Il mare, il buon bere, il mangiare bene e...chi più ne ha, più ne metta

28 febbraio 2010

La zuppa che non assaggiavo da una vita

Erano almeno venti anni che non mangiavo questa zuppa e così quando ho visto una confezione di piselli secchi sullo scaffale di un supermercato vicino casa non ho potuto resistere alla tentazione di acquistarla.
La minestra di piselli spezzati mi piace soprattutto per la sua rusticità, al limite tra una zuppa di legumi più o meno interi e una vellutata.
Sembra di non mangiare dei piselli, è come se si mangiasse un nuovo tipo di legume, unico nella sua ruvidità e bontà, con quel bel colore verde che ricorda la primavera, mai come quest’anno tanto attesa…
Per la preparazione del piatto, occorre lavare velocemente i piselli secchi e cuocerli in una capiente pentola, in un quantitativo d’acqua che li vada a coprire.
Io preferisco farli cuocere così, al naturale, finché non arrivano ad oltre metà cottura. Successivamente ho aggiunto due-tre spicchi d’aglio interi, dell’olio extravergine buono (io ho usato un olio Dop, il “Dauno”), del sale e del pepe (al limite si può aggiungere anche poca polpa di pomodoro) ed ho portato a cottura.
Nel frattempo ho cotto la pasta, scolandola un paio di minuti prima della fine della cottura (al dente). Ho fatto infine concludere la cottura della pasta nella zuppa di piselli, servendola ben calda e finendo con un giro d’olio extravergine a crudo.
Piccola precisazione sulla pasta che ho utilizzato questa volta (quella nelle foto): l’ideale sarebbe stato utilizzare dei tubettini o tubetti, ma non avendoli in casa e non possedendo in quel momento neanche nulla di simile, ho usato una pasta ben più grande, le “conchiglie” che vedete nelle immagini.
Anche così la zuppa non era niente male e cremosa, “vellutosa”, confortevole e goduriosa!

23 febbraio 2010

Ricettina veloce + promemoria brunch del 28/2

Questa volta un post veloce, viste le mille cose da fare di questi ultimi giorni…
Avevo in casa un discreto quantitativo di noci di Sorrento ed ho quindi deciso di utilizzarle in una salsina con ricotta di pecora, per condirci la pasta.
La relativa ricetta (rigatoni con ricotta e noci) è molto semplice. Si riducono le noci sgusciate (circa una ventina per 4 persone) “in farina”, togliendo precedentemente dai gherigli la pellicina esterna. Quest’ultima operazione è agevole se i gherigli si immergono in acqua bollente per pochi minuti. Le noci possono essere ridotte invece “in farina” o con un frullatore o, come ho fatto questa volta (più "rudemente") io, schiacciandole con un batticarne dopo averle raccolte in un canovaccio ben chiuso.
La farina di noci si aggiunge poi a circa 3 etti di ricotta di pecora, che verrà ammorbidita con non molto latte. Aggiungere quindi del parmigiano reggiano grattugiato, del sale, del pepe e del prezzemolo tagliato finemente. Amalgamare bene il tutto.
Scolare la pasta al dente e condirla con questa ottima cremina…
Ps: Altrettanto velocemente ricordo che domenica 28 febbraio alle ore 13 circa ho organizzato un brunch all’Open Colonna.
Le adesioni fino ad ora sono state:

Max (+Laura), io, Elisa (+1), Precisina (+Fabrizio+Adua), Daniela, mio fratello, Stefano, Antonella

Chiunque altro voglia aggregarsi è il benvenuto: potete segnalarmelo in un commento qui sotto o all’email che trovate sul mio blog (lefrancbuveur@gmail.com)
Anyone else? Bea, tu vieni?

17 febbraio 2010

Rugby’s Call

Quella che vedete nella foto non è una maschera di carnevale che l'altro ieri purtroppo è finito. E’ invece un tifoso inglese presente nei pressi dello stadio Flaminio di Roma prima della partita di rugby Italia-Inghilterra di domenica scorsa.

In questo periodo è infatti in corso il “6 Nazioni”, importante torneo internazionale di rugby. Come ho già detto altre volte, il rugby è uno sport che amo molto, soprattutto per l’ambiente che “si respira” dentro e fuori allo stadio, per la lealtà dei giocatori che pur in partita se ne danno di santa ragione e per il clima di festa e di non ostilità che si percepisce quando si vanno a vedere le partite. Si può tranquillamente assistere ai vari match insieme ai tifosi avversari, senza temere per l’incolumità personale e con i quali magari si possono fare due chiacchiere dopo la partita davanti rigorosamente ad un buon boccale di birra, che col rugby si identifica fortemente.
Non a caso al Flaminio fuori dallo stadio c’erano dei capienti padiglioni dove bere birra e mangiare qualcosa.
Un altro bel momento delle partite internazionali di rugby è rappresentato dagli inni nazionali. Oltre agli storici inni come la “Marsigliese” e “God save the Queen”, quello che mi piace di più è quello irlandese.
E’ secondo me un inno molto rappresentativo dello spirito del rugby in generale, realizzato specificamente per la squadra irlandese di rugby (un’altra delle partecipanti al 6 Nazioni) nel 1995 da Phil Coulter. Ecco il video ed il testo (sempre di Phil Coulter):



IRELAND’S CALL

Come the day and come the hour,
come the power and the glory,
we have come to answer
our country's call,
from the four proud provinces of Ireland.

