Il mare, il buon bere, il mangiare bene e...chi più ne ha, più ne metta

31 dicembre 2012

Il calendarietto 2013 du Franc Buveur


 
 
 Nello scorso post vi avevo promesso un piccolo regalino di fine anno. E’ giunto il momento di svelare il segreto e di farvelo.
E’ da premettere che quando viaggio scatto foto che definirei classiche, ma anche foto più “strane” e meno consuete, come quelle che riguardano i nomi (a volte curiosi) delle strade, delle targhe, dei murales. O di altre cose che mi colpiscono nelle strade stesse.
Ho deciso allora di fare con tutto ciò un piccolo calendarietto che ho appunto chiamato “Targhe, strade e dintorni”.
Il calendarietto non ha nessuna pretesa di grande opera editoriale, tutt’altro. E’ anzi costruito in maniera piuttosto “artigianale”, ma spero che vi piaccia comunque.
Per riceverlo lasciate un commento in questo post con il vostro indirizzo e-mail o inviatemi una mail alla casella
lefrancbuveur@gmail.com. Ve lo invierò al più presto.
E siccome questo è inevitabilmente l’ultimo post dell’anno, vi auguro di cuore uno splendido, proficuo e goloso 2013. E grazie a tutti ancora per seguire così numerosi il mio blog.
Buon Anno!!!

28 dicembre 2012

Agnello con fagioli neri mex e crema di zucca


 
Nella mia prima crociera fatta l’estate scorsa tra le isole greche, in un discreto ristorante a bordo ho mangiato un piatto che mi è piaciuto molto. Non si trattava certo di una portata estiva, ma ora che è inverno e che siamo nel periodo natalizio ci sta proprio bene.
Durante i mega pranzi di Natale, allora, anche questo piatto dall’aria vagamente etnica è entrato nella “rosa” di quelli offerti agli ospiti.
Si tratta di uno spezzatino di agnello con fagioli neri messicani e crema di zucca.
Un piatto a cui ho accostato del riso bianco (non basmati, che purtroppo non avevo in casa) che a questo genere di piatti si accompagna alla perfezione.
Vado subito a darvi la ricetta perché durante le feste natalizie (solo durante le feste natalizie? :-) si va sempre di corsa.

Eccola:

Procuratevi dell’agnello tagliato a pezzetti, se possibile, abbastanza polposi (altrimenti vi troverete “a tradimento” nel ragù delle insidiose scagliette di ossicini…). Fatelo rosolare per bene e su tutti i lati in olio extravergine dopo aver fatto soffriggere nello stesso sedano, carota e cipolla tritati finemente.
Sfumare con del vino rosso. Appena evaporato il vino, abbassare la fiamma e aggiungere di tanto in tanto poca acqua (quando è necessario) ed all’inizio un po’ di sirop de Liège (facoltativo). A tre quarti di cottura, aggiungere dei fagioli neri messicani lessati (inutile dire che quelli in scatola vanno benissimo).
Far ben insaporire fino a cottura della carne, quando la salsa dovrà avere una consistenza densa e di colore scuro.
Nel frattempo far cuocere della zucca tagliata a dadini in una casseruola, dopo aver soffritto in olio extravergine della cipolla. Aggiungere dell’acqua per favorire ed accelerare la cottura della zucca ed aggiustare di sale. Una volta morbida, frullare la zucca per ottenere una bella crema.
Comporre infine il piatto, ponendo al centro la carne di agnello con i relativi fagioli, di fianco la crema di zucca e ancora a lato il riso bianco che accompagna egregiamente le carni e queste salsine. Un piatto decisamente delizioso!!!
Per ora vi saluto, vi faccio ancora i miei auguri e ci sentiamo presto con l’ultimo post dell’anno che riserverà a voi lettori una sorpresa…Seguitemi!

22 dicembre 2012

Pasta e fagioli con calamari (“fujuti”)

 
 
E’ quasi Natale e si pensa a cosa proporre al cenone della vigilia. Ebbene, una ricetta a base di pesce che mi piacerebbe preparare il 24 sera, oltre ai classicissimi della tradizione, è quella che vi propongo oggi.
E’ una ricetta di Alessandro Borghese vista in tv che mi sfizia ed intriga parecchio, devo dire.
La ricetta originale è qui.
Questa volta però io l’ho un po’ modificata, al punto tale che può quasi non esser considerato un piatto a base di pesce. Perché? Perché i calamari che erano previsti nella ricetta originale sono “fujuti”, come si dice a Napoli. Cioè a dire, sono “fuggiti”.
Non avendo infatti tempo di andare a comprare dei buoni calamari, ho deciso quindi di “farli fuggire” ed al loro posto ho usato, per dare del sapore di mare al piatto, della colatura di alici.
Quindi questo piatto è diventato quasi una pasta e fagioli rivisitata, un grande primo comunque!
Per dirla con Borghese “vediamo come l’ho fatta”:

Ingredienti
(per 4 persone)
320 g di sedanini
2 cucchiai di colatura di alici
200 g di fagioli cannellini in scatola
50 g di prezzemolo
Aglio
Alloro
Olio extra vergine
Sale, pepe

Mettere a cuocere brevemente in un tegame o padella i fagioli con olio ed alloro. Pepare e spegnere il fuoco. A fuoco spento, aggiungere la colatura e far ben amalgamare. Nel frattempo far cuocere al dente la pasta e mantecarla nel tegame insieme a poca acqua di cottura.
Impiattare, condendo la pasta con mezzo cucchiaio di pesto al prezzemolo, preparato frullando il prezzemolo con l’olio e l’aglio.


