizioni delle province di Rieti e Viterbo, situati nel cuore del medioevo laziale.
Gli appuntamenti on-line sono stati cinque ed oggi vi parlerò dei primi due.
Più nel dettaglio, lo scorso 21 novembre abbiamo preparato tutti insieme la buonissima Acquacotta della Tuscia.
Piatto tipico della cucina viterbese, l'acquacotta è nata come piatto unico e rappresentava una preparazione povera e semplice per i butteri e per i contadini, che portavano con sè solo un fiasco d'acqua ed un pezzo di pane duro dei giorni precedenti. Il nome gli venne dato da un buttero, chiamato Ultimo, che un giorno provò a riscaldare l'acqua inzuppandoci della cipolla e alcune erbe raccolte per strada.
Ecco come si prepara:
 
Ingredienti
 
1 patata a persona
1 uovo a persona
1 spicchio d’aglio a persona
peperoncino
fette di pane di grano duro raffermo
mentuccia fresca
cicoria di campo
barba di finocchio
cime di rapa
coste di broccolo
erbe spontanee
pomodoro
borragine
olio extravergine di oliva della Tuscia
sale


Sbollentare la cicoria per qualche minuto prima di iniziare con la cottura di tutti gli ingredienti. Prendere poi una pentola con coperchio, inserire al suo interno acqua e sale e aggiungere le patate sbucciate e tagliate a metà, 3 o 4 spicchi di aglio interi, il peperoncino, i pomodori a pezzi e tutte le verdure. L'acqua deve coprire il tutto. Accendere il fuoco e lasciar cuocere a fiamma bassa per 35/50 minuti.


Durante la cottura prestare attenzione a mantenere una certa quantità di liquido, aggiungendo acqua e sale secondo necessità. A fine cottura deve restare abbastanza acqua, anche se non troppa, per poterci inzuppare il pane. Poco prima di servire, preparare all’interno dell’acquacotta l'uovo in camicia, in modo da utilizzare il calore del brodo per cuocerlo.


Infine impiattare, inserendo il pane invecchiato di alcuni giorni sul fondo del piatto, irrorandolo con olio extravergine della Tuscia (davvero ottimo quello dell'azienda agricola Luca Di Piero!). Versarci sopra poi l’acquacotta incluso l'uovo e condire ulteriormente e abbondantemente con lo stesso olio extravergine.
Un piatto davvero sorprendente per i suoi profumi e sapori, ideale da consumare in queste umide serate di fine autunno.
Ma degustare sul posto questa squisitezza è ancora più piacevole. Potrete farlo nei ristoranti o negli agriturismi di un territorio molto ampio che comprende i Monti Cimini e i Monti Volsini, i laghi vulcanici di Vico e di Bolsena, e che coinvolge sorgenti di acque termali, foreste e faggete, una pianura denominata Maremma Laziale e una costa che giunge quasi fino all'Argentario.
 
Altra splendida ricetta che abbiamo eseguito è quella dei tozzetti viterbesi alle nocciole.


Si tratta di biscotti secchi a base di nocciole (la
varietà è la "Tonda gentile romana") dei Monti Cimini, in provincia di Viterbo.


La produzione e la diffusione dei tozzetti nel viterbese si può far coincidere con la grande espansione dei noccioleti intorno agli anni '50-'60, quando la superficie agricola dedicata a questa coltura passa dai 2.000 ai 20.000 ettari.
I tozzetti sono sinonimo di festa: non mancano mai sulle tavole e in occasione di matrimoni, battesimi, cresime e comunioni.
Ecco come si preparano:
 
Ingredienti
 
5 uova
150 cl di olio extravergine di oliva
400 gr di zucchero
scorza di un limone bio
300 gr di nocciole
1 bustina di lievito
Farina qb
 
Tritare grossolanamente le nocciole e metterle da parte. Sgusciare le uova, tenendone uno per spennellare successivamente i tozzetti, metterle in una terrina e sbatterle brevemente. Unire la buccia di limone grattugiata e pian piano lo zucchero. Mescolare. Continuando a farlo, unire l'olio, il lievito e le nocciole. Aggiungere quindi la farina, poca alla volta, e amalgamare fino ad ottenere un impasto omogeneo né duro né morbido, simile a quello del pane.