Ireland, Ireland,
together standing tall,
shoulder to shoulder
we'll answer Ireland's call.

From the mighty Glens of Antrim,
from the rugged hills of Galway,
from the walls of Limerick
and Dublin Bay,
from the four proud provinces of Ireland.

Ireland, Ireland,
together standing tall,
shoulder to shoulder
we'll answer Ireland's call.

Hearts of steel and heads unbowing,
vowing never to be broken,
we will fight, until we can fight no more,
for the four proud provinces of Ireland.

Ireland, Ireland,
together standing tall,
shoulder to shoulder
we'll answer Ireland's call....

Vi lascio con altre foto della bella giornata di domenica scorsa...

quando sugli spalti ero circondato da pallidi, rosei e simpatici inglesi che sono sicuro che come me, almeno per un momento, hanno pensato ad una nota frase di questo bel mondo che dice più o meno che...

...nel rugby l’unica partita che si perde è quella a cui non partecipi!

11 febbraio 2010

A passeggio nella città di Balanzone

Dopo tante volte che sono stato a Bologna, è giunta l’ora di segnalare qualche posticino (legato al food, ovviamente…) dove fare shopping o mangiare qualcosa di buono.
Quella che segue quindi è una sorta di miniguida molto essenziale, con indicazioni però assolutamente circoscritte e non esaustive.
La guidina segue un itinerario che è sostanzialmente lungo la direttrice “Stazione-Piazza Maggiore” (e dintorni), indicando alcuni posti di rilievo che (secondo me) si trovano in quest’area, ordinati secondo il percorso che si fa tra questi due estremi (la stazione e Piazza Maggiore appunto) e collegati sostanzialmente dalla lunga Via Indipendenza. I locali segnalati, quindi, sono indicati in ordine “spaziale” e non ad esempio per tipo di pasto o locale.
Allora cominciamo con il nostro itinerario. Tipicamente a Bologna si arriva in treno e già all’interno della stazione c’è un posto da segnalare. E’ la Dispensa Emilia, una tigelleria tradizionale. Ogni volta che vengo a Bologna, mi fermo sempre in questo posticino che potrebbe aver l’aria di uno dei soliti bar presenti in stazione dove si mangiano terribili paninacci. Invece questo posto merita veramente una sosta. Si mangiano delle tigelle, tra cui quella che adoro è quella classica al pesto e parmigiano, ma ce ne sono tantissime altre molto buone. In abbinamento, si può bere un ottimo bicchiere di Lambrusco o altri vini tipici locali. Dunque se avete necessità di mangiare bene ma veloce, questo è un buon indirizzo. Pensavo di tenere segreto il nome di questo locale che a me pur piaceva tanto, perché forse qualche purista poteva storcere il naso, ma quando ho sentito parlare bene di questo posto da uno che se ne intende e cioè il gastronauta Davide Paolini, ciò mi ha molto rincuorato :-).
Iniziando a percorrere Via Indipendenza dalla stazione e camminando sul lato destro sotto i portici, segnalo un posticino che forse non potrà piacere a tutti ma è sfizioso e secondo me buono (coloro che frequentano solo ristoranti stellati e posti del genere passino alla prossima segnalazione, please). E’ un negozietto che si chiama “6 fritto” e che offre evidentemente cose fritte: pesce fritto ed altri tipi di fritti in cartoccio, da mangiare sul posto o da portare via. Si va dalla frittura di totani, gamberi e calamaretti a quella tipica di Bologna (crema fritta, polpettine), al fritto di verdure e ad altro ancora. Il posto è adatto per uno snack prima di cena, quando si ha un po’ di fame ma non si vuole esagerare.
Proseguendo su Via Indipendenza, deviando un po’ sulla sinistra su Via Irnerio e girando poi a destra (questa è una deviazione un po’ più importante rispetto al nostro itinerario) si trova una bellissima enoteca-ristorante, la cantina Bentivoglio.