Impressioni sul piatto:

1) L’alloro emana un profumo davvero eccezionale che si sposa egregiamente con i fagioli;
2) La colatura conferisce al piatto un sapore di mare di notevole interesse;
3) Il pesto di prezzemolo è una genialata che dà uno “sprint” ed un “quid” in più che fa la differenza.

In questo modo il piatto diventa mitico e quindi ve lo consiglio vivamente!

Ps seguiranno i miei post di Natale, ma se non ci si legge colgo l’occasione per farvi tanti Auguri di Buone Feste! Un brindisi a tutti voi con i migliori spumanti d’Italia, come quelli che trovate nell’ultimo numero della rivista de Il Gambero Rosso (inserto “Bollicine da Oscar”), in particolare il Franciacorta Ferghettina Extra Brut ’06.
Auguri ancora!

15 dicembre 2012

Dal mestiere di lavapiatti alla stella Michelin

 
 
Qualche giorno fa si è tenuta a Roma nel bel “salotto” del Wine bar della Città del Gusto del Gambero Rosso un’altra interessante “culinary talk” organizzata da Cibando.
Il protagonista ed ospite della chiacchierata questa volta era il mitico chef del Metamorfosi Roy Caceres, che ha risposto alle numerose domande di Lorenzo Sandano.
Non conoscevo Roy Caceres se non per fama e per aver assaggiato un suo superbo risotto al Taste of Roma .
Questo evento invece mi ha permesso di conoscere soprattutto la persona, l’uomo riservandomi di assaggiare più di un piatto della sua cucina quando andrò (spero presto) al suo ristorante.
Il colombiano Roy Caceres, in Italia da circa 15 anni, ha raccontato alla platea quale è stato il suo percorso professionale, iniziato come lavapiatti e proseguito con il raggiungimento di successivi e graduali traguardi che hanno segnato la sua ascesa.

L'intervista tra...tante teste
Dai suoi racconti emerge l’applicazione al suo lavoro di principi che valgono in qualsiasi contesto aziendale, anche perché il ristorante è anch’esso un’azienda, non dimentichiamocelo.
Ottimizzare e razionalizzare le spese è quindi evidentemente una regola da applicare sempre, come pure cercare di dare sempre il massimo indipendentemente dal tipo di cliente che si presenta come ospite al ristorante. Bisogna saper ascoltare tutti i componenti della brigata, perché ognuno può avere una visione interessante di un certo argomento o problema da risolvere.
Problemi da risolvere, appunto. I collaboratori non devono rilevare solo l’esistenza di tali problemi, sottolinea Roy. Devono cercare e trovare delle soluzioni per risolverli. E’ questo uno dei compiti di un bravo collaboratore. E non è questa forse l’aspirazione di ciascun capo, in qualsiasi contesto lavorativo?
Caceres ha poi sottolineato l’importanza della comunicazione soprattutto oggi, nell’epoca dei social network. Bisogna trovare il modo di far conoscere al più elevato numero di persone possibile che si lavora bene. Poi, “se son rose fioriranno”, sostiene Caceres.
E’ molto importante, inoltre, esser liberi senza troppi vincoli di esprimere al meglio la propria cucina e la propria inclinazione, che è la somma di tante esperienze personali fatte nel corso della propria vita professionale. Pur senza tralasciare, osservandolo attentamente, il lavoro della “concorrenza”.
Un profilo quindi di uno chef che ha le idee ben chiare e che rispetta la tradizione, da lui definita una “innovazione riuscita”.

Dei piatti tradizionali, pur non avendone vissuto appieno la loro cultura essendo in Italia relativamente da poco, sa cogliere ed apprezzare i loro punti di forza.
 
Roy Caceres in versione occhiali 3D
Un “plus” della carbonara, ad esempio, è la cremosità dell’uovo ed allora ecco che è nato il piatto che ne centra ed esalta in pieno questa caratteristica: “l’uovo 65°C carbonara”.
Uno dei tanti piatti che avrò il piacere di provare quando andrò a vivere la mia food experience al Metamorfosi.

9 dicembre 2012

Una domenica al Club delle Cuoche


 
Una bella casa al quarto piano, arredata in modo moderno, con ampi spazi e dall’ambiente caldo, confortevole e accogliente. A due passi da Piazzale Flaminio e dal Centro di Roma.



E’ questo il luogo dove ha sede la scuola di cucina “Il Club delle cuoche”, che prende il nome anche dalla riuscita trasmissione su Alice e che vede protagoniste le brave Luisanna Messeri e Maria Castellano.