Rovesciare l'impasto su una spianatoia di legno precedentemente spolverata con la farina, impastare e formare due filoncini lunghi una trentina di centimetri, larghi cinque e alti un paio. Appiattirli leggermente, quindi sistemarli su una teglia con carta da forno, spennellare con un tuorlo d'uovo e infornare a 180° per 25/30 minuti. Mentre i filoncini sono in forno, controllare cottura e doratura: quando saranno lievemente dorati sfornarli, farli raffreddare leggermente e, ancora tiepidi, tagliarli leggermente in diagonale, formando dei tozzetti larghi un paio di centimetri. Ripassarli in forno per 5/10 minuti finché non saranno biscottati.

Dove degustare sul posto questi magnifici tozzetti e apprezzare la strepitosa qualità delle nocciole al loro interno?
Come accennato, i Monti Cimini sono il luogo ideale, tra l’altro bellissimi da visitare con la loro stupenda e maestosa faggeta, tra le più imponenti dell'Italia centrale, dichiarata Patrimonio Naturale dell'Umanità dall'UNESCO nel 2017.
Non resta quindi che fare un'escursione a piedi, in bici o a cavallo, e poi cercare forni, ristoranti e pasticcerie che offrono questi buonissimi biscotti secchi, che si possono trovare ad esempio nei comuni di Capranica, Ronciglione, Soriano nel Cimino, Vallerano.
Buona passeggiata e buon appetito!

27 novembre 2022

Recco, focaccia e molto altro


Quando ci si reca in una località nuova è sempre bello scoprirla abbinando i suoi aspetti culturali, storici e paesaggistici con quelli gastronomici.
Anche nella mia recente visita a Recco ho agito nello stesso modo, spostando primariamente e piacevolmente l’attenzione su quelli culinari, in particolare sul suo prodotto simbolo che traina l’economia cittadina, la Focaccia di Recco Igp.
Di questo prodotto vi ho parlato abbondantemente nel post precedente ma non avevo ancora fatto cenno al fatto che alla sua Focaccia la cittadina di Recco dedica ogni anno una giornata di festa, la quarta domenica del mese di maggio. Organizzata dal Consorzio della Focaccia Igp, l’evento richiama ogni anno tantissime persone con musica, divertimenti, occasioni speciali di shopping e soprattutto la distribuzione gratuita, tutto il giorno, della focaccia “con e senza” cipolle al mattino e di quella col formaggio al pomeriggio.


Un’occasione e una “scusa” per tornare a Recco, che possiede comunque anche molte altre attrazioni, di cui vi vorrei parlare oggi.
Cominciamo col dire che una passeggiata a Recco, sia pur piacevole e con tanti eleganti esercizi commerciali e luoghi gourmet, non è più come quella che si poteva fare una volta, col centro storico che era molto più attraente.
Recco infatti subì durante il secondo conflitto mondiale grosse devastazioni a causa di ripetute incursioni aeree e fu letteralmente rasa al suolo. Nel dopoguerra iniziò la ricostruzione, che avvenne seguendo i canoni edili di allora, che la privarono quindi delle caratteristiche degli incantevoli borghi marinari liguri, conservate al contrario da altre vicine località balneari della riviera.
I recchesi, senza case e depauperati delle loro attività, con l’orgoglio e la forza del popolo ligure, misero a frutto l’innata capacità di trasformare i prodotti della terra e del mare in fonte di reddito, creando un vero e proprio filone d’imprenditoria che ancora oggi risulta trainante.
Negli anni 60, l’apertura del casello autostradale di Recco sulla Genova-Livorno segna gli anni del boom economico, accompagnando il successo della cittadina grazie alla fama della sua gastronomia e delle sue attività commerciali.
Passeggiare per Recco vuol dire scoprire anche la sua parte mare, che è davvero piacevole da visitare.


Va detto che un’opera faraonica di ingegneria marittima e costiera intrapresa dal comune ha ridato a Recco una grande spiaggia centrale con tutti i servizi richiesti da un turismo internazionale. Di grande attrazione è inoltre la passeggiata lungo Corso Garibaldi, che fa scoprire dall’alto angoli di panorama mozzafiato ad ogni passo.


Da un lato si ammira Camogli e tutto il suo golfo, mentre dall’altro ci si imbatte in scogliere a picco sul mare, baiette, rocce frastagliate sparse qua e là di notevole bellezza, che si incuneano in un mare con tutte le sfumature del blu. 