E’ un posto veramente carino, dove si ascolta anche della buona musica jazz e dove sono stato l’ultima volta che ero a Bologna a bere un bicchiere con i simpaticissimi Luca e Sabrina. Oltretutto le numerose bottiglie presenti “arredano” il locale e lo rendono veramente delizioso!
Tornando di nuovo su Via Indipendenza, quest’ultima ad un certo punto incrocia sulla sinistra Via Righi, dove si trova la trattoria da Tony. Locale semplice, con foto varie e maglietta del Bologna attaccate alle pareti, offre i piatti tipici della cucina bolognese a prezzi onesti.

L’ultima volta che ci sono stato, visto che faceva un freddo notevole, ho preso degli ottimi passatelli in brodo e uno dei miei miti tra i piatti bolognesi: la cotoletta alla bolognese. Il ristorante offre anche altri classici della cucina felsinea come i tortellini in brodo o al ragù, le lasagne o le tagliatelle alla bolognese. Come secondi piatti, sono buoni anche i bolliti.
Approdiamo lentamente a Piazza Maggiore, dove ci attende la statua del Nettuno. Poco prima, però, girando a destra su via Ugo Bassi e percorrendola sul lato sinistro, dopo 5-10 minuti a piedi sotto i portici si incontra un’istituzione per i bolognesi, il caffè storico (risale al 1907) e pasticceria Gamberini.

E’ un posto molto buono per gli aperitivi ma anche per le sue brioches mattutine e conserva gran parte degli arredi di un tempo, ben restaurati. Secondo la guida dei locali storici “è nella leggenda dei bolognesi perché la mattina presto serviva paste e brioches calde anche dalla porta di servizio nella via laterale, dove si formavano lunghe code”.
Ora facciamo il percorso a ritroso e ritorniamo a Piazza Maggiore. Dopo aver ammirato il Nettuno, la bella piazza, gli splendidi palazzi e la Basilica di San Petronio, possiamo continuare il nostro giro di “zingararate” enogastronomiche. Vicino alla piazza, un posto da non mancare è anche l’Osteria del Sole, un locale storico e d’altri tempi, con mille foto attaccate alle pareti e dove bere esclusivamente un buon bicchiere di vino (qui non si può mangiare).



A pochi passi da questo locale, c’è quella che io chiamo “la via dei tortellini”. Uno dopo l’altro, ci sono due negozi che vendono, sia pur a prezzo non certo economico, tortellini, tortelloni, ravioli, gnocchi e altre prelibatezze tipiche (anche dolci) bolognesi, preparate in modo artigianale.
Un primo negozio a Via Caprarie si chiama Paolo Atti e Figli, locale storico che mantiene l’arredamento stile Ottocento e Liberty dove personaggi illustri, sempre secondo la guida dei locali storici, amavano sostare e intrattenersi a parlare col proprietario di prelibatezze locali.



Accanto c’è Tamburini che allo stesso modo offre golose paste fresche e prodotti di alta salumeria.
Sempre lì vicino, c’è la bellissima libreria Coop che ha la caratteristica di offrire, accanto agli scaffali dei libri, i prodotti tipici di Eataly; ma al suo interno sono presenti anche un ristorante, un’enoteca e una birreria, contornati al tempo stesso da libri, conserve, cibo confezionato di qualità e altri prodotti di questo genere.
Il nostro breve tour gastronomico di Bologna finisce qui. Se ne potrebbero immaginare tanti altri, con segnalazioni di posti altrettanto buoni e altrettanto tradizionali, ma anche più “innovativi”. Ad esempio ho sentito parlare molto bene (me lo accennava anche lei) del ristorante Casa Monica (Via San Rocco, 16 tel. 051 522522), che però non ho ancora sperimentato.
Chiudo il post, visto che siamo nel pieno del periodo di Carnevale ed oggi è giovedì grasso, con la dedica ad un personaggio e ad una maschera rappresentativa di Bologna: Balanzone, un dotto uomo di legge che è chiamato così perché il suo nome deriva da balanza, bilancia, simbolo della giustizia. E’ un personaggio un po’ saputello, che si lancia spesso in elaborati discorsi pieni di citazioni colte, in un latino spesso storpiato. Ha delle guancione rosse, è vestito di nero, con un gran cappello e mantello ed ha un mega pancione….

Ed io e Balanzone vi salutiamo, gustando degli ottimi dolci fritti di Carnevale che si mangiano in questo periodo a Bologna…