Luisanna Messeri
Una scuola che prevede un programma molto interessante di moduli tematici, anche nelle giornate domenicali, il che non guasta mai, visto il poco tempo che si ha durante la settimana.
Scuola di cucina, ma anche luogo dove trascorrere una pausa pranzo diversa, organizzare cene, meeting, feste ed eventi, presentazioni di libri e degustazioni.
Per far conoscere la sua attività a foodblogger, giornalisti, appassionati e curiosi la scuola ha aperto le sue porte (e le sue cucine) domenica scorsa dalle 12 alle 24. Una formula divertente di promozione che ha consentito agli ospiti di apprezzare la cucina toscana delle “padrone di casa”, oltre che la loro simpatia.

 
Il bel forno del Club


Sono arrivato “solo” alle 18.30-19. Non credetemi capace di reggere una tale maratona culinaria…
 
 

 
Una pappa col pomodoro "dorata"
 
 
Ma ho potuto ampiamente apprezzare i tanti piatti preparati, tutti della più schietta, originale e vera cucina toscana. Il crostino alla toscana ed i fegatelli su tutti, con il profumo di alloro che aleggiava nella bella cucina. 
 
Il Club delle Cuoche, Via Romagnosi, 20 Roma

5 dicembre 2012

Un piatto decisamente laziale


 
Non amo tantissimo il Lazio ed i relativi prodotti enogastronomici. I luoghi li trovo non molto interessanti rispetto ad altre regioni d’Italia ed i prodotti agroalimentari sembrano seguire esattamente la stessa sorte.
Ovviamente questo in generale, perché “spulciando” bene sia tra i luoghi sia tra i prodotti enogastronomici si trovano delle belle eccezioni ed eccellenze.
Ad esempio tra i vini laziali ritengo che un prodotto ottimo e forse sottovalutato sia il Cesanese del Piglio, che in genere a me piace davvero tanto.
E’ proprio con questo vino che ho voluto preparare il piatto che vi presento oggi, che nasce da una ricetta, a cui mi sono ispirato, trovata nel “Cavolendario 2011” del sito “Cavoletto di Bruxelles”.
Si tratta di una pasta al ragù di Cesanese e spezzatino con nocciole romane (a completare la lazialità del piatto) e scaglie di cioccolata.

Ecco come si prepara:


Ingredienti per 4 persone:

400 grammi di rigatoni
spezzatino di vitello 300 grammi
mezzo litro di buon Cesanese del Piglio
nocciole Romane (prodotte nella provincia di Viterbo e di Roma) tostate
scaglie di cioccolata di buona qualità
timo, rosmarino
aglio
un cucchiaio di farina
olio extravergine
un cucchiaio di burro
misto per soffritto surgelato

Far soffriggere il misto per soffritto in una pentola con del burro ed olio extravergine. Aggiungere lo spezzatino tagliato a pezzetti abbastanza piccoli e farlo rosolare. Aggiungere timo e rosmarino, e la farina, mescolare bene e coprire con il vino. Dopo aver portato ad ebollizione, lasciare cuocere a fuoco medio-basso coprendo con un coperchio per circa un’ora e mezza. Probabilmente il liquido di cottura si asciugherà e allora aggiungere altro vino e/o acqua. A fine cottura la carne dovrà risultare molto tenera. Lasciar riposare il ragù per qualche ora prima di utilizzarlo, poi trasferirlo in una padella, insieme ad alcuni pezzetti di carne. (Solo ora mi viene in mente che in questa ricetta avrei potuto aggiungere anche dello sirop de Liège che secondo me non ci sta per niente male!).
Far cuocere intanto la pasta, scolarla e farla saltare nel ragù con la carne. Impiattare finendo con un cucchiaio di nocciole tostate e qualche scaglia di cacao (anche a guarnizione "circolare" del piatto).
Un primo dal sapore molto interessante, adatto a questo clima freddo, in cui i sapori della nocciola, della cioccolata, del Cesanese e della carne si integrano perfettamente, rappresentando un poker davvero vincente!

Ps a proposito di Cesanese vi consiglio l’ottimo Cesanese del Piglio Campo Novo ’10 Casale della Ioria o il Cesanese Le Piantate '09 Cantine Volpetti degustati in occasione della presentazione della Guida del Gambero Rosso “Berebene” 2013 (la trovate in edicola e libreria), la storica pubblicazione rivolta a tutti coloro che cercano vini di qualità a prezzi giusti.

 
La guida punta sempre più a raggiungere tutti coloro che cercano vini che abbiano carattere, in grado di raccontare territori, esperienze e vite dei vari produttori tenendo però sempre d’occhio il prezzo. Le 2.500 etichette selezionate nella Guida puntano a valorizzare quei prodotti che mettono in risalto le caratteristiche del vitigno utilizzato, possibilmente autoctono. Piccole cantine di stampo quasi artigianale che hanno tirature quasi confidenziali e che si pongono di fianco alle grandi realtà.