Siamo in prossimità della cosiddetta “Ciappea”, dal nome dalle tipiche lastre di ardesia liguri, dette “Ciappa”. La Ciappea è il regno dei giovani, ma per la sua straordinaria bellezza continua ad attrarre visitatori dalle località più svariate.


Da alcuni anni a Recco l’estate è contraddistinta da grandi concerti che trasformano il lungomare in un grandissimo teatro a cielo aperto, ospitando l’esibizione di tanti artisti famosi.
Se venite in vacanza a Recco ai primi di settembre vi consiglio di prolungare il soggiorno fino all’8 dello stesso mese. In quella data Recco dedica una particolare devozione alla sua patrona N.S. del Suffragio, tributandovi da tempo solenni festeggiamenti (splendida è anche la chiesa che prende il Suo nome).


La giornata dell’8 settembre comincia prestissimo, alle 4.30 del mattino con una suggestiva celebrazione religiosa, la Messa dell’Alba. Alla sera poi c’è la processione, con l’Arca della Madonna del Suffragio (insieme ad
artistici crocifissi impreziositi di ori e argenti) che attraversa le vie cittadine e i sette quartieri al suo passaggio la salutano sparando dei mortaretti. Al termine della processione i quartieri offrono, in onore della “Suffragina”, grandiosi spettacoli pirotecnici.
Recco è nota a livello nazionale ed internazionale anche per i successi della sua squadra di pallanuoto. La storia di questa squadra comincia nell'estate del 1913 davanti ai Bagni Enotria (Enotria fu anche la prima denominazione della società). Il primo scudetto arrivò nel 1959, con la storica finale di Trieste, dove sette terribili ragazzini di Recco si consacrarono campioni ed entrarono nella leggenda. Era l'inizio di una "dittatura" sportiva (è la squadra di pallanuoto più titolata al mondo) con ben 33 scudetti 9 Champions League, 15 Coppe Italia, 6 Supercoppe europee, 1 Lega Adriatica. E la storia non è ancora finita...


Recco è anche il luogo che ha dato i natali a Gallieno Ferri, scomparso alcuni anni fa, e disegnatore del fumetto Zagor. Lo scorso luglio a Recco ci sono stati un paio di eventi a lui dedicati, l'ormai tradizionale regata con partenza all'alba (Gallieno era un grande amante del mare e aveva l'abitudine di uscire all'alba; l'evento velico ha previsto anche omaggi a tema zagoriano a tutti i partecipanti) e la mostra "Zagor è nato a Recco", con circa 130 opere originali. Tra l’altro il Comune ha intitolato a Gallieno Ferri la piazzetta antistante l'ingresso della Pro Loco, per celebrare quindi ancor più degnamente questo illustre concittadino.


Trascorrendo del tempo a Recco vale la pena di fare una deviazione nella vicinissima Camogli, un delizioso borgo marinaro con le sue case dai colori pastello, i suoi caruggi e vicoli stretti e le sue ripide scale che consentono di ammirare dall’alto un panorama davvero incantevole.

Molto pittoresco è anche il suo caratteristico porticciolo con colorate barchette, fascinosi pescherecci e la vivacità di tanti localini all’aperto.

E davanti al mare anche qui è molto piacevole gustare una focaccia Igp, naturalmente da acquistare nell’unico locale qui consorziato, la focacceria Revello.

Invitato dal Consorzio Focaccia di Recco

20 novembre 2022

Un viaggio nel fantastico mondo della Focaccia di Recco


La scorsa settimana sono stato invitato a Recco ad un evento denominato "Fattore Comune", giunto alla quinta edizione, dedicato alle eccellenze agroalimentari tutelate dalla UE che portano nella propria denominazione protetta il nome del luogo d’origine.
Nell’ambito dell’evento è stato possibile creare un dialogo tra produttori e istituzioni per esaminare i vari aspetti delle tutele, presentare i percorsi intrapresi e gli obiettivi raggiunti e analizzare l’impatto sul turismo enogastronomico, anche con nuove proposte per la promozione delle Dop e Igp.

