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29 dicembre 2022

La ricetta delle sagne alla molinara


L’ultima ricetta preparata on-line insieme alla Camera di Commercio di Rieti e Viterbo (in collaborazione con la sua Azienda speciale Centro Italia
) che vado a descrivervi è quella delle Sagne "a la molenara", un piatto tipico del borgo angioino di Cittaducale, in provincia di Rieti.
Una ricetta che risulta essere ancora più antica di questo borgo fondato nel 1308 da Carlo D'Angiò: le sue origini si perdono infatti nella notte dei tempi, nel periodo in cui la media Valle del Velino, molto ricca di sorgenti che sgorgavano alle pendici del Terminillo, contava numerosi mulini ad acqua per la macina del grano. Proprio in questi piccoli caseggiati, secondo la tradizione, sono nate le sagne, che hanno preso il nome da colui che macinava il grano per produrne la farina, il mugnaio o il molinaro, ovvero il manovratore della mola; una figura antica e affascinante, che doveva anche provvedere al proprio sostentamento con pasti frugali, rapidi e che non richiedessero grandi spazi.
Ecco come si preparano queste buonissime sagne:
 
Ingredienti
 
400 gr di farina 00
sale
500 gr di passata di pomodoro Ovalone
aglio
olio extravergine di oliva
maggiorana
peperoncino
 
Disporre la farina a fontana sulla spianatoia. Al centro versarvi dell’acqua tiepida e un pizzico di sale. Impastare il tutto fino ad ottenere un composto morbido e liscio.
Mentre quest’ultimo riposa un pò, preparare un sugo con aglio, olio, pomodoro, abbondante maggiorana e peperoncino.
Tornare successivamente all'impasto, tirando sulla spianatoia infarinata una sfoglia dello spessore di mezzo centimetro. Tagliare quindi con il coltello delle strisce di pasta lunghe quanto la sfoglia. Cuocere le sagne in abbondante acqua bollente e salata, versandole una per volta e avendo cura di prenderle una ad una e di allungarle con le mani cosparse di farina. Condire con il sugo e servirle ben calde.


Nel preparare questo piatto ho apprezzato in particolare tre cose: il magico allungamento della pasta una volta tagliata a strisce, il buonissimo anche se semplice sugo di pomodoro, impreziosito dalla qualità della varietà Ovalone (prodotto agroalimentare tradizionale e tipologia autoctona del reatino) e dall’abbondante maggiorana e la callosità e ruvidità della pasta che ben si sposa con questa salsa profumata e piccantina.
Questo ottimo piatto può essere degustato principalmente a Cittaducale, uno dei gioielli meglio conservati della provincia di Rieti.
Vale la pena sottolineare inoltre che la Sagra delle "Sagne alla Molenara", fondata nel 1308 da Carlo D'Angiò, è la manifestazione di punta dell'agosto Angioino e propone ogni anno un ricco programma di eventi. E' in questa occasione che vengono riaperti i vecchi mulini del territorio, che si può assistere alla rievocazione Civita Ducale - Città del Duca Roberto d'Angiò, al Palio dei Quarti e apprezzare le Cantine Civitesi, aperte per l'occasione.
Da visitare anche le Terme di Vespasiano, imponente complesso architettonico che si lega alle vicine Terme di Cotilia e che contribuisce a rendere attrattivo questo territorio dal punto di vista storico, culturale e naturalistico.

21 dicembre 2022

Cucinando on-line alcuni piatti tipici del reatino


Proseguo col raccontarvi la mia esperienza di cucina on-line fatta insieme e grazie alla
Camera di Commercio di Rieti e Viterbo.
Oggi vi descriverò in particolare due ricette, sempre eseguite insieme ad altri blogger e giornalisti, originarie della provincia di Rieti.


Prima però di cominciare, mi preme sottolineare ancora che cucinare tutti insieme questi piatti è stata una bellissima esperienza, in quanto alla mera esecuzione dei piatti, si sono uniti tanti consigli pratici e aneddoti, oltre che suggerimenti di viaggio o gita in zone che personalmente non conosco troppo bene e che vorrei visitare presto.