29 novembre 2012

Gli eventi enogastronomici a Roma non finiscono mai (Premio Stampa estera e Culinary talks)

La città dove vivo pullula di grandi eventi legati al buon cibo ed al bere bene.
La scorsa settimana, ad esempio, si sono tenuti due interessanti presentazioni a cui non potevo mancare.
La prima riguardava il premio 2012 che il “Gruppo del Gusto” dell’Associazione Stampa Estera 
ha conferito a delle eccellenze in campo culinario. Un premio interessante, visto che il mondo enogastronomico del nostro paese viene osservato secondo l’ottica, a volte diversa, dei corrispondenti esteri in Italia. Il premio è stato creato per far conoscere quelle realtà, quegli uomini e quelle donne che con le loro storie e con il loro operato hanno svelato le tante anime della grande tradizione enogastronomica italiana.
I premiati, nella sempre bella cornice della Città del Gusto del Gambero Rosso, sono stati il Pastificio Luca da Corte Croera, di Borca di Cadore (BL), il grande Oscar Farinetti di Eataly, il Consorzio del Brunello di Montalcino e tra i ristoranti il “Filippino” di Lipari e “Sibilla” di Tivoli.
Partner prestigioso della serata la città di Conegliano il cui sindaco ha presentato due aziende di successo, la Masottina con i suoi grandi vini ed il ristorante Da Gigetto la cui cucina ha allietato la sontuosa cena di gala che è seguita alla premiazione.


Altro importante evento è stato quello di sabato scorso, tenutosi presso lo spazio Fandango in via dei Prefetti.
 
 
La nota ed emergente realtà di Cibando ha organizzato una interessante “Culinary talk” con il mitico Gabriele Bonci di Pizzarium (Tel. 06 39745416), ormai un’istituzione a livello nazionale nel campo della pizza e del pane.
Gabriele Bonci è un personaggio molto particolare che nella sua chiacchierata con Lorenzo Sandano di Cibando ha fatto ben comprendere le sue convinzioni in tema di attività imprenditoriali e di business legate al suo lavoro:
 
  
  • Ci vuole un pizzico di incoscienza per intraprendere una attività come la sua;
  • Ci vuole (è c’è voluta) anche la comunicazione per farsi ben conoscere ed affermarsi, anche se la comunicazione può essere un’arma a doppio taglio;
  • (Infatti) Bonci è contrario alle Guide e ai loro giudizi (a volte) negativi  e affrettati (“il mangiar bene o male è soggettivo, il cibo è personale e intimo, molto intimo; è bello raccontare una esperienza positiva, non una negativa”);
  • Apprezza chi cucina, i cuochi, e di meno gli chef; oggi si cucina per stupire, ma questo a lui (e anche me devo dire) non interessa;
  • Apprezza chi cucina, i foodblogger che cucinano (appunto) tanto e trasmettono quotidianamente la loro passione.
Idee ben chiare, senza paura di far torto a qualcuno, che in gran parte condivido.
Prima di tornare a casa, facendo un salto alla libreria in Galleria Alberto Sordi, ho sfogliato il libro di Bonci che contiene tante belle idee di ricette, applicabili alla pizza ma anche (secondo me) a tanti piatti da preparare.
E certi abbinamenti fanno capire che Gabriele Bonci non è solo una persona che fa molto bene il suo mestiere ma è anche un fine intenditore, come tutti quelli, e solo quelli, come sottolinea Bonci, “che sanno ben distinguere “alla cieca” uno spicchio di Parmigiano Reggiano da uno di Grana Padano".

23 novembre 2012

I cucumber sandwiches di Oscar Wilde



I cetrioli sono una delle poche cose che non mangio spesso sia perché il loro gusto non mi fa impazzire, sia perché non sono digeribili così facilmente (anche se pare facciano un gran bene).
Ma un articolo che ho letto recentemente mi ha indotto ad utilizzarli, con grande successo devo dire. Nell’articolo si citavano i sandwich al cetriolo a cui Oscar Wilde faceva riferimento ne “L’importanza di chiamarsi Ernesto” nella parte in cui erano stati offerti in occasione di un ricevimento. E’ un romanzo molto gradevole che irride, con un sottile humour tutto inglese, la società vittoriana dell’epoca.
In particolare nel libro di Wilde si parla di questi buonissimi sandwich (dopo vi dirò il perché) quando, poco prima dell’ora del tè, l’aristocratico scapolo Algernon Moncrieff chiede al maggiordomo se sono pronti, per farli gustare alla zia che era in arrivo. Pronti lo erano, ma il sopraggiungere dell’ospite inatteso Ernest fa sì che essi siano consumati, discutendo di vicende legate ai matrimoni e di altri affari, prima dell’arrivo della zia…
I cucumber sandwiches (per chi non lo sapesse o non lo avesse capito, cucumber in inglese vuol dire cetriolo) si preparano così: si prende un cetriolo e dopo averlo privato della buccia lo si taglia a fettine sottili, dividendo poi in due ciascuna fettina. Il cetriolo così tagliato viene fatto marinare per lungo tempo (anche se la ricetta che ho trovato non implicava una lunga marinatura) in olio extravergine, limone, aglio tagliato sottile e pepe.
Nel frattempo tagliare da alcune fette di pane (io ho usato un pane di Lariano scuro) o pancarrè le relative croste e cospargerle di burro alle acciughe.
Il burro alle acciughe si ottiene lavorando il burro tenuto per qualche tempo fuori frigorifero con una forchetta insieme a delle acciughe sminuzzate (ma può andar bene anche della pasta di acciughe). Quando il composto è ben amalgamato ed assume la consistenza di una pomata, compattarlo a mò di salsicciotto, avvolgerlo in della carta stagnola e metterlo in frigo ad indurire fino a quando non deve essere utilizzato.
Sulla prima fetta imburrata disporre i cetrioli ben sgocciolati e chiudere ciascun sandwich con un’altra fetta imburrata.
Questi sandwich sono sorprendentemente buoni in quanto la marinatura conferisce al cetriolo un sapore un po’ diverso dal solito e lo rende forse meno pesante. E’ bello poi in bocca sentire la freschezza di questo sandwich e la relativa dolcezza, cui fa da contraltare il gusto morbido e deciso del burro alle acciughe.
Una vera e piacevole sorpresa. Ho voluto un po’ rischiare a preparare questi sandwich e sono stato ben ricompensato! Ma tra me e me ero quasi sicuro della riuscita, anche perché sono convinto che i sandwich preparati all’inglese sono sempre e comunque buoni, morbidi e ben saporiti e che i popoli nordici siano molto più buongustai di quanto si creda (l’ho sperimentato di persona anche in Germania).
Servite questi sandwich rigorosamente all’ora del tè con (appunto) dell’ottimo tè e seguendo tutte le formalità del caso, come solo gli inglesi sanno fare.