Il teatro a Sori dove si è svolto il Convegno "Fattore Comune" - Foto Consorzio Focaccia di Recco Igp

Protagoniste di “Fattore Comune” sono state alcune indicazioni geografiche medio-piccole (le Dop Salumi Piacentini, Robiola di Roccaverano, Peperone di Pontecorvo, Crudo di Cuneo, Basilico Genovese, la Docg Brachetto d’Acqui e l’Igp Radicchio Rosso di Chioggia, impiegate anche in meravigliosi piatti in uno specifico evento serale) e, naturalmente, la padrona di casa, la Focaccia di Recco Igp.

                                                                                                       Foto Consorzio Focaccia di Recco Igp

Soggiornando a Recco, ho potuto toccare con mano la bella realtà di quest’ultimo prodotto, che ha reso questa cittadina una sorta di capitale gastronomica della Liguria.


Un prodotto che esisteva già all’epoca della terza crociata, quando prima della partenza della flotta per la Terra Santa sulle tavole figurava tra le varie pietanze una focaccia di semola e di giuncata appena rappresa, la focaccia col formaggio. In tempi lontanissimi poi la popolazione recchese si rifugiava nell’immediato entroterra per sfuggire alle incursioni dei saraceni. E si narra che grazie alla disponibilità di olio, formaggetta e farina, cuocendo la pasta ripiena di formaggio su una pietra d’ardesia, venne “inventato” quel prodotto gastronomico che oggi conosciamo come “Focaccia di Recco col Formaggio”.


L’apprezzamento della Focaccia di Recco è cresciuto sempre di più nel tempo, varcando i confini territoriali, ma i molti consensi sono stati accompagnati anche da tante imitazioni. I produttori locali hanno quindi chiesto ed ottenuto, una volta costituitisi in Consorzio, l’intervento delle istituzioni preposte per difendere il nome del proprio prodotto. E’ stata pertanto richiesta la Igp, ottenuta poi dalla Commissione Europea dopo un non semplice iter nel gennaio 2015.

                                                                                                                                 Foto Consorzio Focaccia di Recco Igp

Il riconoscimento dell’Igp rende omaggio alla storia di questo grande prodotto ad elevato valore aggiunto, indissolubilmente legato al territorio ed al proprio nome.

                                                                                                       Foto Consorzio Focaccia di Recco Igp

La produzione stimata di Focaccia di Recco Igp nel 2021 è risultata pari a 90.000 porzioni nei ristoranti e a 700 quintali nei panifici, per un valore di 2,3 milioni di euro. Senza contare l’indotto, perché chi si reca al ristorante o entra in un panificio per gustarla, poi effettua altre consumazioni, aggiungendo ulteriore valore al fatturato complessivo.
La Focaccia di Recco Igp si può produrre soltanto nei comuni di Recco, Camogli, Sori e Avegno e si trova solo nei punti vendita consorziati (in tutto 14, con 21 punti vendita fra ristoranti e panifici, spesso corrispondenti a piccole aziende artigianali).


Nel corso del mio soggiorno a Recco ho potuto assaggiare delle favolose focacce Igp, tutte buonissime, caratterizzare da un impasto esterno molto sottile, croccante e dorato e un gustoso interno formaggioso, morbido e fondente. D’obbligo è assaggiare la Focaccia di Recco presso lo storico ristorante-focacceria
Manuelina (dove anche altre specialità liguri sono cucinate davvero alla perfezione), o presso l’altro locale storico “O Vittorio”, o all’antico ristorante Vitturin, o ancora al ristorante Alfredo, nei pressi della stazione.



Splendida è la focaccia di Recco anche presso il Panificio
Moltedo 1874 il cui “back stage” ho avuto il piacere di visitare. Le persone che ci lavorano trasudano (e sudano) passione preparando una meravigliosa focaccia al formaggio che, in omaggio alla tradizione di famiglia, non prevede l'utilizzo della teglia, aggiungendo una complicazione in più alla preparazione di questo capolavoro della cucina ligure.



Qui si può gustare anche una strepitosa focaccia semplice, una altrettanto buona con le cipolle, una gustosissima farinata e molto altro.


Per una buona focaccia occorre recarsi anche da
Tossini, che dispone altresì di ottimi piatti da tavola calda, come una splendida lasagna al pesto. Fuori dal comune di Recco segnalo poi il ristorante Edobar a Sori e la focacceria Revello a Camogli.