Il primo dei due piatti proposti è stato quello della "maritata", un piatto tipico della cucina tradizionale di Poggio Bustone, oggi quasi dimenticato. Si tratta di una polenta di elevata qualità che diventa "maritata", abbinandosi ad altri ingredienti ed essendo condita in vari modi, secondo le antiche ricette delle nonne.


Era la pietanza tipica delle giornate fredde, quando si trascorreva molto tempo in casa, davanti al camino.
Ecco come si prepara:
 
Ingredienti
 
500 gr. di fagioli
3 foglie di alloro
1 rametto di rosmarino
sale fino e grosso
pepe
400 gr. di farina di mais
200 gr. di pancetta
250 ml. di olio extravergine di oliva
mezza cipolla
1 carota
1 costa di sedano
 
Mettere in ammollo i fagioli per almeno 12 ore; scolarli, sciacquarli sotto acqua corrente e versarli in un tegame dai bordi alti. Coprirli con acqua, profumarli con foglie di alloro e rosmarino, salare, pepare, coprire con un coperchio e cuocere per circa un'ora a fuoco dolce.
Preparare intanto la polenta versando la farina di mais a pioggia nell'acqua fredda, girandola continuamente con un cucchiaio di legno. Porre quindi la polenta sul fuoco e, sempre girando, portarla ad ebollizione quasi fino alla completa cottura.
Nel frattempo, in un altro tegame soffriggere la pancetta tagliata a cubetti con olio, cipolla, carota e sedano tritati e, appena il grasso si sarà sciolto, aggiungere i fagioli lessi, un po' di acqua, il sale e un pizzico di peperoncino.
Fare insaporire il condimento e poi versarlo nella polenta un pò prima che venga portata a cottura, continuando a girare. Sarà cotta quando comincerà a staccarsi dalla pentola, risultando un po' dura. Rovesciarla quindi sulla spianatoia e consumarla calda, aggiungendo ancora, sopra di essa, un pò di fagioli.
L’ideale è degustare la maritata nel paese di origine, Poggio Bustone, che è un piccolo borgo sul ripido versante del Monte Rosato, da secoli conosciuto per essere il punto d'incontro di alcuni dei cammini più importanti della storia del Cristianesimo: quello di San Francesco e quello di San Benedetto.
In questa zona i monti dalle cime arrotondate sono apprezzati dagli amanti del parapendio e del deltaplano, grazie alle favorevoli condizioni atmosferiche della terrazza di Poggio Bustone. Ci troviamo nel cuore della Riserva Naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile, zona umida di grande interesse, sebbene ancora poco conosciuta. Per la sua bellezza e valore ambientale e naturalistico è stata iscritta nel Registro Nazionale dei Paesaggi Rurali di interesse storico, delle pratiche agricole e delle conoscenze tradizionali. E’ un'area che devo proprio visitare!
 
E veniamo ora a parlare di un’altra ricetta del reatino, questa volta dolce, i "cauciuni" con le castagne che ho realizzato anche grazie ai sapienti consigli della Compagnia degli Zanni di Pescorocchiano.


Un dolce tipico che è perfetto per questo periodo, appartenendo alla tradizione natalizia di Pescorocchiano. E' usanza infatti prepararlo e regalarlo nel periodo di Natale.
Si tratta di ravioli dolci fatti con ripieno di pasta di ceci o di castagne, che possono essere preparati anche in una versione salata, con il formaggio.
Appartengono alla tradizione di una cucina locale semplice, ma sempre buona e genuina proprio come le antiche tradizioni che la caratterizzano.
 