18 novembre 2012

L’onore di collaborare ancora alla Guida Foodies


 
Anche quest’anno ho collaborato alla mia Guida preferita tra quelle del Gambero Rosso, la Guida Foodies. Come ho più volte messo in evidenza, visto che è giunta ormai della terza edizione, si tratta di una Guida molto snella ed informale che non attribuisce (o quasi) voti, ma che segnala locali di vario genere accomunati dall’offrire cibo di alta qualità. 
Locali a volte dal format innovativo, non rientrante in schemi prestabiliti e dove si può mangiare molto bene anche a prezzi contenuti. Perché a volte il cibo dà emozioni anche senza spendere una fortuna. E perché l’innovazione, quando è convincente e pertinente, può essere una forma diversa (e preminente, almeno per me…) di divertimento.
Divertimento, appunto, una parola che ho sentito pronunciare anche da Laura Mantovano, la curatrice della Guida, durante la presentazione.
 
Laura Mantovano, la curatrice della Guida
 
Anche io quando visito questi locali mi diverto, perché sperimento prodotti e materie prime nuovi, accostamenti inediti, caratteristiche dei locali che mi inducono a tornarci. E mi diverto ancora anche dopo, a casa, giocando con gli accostamenti e gli ingredienti che provo a replicare nella mia cucina.
Provare un nuovo locale sfizioso, come ce ne sono tanti in questa Guida, è anche l’occasione per incontrare amici che ne capiscono quanto te (o più di te) di buon cibo e coi quali è possibile confrontarsi.
Non è assolutamente per fare pubblicità a questa Guida che non ne ha proprio bisogno perché ormai affermata, ma vi dico con sincerità che per scoprire nuovi locali fuori Roma o anche a Roma (dove vivo) la utilizzo spesso e devo dire che non mi ha mai tradito.
Tramite di essa ho trovato dei posti interessanti a Venezia (un esempio su tutti “Pronto pesce pronto” al mercato del pesce di Rialto) dove di solito non mi trovo assolutamente bene con i ristoranti; anche a Bologna ho scoperto (e devo dire anche fatto scoprire) tanti posticini davvero sfiziosi, come il Bistrot 18.
Come ogni anno, durante la presentazione della Guida, mi sono già appuntato parecchi indirizzi da visitare su Roma e fuori Roma, tutti da sperimentare presto.
 
I premiati in gruppo
Tra i premiati con le stelle Foodies mi hanno infatti incuriosito i seguenti locali, dove non sono ancora stato:

Bagni Mignon (ristorante) - Lavagna (GE)            
La mia curiosità su questo locale dipende innanzitutto dal fatto che dei rappresentanti dello stesso erano al mio tavolo al momento della presentazione; poi perché a mio avviso la cucina degli stabilimenti balneari è sempre intrigante, con quel pizzico di savoir-faire in più rispetto ad altri ristoranti di cucina marinara. Da provare quando andrò a trovare mio zio a Sarzana!
 

Le rappresentanti del locale Bagni Mignon, premiato con la stella Foodies

Bodeguita Juan Alberto (etnico) - Bologna
La prossima volta che vado a Bologna devo assolutamente andare in questo locale dove la cucina spagnola più sfiziosa viene proposta utilizzando ingredienti di qualità. Spero di tornare presto a Bologna solo per visitare questa bodeguita…

Il Pescestrada (street food) - Magione (PG)
Si tratta di un camioncino che si sposta lungo il lago Trasimeno e che fa ottima cucina utilizzando il pesce pescato in questo lago. Hamburger di carpa, porchetta di carpa, oltre ai cartocci di pesce fritto già mi fanno venire l’acquolina e venire la voglia di andare a fare una gita da quelle parti, assaggiando queste ed altre prelibatezze.