4 febbraio 2010

Il party delle meraviglie

Era da tempo che volevo conoscere Chiara. Ci scrivevamo già da prima che lei inaugurasse il suo interessante blog, trasudante di passione per la cucina e per il mare. Tante volte siamo stati vicini a vederci, come quando sono stato al Salone Nautico di Genova o quando lei è venuta a Roma. La mancanza di tempo, però, ci aveva impedito di conoscerci. Ma quando Chiara, un mese fa, mi ha invitato per festeggiare insieme ad altri blogger il suo compleanno, mi sono detto che questa poteva essere finalmente un’ottima occasione.
Nel momento in cui il weekend del suo compleanno è finalmente arrivato, ho quindi preso un bel treno da Roma e sono approdato nella mia amata terra ligure: località Cogoleto, non lontano da Genova e Varazze. Chiara è davvero una persona eccezionale: solare, disponibile, generosa, espansiva. Ha accolto inoltre me e gli altri ospiti in un delizioso posto, arredato veramente con gusto e con una splendida vista sul mare.
Appena arrivato, ho fatto anche la conoscenza di due ragazze toscane, Cecilia e Marcella, anche loro molto simpatiche e preparatissime su ogni aspetto del vasto mondo dell’enogastronomia. Arrivando a casa di Chiara, mi ha colpito la vastissima “collezione” di libri di cucina (se sapevo, non avrei rischiato di regalarle un libro di cucina, che poi per fortuna non aveva…) e la sua vasta attrezzatura di pentole, padelle ed accessori, degna delle migliori cucine professionali. Tutto ciò, unito ad una sapienza nella preparazione dei cibi, acquisita anche con molti corsi di cucina frequentati, non poteva che produrre ottimi piatti da offrire ai suoi ospiti. Il tutto con l’aiuto di bravissimi e preparatissimi “collaboratori” ospiti.
Ma andiamo con ordine. Quando sono arrivato il sabato pomeriggio, abbiamo approfittato delle poche ore di luce ancora a disposizione per visitare il paese di Cogoleto e comprare gli ultimi ingredienti prima della cena. Il paesino, come molte località di mare della Liguria, è caratterizzato da stretti carruggi, con tante piccole bottegucce piene di specialità enogastronomiche regionali. Abbiamo anche approfittato della presenza di un mercatino lungo le strade del centro per acquistare formaggi molto gustosi. Uno in particolare ci ha colpito, in quanto stagionato nel miele e nei fiori di campo, che conferivano al formaggio un complesso insieme di profumi e di sapori.

Quasi al calar del sole, non prima di aver ammirato il tramonto sul lungomare, si torna a casa per preparare la cena della sera e qualcosa per il pranzo del giorno dopo, quando sarebbero venuti tutti gli altri ospiti. Nel frattempo arrivano anche Chiara ed Andrea di Firenze. Prepariamo quindi delle deliziose frittelle di “gianchetti” che avevo tanto “sognato” qualche ora prima (senza sapere che fossero offerte) quando sul treno per arrivare a destinazione era di fianco a me un pescatore che mi diceva che proprio adesso è il periodo giusto per mangiare degli ottimi gianchetti.
Ma la cena prevedeva anche una pasta al ragù di totani ripieni (una delizia) e dei bocconcini di rana pescatrice cucinati alla siciliana (olive, capperi, pomodori, pinoli e uvetta).

La cena termina con degli ottimi dolcini al cioccolato ripieni di marmellata, preparati da Marcella e con una piacevole conversazione finale prima di andare a dormire.
Il giorno successivo, in una luminosa e splendida giornata, dopo una strepitosa colazione a base di scones, marmellate fatte in casa e altre prelibatezze, abbiamo subito iniziato la preparazione dei numerosi piatti da servire per il pranzo. In particolare è terminata la preparazione dei croissant, che sono veramente risultati sublimi ed adatti anche per essere farciti con ingredienti salati. Inoltre, con la collaborazione di altri ospiti che man mano affluivano (le simpaticissime “Acquaviva” e Paola, e poi Piero, Angelo e altri ancora), sono stati preparati i restanti piatti, a volte anche già cucinati, in omaggio alla festeggiata.
Il pranzo era degno di una tavola di Natale: aperitivo atipico con bomboloni (fatti in casa) alla crema pasticcera...

...e poi abbondanti antipasti tra cui: cornettini fatti in casa riempiti da quasi tutti gli ospiti con prescinseua (cagliata fresca leggermente acidula, ligure, simile alla ricotta) e lonzino marinato; panissa a tocchetti condita con olio, sale, pepe, aceto e cipollotti; testun al Barolo…

Tra i primi, un ruolo centrale era ricoperto da un’ottima polenta locale “ai quattro ragù rossi”: ragù di polpettine, di salsicce, di costine e funghi e bolognese. Qualcuno ha giustamente detto che i quattro ragù avevano quattro diverse tonalità di rosso...

Erano inoltre presenti anche piatti etnici, come il couscous di verdure di Chiara e il curry di verdure di Acquaviva. Per un maggior dettaglio sui piatti offerti, comunque, potete dare un’occhiata qui e qui.
Torta finale altrettanto ottima e fresca (bavarese con pere e caramello) e ancora una piacevolissima compagnia a chiudere la giornata, nonostante le partenze di alcuni invitati.
Ancora un enorme grazie a Chiara!