Ingredienti
 
Farina
Castagne
Zucchero
Cacao in polvere amaro
Cognac o sambuca
 
Lessare le castagne, preventivamente sbucciate, in acqua fredda, quindi pelarle e passarle al setaccio. Farle raffreddare. Successivamente in una terrina preparare un impasto con le castagne passate, cacao in polvere amaro, zucchero e sambuca, amalgamandolo bene.
Impastare quindi acqua e farina, tirando una sfoglia sottile.
Disporre sulla sfoglia tanti mucchietti dell'impasto preparato, ricoprirli con la stessa sfoglia, premerli ai bordi e tagliarli come se fossero dei ravioli, a mezzaluna. Ungere una teglia, spolverizzarla di farina e disporvi i "cauciuni". Cuocerli in forno caldo e, a cottura, estrarli un momento, spolverizzandoli di zucchero. Inserirli nuovamente in forno per poco tempo. Tirarli fuori e lasciarli raffreddare.


Dove degustare questi splendidi dolcetti oltre che prepararli a casa? Naturalmente il luogo ideale è Pescorocchiano nel cuore del Cicolano, in cui sorgeva l'antica Nersae, città degli Equicoli divenuta municipium 
romano. Pescorocchiano viene chiamata U Pèsc'hu in dialetto sabino perché il borgo medievale si sviluppò intorno al castello del Peschio, una struttura militare posta sulla rupe che domina la zona.
Cercare i piatti tipici in questa zona significa abbinarli ad esperienze turistiche e percorsi molto interessanti, come ad esempio la Grotta di Val de' Varri, il Cammino dei Briganti, il Museo Archeologico del Cicolano, la Piana di Rascino. Un motivo in più per recarsi a Pescorocchiano!

13 dicembre 2022

Un piccolo viaggio nella cucina tradizionale viterbese


Nelle scorse settimane sono stato invitato a degli show cooking on-line organizzati dalla Camera di Commercio di Rieti e Viterbo
 in collaborazione con la sua Azienda speciale Centro Italia. Insieme ad altri foodblogger e giornalisti mi sono cimentato nel realizzare in diretta delle ricette tipiche di questi magnifici territori, sotto la supervisione di uno chef di quelle zone.




Le ricette sono state eseguite dopo aver ricevuto a casa gli ingredienti necessari per la loro messa in opera.


Il tutto rientra in un progetto che prende il nome di "Turismo e Cultura" che ha l’obiettivo di promuovere le eccellenze enogastronomiche dei territori dell’Alto Lazio e i prodotti e piatti tradizionali di queste zone, ancora poco noti e valorizzati
.
La “food experience” legata all’assaggio di eccellenti ingredienti e preparazioni locali (alcune a me note ma altre molto meno) mi ha inoltre stimolato la curiosità di scoprire e approfondire, si spera in un futuro prossimo, luoghi e tradizioni delle province di Rieti e Viterbo, situati nel cuore del medioevo laziale.
Gli appuntamenti on-line sono stati cinque ed oggi vi parlerò dei primi due.
Più nel dettaglio, lo scorso 21 novembre abbiamo preparato tutti insieme la buonissima Acquacotta della Tuscia.
Piatto tipico della cucina viterbese, l'acquacotta è nata come piatto unico e rappresentava una preparazione povera e semplice per i butteri e per i contadini, che portavano con sè solo un fiasco d'acqua ed un pezzo di pane duro dei giorni precedenti. Il nome gli venne dato da un buttero, chiamato Ultimo, che un giorno provò a riscaldare l'acqua inzuppandoci della cipolla e alcune erbe raccolte per strada.
Ecco come si prepara:
 
Ingredienti
 
1 patata a persona
1 uovo a persona
1 spicchio d’aglio a persona
peperoncino
fette di pane di grano duro raffermo
mentuccia fresca
cicoria di campo
barba di finocchio
cime di rapa
coste di broccolo
erbe spontanee
pomodoro
borragine
olio extravergine di oliva della Tuscia
sale


Sbollentare la cicoria per qualche minuto prima di iniziare con la cottura di tutti gli ingredienti. Prendere poi una pentola con coperchio, inserire al suo interno acqua e sale e aggiungere le patate sbucciate e tagliate a metà, 3 o 4 spicchi di aglio interi, il peperoncino, i pomodori a pezzi e tutte le verdure. L'acqua deve coprire il tutto. Accendere il fuoco e lasciar cuocere a fiamma bassa per 35/50 minuti.