No Au (wine bar) - Roma
Qui faccio un’eccezione rispetto agli altri locali. Ci sono già stato e devo dire che la cucina di Massimiliano Sepe è davvero una poesia. Pochi piatti cotti, insalate di mare e di terra da urlo ed accostamenti e consistenze davvero azzeccati, insieme a materie prime di grande eccellenza “manipolate” solo il giusto necessario quasi accarezzate, coccolate.

Vice (gelateria) – Roma
E’ una gelateria aperta da poco in zona Marconi, che propone oltre a dolci e gelati di grande qualità anche prodotti salati e zuppe. Queste ultime due cose mi incuriosiscono alquanto e devo andarci di corsa (non è nemmeno lontano da casa mia).

Pistelli Hostaria Moderna (trattoria) - Grottaferrata (RM)
A Grottaferrata si mangia sempre bene: questo è un altro locale che voglio provare e pare che anch’esso sia ottimo…

Non voglio farla lunga e concludo quindi qui. Non prima di avervi detto che il buffet della presentazione è stato come tutti gli anni grandioso (culatello di Massimo Spigaroli, bignè al ragù di lepre di Salvatore Tassa, ma molto, molto, molto altro).


I bignè salati di Salvatore Tassa


Bisogna ora subito mettersi all’opera e sperimentare tramite questa Guida nuovi locali, a partire da quelli che ho qui elencato.
Cari amici, da dove iniziamo?
 
Ps: la Guida Foodies potete trovarla in libreria ed in tutte le edicole

13 novembre 2012

La tovaglietta ed i finger food



 
Non ci crederete ma quella che vedete nella foto non è a sua volta una foto, ma una tovaglietta lavabile.
L’ho comprata tanti anni fa su un sito internet che vendeva ottimi prodotti tipici e che volle anche offrire un calendario-tovaglietta “mostrando le facce” di dodici produttori dei loro eccellenti prodotti.
In questo caso si tratta di un produttore abruzzese he produce dei fantastici formaggi di latte ovino (di razza Sopravissana) tra cui la mitica ricottina al fumo di ginepro di cui ho parlato già qui.
In questa azienda tra l’altro è possibile addirittura adottare una pecora…
Mi fanno tanta tenerezza questi cuccioletti in braccio al loro proprietario ed allevatore. Ed a voi?


Su questa tovaglietta ci ho mangiato (anche) dei finger food recentemente preparati da me e fatti con polenta di ceci e salsiccia di Ariccia al forno.
Un cibo rustico che ben si coniuga secondo me al contesto della tovaglietta. Una passeggiata nelle verdi montagne abruzzesi della provincia dell’Aquila (in una località denominata Anversa degli Abruzzi) può infatti far venire una fame notevole ed il risultato può essere una mangiata tipo questa (ma in quantità ben più abbondanti, s’intende! ;)
 

Che fame ragazzi!!!

7 novembre 2012

Polpettone arrotolato con carta forno e riduzione di mosto d’uva

 

 Non ho mai pubblicato la ricetta di un polpettone sul mio blog ed è ora di farlo, perché il polpettone è un altro mito della mia cucina e di quella tradizionale italiana che non può mancare nella mia collezione di ricette preferite.
Io da tempo lo preparo con il tradizionale impasto a base di carne bovina macinata insieme a del pane bagnato nel latte e poi strizzato, a delle uova, parmigiano abbondante, prezzemolo, sale e pepe.
Forse dirò qualcosa che milioni di persone già fanno, ma la particolarità del mio polpettone è che io lo imbottisco di un bel ripieno in un modo un po’ particolare.
Metto l’impasto di carne di cui sopra su della carta da forno, lo schiaccio sommariamente e lo ricopro con un altro foglio di carta da forno per poi spianarlo col mattarello. In pratica si viene a creare una spianata di macinato (quello già “condito”) tra due fogli di carta da forno.
Il ripieno viene posto al centro della spianata in modo che, quando sarà arrotolato, lo stesso finirà esattamente al centro e quindi al centro di ogni fetta tagliata.
Sul tipo di ripieno ci si può davvero sbizzarrire, ma non amo ripieni eccessivi e troppo numerosi.
Per me non possono mancare dei dadini di emmenthal che fondendo danno morbidezza alla carne e delle fette di prosciutto cotto o mortadella “spalmate” lungo tutto “il cuore” della spianata, ma va bene anche della verdura come gli spinaci o delle uova sode. O ancora dei pomodori secchi, perché no? Ma su questo decidete liberamente voi. Io di solito cerco di utilizzare quello che ho in frigorifero. Del resto questo è un piatto che mette a sistema tutte le cose che si hanno a disposizione…
Dicevamo quindi: al centro della spianata mettete tutti gli ingredienti che volete e, aiutandovi con la carta da forno su cui è adagiato il macinato, arrotolate il polpettone in modo che assuma la sua classica forma (con le mani ricompattatelo anche un po’, a lavoro ultimato). Cospargetelo poi di pangrattato su tutti i lati.
Facendo attenzione perché il polpettone è comunque delicato, mettetelo in un tegame da forno insieme a dell’olio extravergine, del vino bianco e dell’acqua. Oltre naturalmente all’immancabile rosmarino e timo. Fatelo cuocere per bene, a 180°C, finché non sarà dorato e morbido. Durante la cottura potrebbe aprirsi un po’ su un lato ma non fa nulla, perché dopo si rassoderà. Infatti occorre farlo un po’ riposare prima di servirlo. Il riposo è fondamentale per molti piatti e lo è anche per questo.
Il polpettone così preparato è morbido, ma va comunque bagnato con qualche salsina.
Con il sughetto formatosi durante la cottura in forno, questa volta ho preparato una deliziosa salsina, diversa dal solito: sughetto del polpettone a cui ho aggiunto del mosto d’uva ed ho fatto ridurre aggiungendo, udite udite, anche un goccino d’acqua.
Una salsa davvero golosa, vinosa che al tempo stesso presenta tutti gli umori della carne e che ben si sposa col polpettone.
Un piatto autunnale adatto ad un pranzo domenicale di una giornata uggiosa, accorciata dal ritorno più o meno evidente dell’ora solare.