La due giorni di Recco (con sconfinamenti a Camogli e Sori) mi ha fatto quindi scoprire tante belle (e buone) storie che si nascondono dietro alle denominazioni di origine di dimensione più piccola.
E l’essenza di tali denominazioni sta esattamente nelle parole di Lucio Bernini, consulente di marketing e responsabile ufficio stampa del Consorzio della Focaccia di Recco: “Noi non vogliamo invadere il mondo, non vogliamo neanche che il mondo venga qui, perché non siamo in grado di accontentare tutti. Certo, vogliamo mantenere questo prodotto legato al suo territorio e alla sua identità. Questo è un prodotto che si chiama Focaccia, ha quindi un nome comune, come tutti noi (c’è un Carlo, un Giovanni, un Francesco) ma di cognome fa Recco. E su quello ci siamo solo noi”.
Le denominazioni di origine sono fatte di persone che hanno grande amore per la propria terra, per le proprie tradizioni e trasmettono entusiasmo e passione per il proprio prodotto, nel quale si identificano. Esattamente come accadeva ai loro padri e ai loro nonni. 


E tutto ciò le accomuna, creandosi così, appunto, un “fattore comune” che le unisce, così come sono uniti in modo indissolubile in questo ambito prodotti e territori.

Invitato dal Consorzio Focaccia di Recco

6 novembre 2022

Uno spaghettino a Citara


Mi ritrovo solo ora a parlarvi di alcune mie scorribande ischitane della scorsa estate. Ma in effetti, essendo di fatto l’estate ancora in corso ad inizio novembre (?), questo post non è poi così fuori luogo.


Era da tanto tempo che non andavo a fare un bel bagno a Citara (Citara, non Cetara che si trova invece vicino ad Amalfi) ed ho voluto finalmente tornarci.
Per chi non la conoscesse, la spiaggia di Citara si trova a poca distanza in macchina dal centro di Forio d’Ischia.


E’ una bellissima lingua di sabbia immediatamente successiva alla spiaggia di Cava dell’isola (che si trova dopo Forio) e arriva fino a Punta Imperatore, un impervio sperone di roccia che chiude di fatto la baia.



In questi paraggi si trovano anche i bellissimi e lussureggianti Giardini di Poseidon, uno dei più bei parchi termali dell’isola.
A Citara a mio avviso si trova un mare che ha pochi eguali ad Ischia, con colori dal blu intenso al turchese ed una spiaggia con la sabbia come piace a me, non sottile, con granelli più spessi, che quindi si attaccano poco ai piedi andando via facilmente.


Il mare di Citara è divertente perché è disseminato di tanti comodi scogli, anche subacquei, molto ravvicinati tra loro, che consentono di fare un bagno “itinerante”, nuotando brevemente dall’uno all’altro, fino ad arrivare anche abbastanza a largo!


Sono voluto tornare a Citara anche perché ricordavo di aver mangiato, quando ero ragazzo, un memorabile spaghetto ai frutti di mare, preparato con grande maestria e savoir faire, che è rimasto ben impresso nei miei ricordi, forse per i suoi inimitabili profumi e per le sue eccellenti materie prime. Chissà… Penso proprio che fosse stato cucinato dalle mani di un pescatore, non c’è dubbio, o comunque di chi sa trattare il pescato come pochi.
Certamente questa volta non ambivo a gustare esattamente un piatto così impareggiabile, anche perché non avrei mai potuto ricordare il ristorante dove l’avevo mangiato, che probabilmente non esisterà più o avrà cambiato mille gestioni, ma l’idea di un ottimo spaghetto a Citara era sempre fissa nella mia mente.
Per la scelta del ristorante sono andato un po’ ad intuito, che in genere difficilmente mi tradisce, ed infatti ho scovato un posticino sul mare (che è anche stabilimento balneare, come spesso capita) molto interessante: il Bagno Teresa.


In questo semplice e pulito locale si mangia davvero bene. E strepitosi sono stati in particolare i piatti che ho assaggiato: una meravigliosa parmigiana bianca di zucchine e pesce spada e dei golosi spaghetti cacio, pepe e totano!



Fate quindi una gita a Citara, ne vale davvero la pena da tanti punti di vista. Col caldo sole di questo periodo si può ancora stare in spiaggia e quasi quasi ci tornerei… Venite anche voi?