Durante la cottura prestare attenzione a mantenere una certa quantità di liquido, aggiungendo acqua e sale secondo necessità. A fine cottura deve restare abbastanza acqua, anche se non troppa, per poterci inzuppare il pane. Poco prima di servire, preparare all’interno dell’acquacotta l'uovo in camicia, in modo da utilizzare il calore del brodo per cuocerlo.


Infine impiattare, inserendo il pane invecchiato di alcuni giorni sul fondo del piatto, irrorandolo con olio extravergine della Tuscia (davvero ottimo quello dell'azienda agricola Luca Di Piero!). Versarci sopra poi l’acquacotta incluso l'uovo e condire ulteriormente e abbondantemente con lo stesso olio extravergine.
Un piatto davvero sorprendente per i suoi profumi e sapori, ideale da consumare in queste umide serate di fine autunno.
Ma degustare sul posto questa squisitezza è ancora più piacevole. Potrete farlo nei ristoranti o negli agriturismi di un territorio molto ampio che comprende i Monti Cimini e i Monti Volsini, i laghi vulcanici di Vico e di Bolsena, e che coinvolge sorgenti di acque termali, foreste e faggete, una pianura denominata Maremma Laziale e una costa che giunge quasi fino all'Argentario.
 
Altra splendida ricetta che abbiamo eseguito è quella dei tozzetti viterbesi alle nocciole.


Si tratta di biscotti secchi a base di nocciole (la
varietà è la "Tonda gentile romana") dei Monti Cimini, in provincia di Viterbo.


La produzione e la diffusione dei tozzetti nel viterbese si può far coincidere con la grande espansione dei noccioleti intorno agli anni '50-'60, quando la superficie agricola dedicata a questa coltura passa dai 2.000 ai 20.000 ettari.
I tozzetti sono sinonimo di festa: non mancano mai sulle tavole e in occasione di matrimoni, battesimi, cresime e comunioni.
Ecco come si preparano:
 
Ingredienti
 
5 uova
150 cl di olio extravergine di oliva
400 gr di zucchero
scorza di un limone bio
300 gr di nocciole
1 bustina di lievito
Farina qb
 
Tritare grossolanamente le nocciole e metterle da parte. Sgusciare le uova, tenendone uno per spennellare successivamente i tozzetti, metterle in una terrina e sbatterle brevemente. Unire la buccia di limone grattugiata e pian piano lo zucchero. Mescolare. Continuando a farlo, unire l'olio, il lievito e le nocciole. Aggiungere quindi la farina, poca alla volta, e amalgamare fino ad ottenere un impasto omogeneo né duro né morbido, simile a quello del pane.


Rovesciare l'impasto su una spianatoia di legno precedentemente spolverata con la farina, impastare e formare due filoncini lunghi una trentina di centimetri, larghi cinque e alti un paio. Appiattirli leggermente, quindi sistemarli su una teglia con carta da forno, spennellare con un tuorlo d'uovo e infornare a 180° per 25/30 minuti. Mentre i filoncini sono in forno, controllare cottura e doratura: quando saranno lievemente dorati sfornarli, farli raffreddare leggermente e, ancora tiepidi, tagliarli leggermente in diagonale, formando dei tozzetti larghi un paio di centimetri. Ripassarli in forno per 5/10 minuti finché non saranno biscottati.

Dove degustare sul posto questi magnifici tozzetti e apprezzare la strepitosa qualità delle nocciole al loro interno?
Come accennato, i Monti Cimini sono il luogo ideale, tra l’altro bellissimi da visitare con la loro stupenda e maestosa faggeta, tra le più imponenti dell'Italia centrale, dichiarata Patrimonio Naturale dell'Umanità dall'UNESCO nel 2017.
Non resta quindi che fare un'escursione a piedi, in bici o a cavallo, e poi cercare forni, ristoranti e pasticcerie che offrono questi buonissimi biscotti secchi, che si possono trovare ad esempio nei comuni di Capranica, Ronciglione, Soriano nel Cimino, Vallerano.
Buona passeggiata e buon appetito!