1 novembre 2012

L’Oresto-ricetta (altro che Halloween!)


 
Vi scrivo durante la notte di Halloween. Tutti si affrettano o si sono affrettati a pubblicare ricette a base di zucca. Ma siccome non lo prescrive il medico di farlo, io oggi pubblicherò non una ricetta “arancione”, ma di mare che già amo tantissimo.
Il mio amore smisurato per la zucca, tuttavia, mi permetterà senz’altro di pubblicare qualche buona ricetta nei prossimi post, utilizzando questa splendida (anche cromaticamente) materia prima. Ma non perché è Halloween, ma perché è un prodotto di stagione e va pertanto utilizzato di più in stagione.
Torniamo comunque alla ricetta di oggi. Una ricetta strepitosa che ho visto eseguire in TV sul Gambero Rosso Channel e che mi piaciuta da subito (con conferma anche sul successivo fronte dell’assaggio).
Chi ha eseguito sapientemente questa ricetta è stato il mitico Oreste Romagnolo che ha a Ponza un magnifico ristorante  che, manco a dirlo, offre della cucina di pesce deliziosa, abbinando la tradizionale cucina marinara, che solo nelle isole è così unica, con un pizzico di innovazione.
Già il modo di parlare dello chef, che ricorda un po’ quello napoletano, è molto gradevole da ascoltarsi. Poi le storie che racconta mentre è ai fornelli e la sua cucina sono decisamente da applausi.
La sua ricetta che mi ha colpito e che ho riprovato ad eseguire con successo è quella di uno spaghetto tiepido con calamari alla griglia, menta, zenzero, olio (sale) e limone.
Può essere considerato sia un antipasto che un primo piatto, con maggiore propensione da parte mia per la seconda soluzione :-)
Il piatto è abbastanza semplice da realizzare, ma vi assicuro di una bontà e di un profumo ineguagliabile.
Su una piastra (o padella) antiaderente mettere poco olio extravergine e scottarvi sopra degli ottimi calamari tagliati ad anelli insieme ai loro tentacolini. Far cuocere finché non si arrostiscono bene da entrambi il lati.
Nel frattempo in una insalatiera mettere in dosi ”ad occhio” dell’olio extravergine, della menta fresca, della buccia di limone grattugiata, dello zenzero fresco sempre grattugiato, del succo di limone (poco), del sale. Mescolare per bene, aggiungere i calamari arrostiti e degli spaghetti cotti al dente. Dare una bella mescolata e servire il piatto tiepido.
Una preparazione stupenda, che colpisce per la sua grande freschezza e per quel leggero sentore piccante/esotico dato dallo zenzero. Quest'ultimo con i piatti di mare a volte sta stupendamente, come sperimentato anche in altre occasioni!
Buon Halloween e buon Ponte (mentre le streghe vagano in questa notte piovosa ed uggiosa).

25 ottobre 2012

Paris en liberté


Foto tratta dal sito www.palazzoesposizioni.it
“Quello che io cercavo di mostrare era un
mondo dove mi sarei sentito bene, dove le
persone sarebbero state gentili, dove avrei
trovato la tenerezza che speravo di ricevere.
Le mie foto erano come una prova che questo
mondo può esistere”


Robert Doisneau

 
Con Doisneau si vince facile. Uno come me che ama la Francia e Parigi come poteva non trovare interessante la mostra di Roma al Palazzo delle Esposizioni a lui dedicata?
Ma è una mostra che consiglio a tutti, perché Doisneau è un artista che con le sue fotografie in bianco e nero ha saputo “dipingere” Parigi e la sua gente nel modo migliore e più fascinoso possibile.
Visitando la mostra, ci si immerge nei luoghi di Parigi, nel caos del traffico delle grandi piazze, nei bistrot, nei mercati generali pieni di diversa umanità e di prodotti agricoli, nelle sue strade anche meno note, nei suoi romantici ponti sotto cui passa quell'altrettanto romantico fiume che è la Senna.
Ma con Doisneau si fa anche una passeggiata nella Parigi dei volti e delle persone, note e meno note, ricche e povere, contente e tristi, ma anche stupite, rapite, incuriosite, scandalizzate. Persone (compresi i bambini) che attraverso la fotografia di Doisneau esprimono la loro umanità ed i più vari sentimenti.
La Parigi di Doisneau è una Parigi forse diversa da quella di oggi, ma è senza dubbio quella più autentica, più vera e con un fascino indescrivibile che la rende intrigante, coinvolgente, attraente.
Mi ha colpito una frase, secondo me molto appropriata, di chi ha scritto la recensione sul sito del Palazzo delle Esposizioni: “Il suo lavoro di intimo spettatore appare oggi come un vasto album di famiglia dove ciascuno si riconosce con emozione”.
Lasciamoci immergere allora, pur non essendo fisicamente lì, nella Parigi di Doisneau, ed amiamola ed apprezziamola ancora una volta.
Ed il celebre bacio dell’Hotel de Ville sarà il simbolo della storia d’amore (infinita) tra noi e Lei.

Ps dopo la mostra fate un salto all’Open Colonna o alla bella libreria Arion che è proprio lì dentro. Ma c’è molto altro nelle vicinanze…magari ne parliamo in un’altra occasione!

19 ottobre 2012

Un viaggio nelle meraviglie enogastronomiche toscane


Qualche sera fa si è tenuta nel bellissimo contesto del Grand Hotel St. Regis di Roma una bella serata dedicata alla cucina toscana, un evento che fa parte del progetto gastronomico “Per tutti i gusti”, coordinato da Carlo Vischi.
Ad inizio serata i tanti foodblogger e giornalisti invitati hanno appreso tutti i segreti per la realizzazione perfetta di alcuni piatti tipici di questa gustosa cucina, quali la ribollita e la panzanella (noto piatto quest’ultimo preparato con la mollica di pane, detta in dialetto “midolla”, pomodori ed altre verdure).

 
 
 
Piatti che sono stati sapientemente eseguiti allo chef fiorentino Luca Cai dell’osteria-tripperia “Il Magazzino” (Piazza della Passera, tel. 055 215969), che sarà per me un posto da non perdere la prossima volta che andrò a Firenze.
 
 
E’ stato poi il turno delle presentazioni di altri importanti prodotti di qualità presenti nei piatti che hanno allietato la serata, come l’olio extravergine biologico e biodinamico della Fattoria La Maliosa e come la pasta fatta esclusivamente con grano toscano, che si può fregiare anche del marchio regionale Agriqualità.

 
 
Ma come non citare i buonissimi formaggi ovini del Caseificio Marovelli?
In seguito presso il Ristorante Vivendo dello stesso hotel si è tenuta anche la vera propria cena a base di piatti tipici toscani, tutti ben accompagnati dai vini della Tenuta Guado al Tasso di Antinori una famiglia che si dedica alla produzione vinicola da più di seicento anni, attraverso 26 generazioni che hanno sempre gestito direttamente questa attività, nel rispetto per le tradizioni e per il territorio.
Il menu, a cura dell’Executive Chef Francesco Donatelli, ha previsto le seguenti portate:  


zuppa di ceci farro e patate, pappa col pomodoro e ribollita: classici piatti toscani realizzati davvero in modo impeccabile!

Poi sono seguiti i due piatti che ho più apprezzato nella serata:


tagliatelle al ragù di lepre e porcini

tagliatina di manzo su carpaccio di zucchine e pecorino di Pienza gratinato con cipolle al sale e riduzione al Chianti

 
 
che ben si potevano abbinare all’ottimo Bruciato 2010 un rosso molto robusto, che “reggeva” molto bene i sapori decisi di questi piatti.
 
Per concludere in bellezza (e dolcezza):

zuccotto toscano con cantucci senesi e zabaione 
 
 
 
Una bella serata insomma, vivacizzata anche da nuove conoscenze oltre che da piacevoli chiacchierate con amici, che ci ricorda sempre che le cucine regionali italiane sono tante e tutte tanto, troppo buone!
Il menu toscano, con degustazione abbinata, proseguirà fino al 17 novembre 2012. Per informazioni e prenotazioni:

Ristorante Vivendo 
Tel. 06 47092736

14 ottobre 2012

Il ritorno della frittata di cipolle

 
 
Non c’è niente da fare. Non riesco a non associare la frittata di cipolle a Fantozzi ed al suo film in cui il mitico ragioniere gustava questo fantastico piatto davanti ad una imperdibile partita di calcio alla TV, insieme ad una bella birrozza ghiacciata.
Ma la frittata di cipolle è ottima da gustare anche (e soprattutto) in altre occasioni.
In effetti quando vedo una partita di calcio non mi capita quasi mai di mangiare una frittata di cipolle, ma semmai una più pratica pizza (con della buona birra, quella sì) o una spaghettata rapida.
Per tornare alla frittata di cipolle, qualche piccola variante (o grande perché l’aggiunta di un ingrediente chiave rende il piatto molto ma molto diverso) alla versione classica è quella che vede l’aggiunta del pecorino romano grattugiato. O è rappresentata da quella che vi propongo oggi, che prevede sempre l’aggiunta di formaggio ma in un'altra maniera.
Infatti una versione emiliano-romagnola di questa frittata è quella che intanto utilizza la buonissima cipolla bionda di Medicina 
come cipolla e che poi fa tuffare la frittata ottenuta in una gustosa crema di Parmigiano Reggiano.
La ricetta della frittata di cipolle la trovate sempre qui, mentre la crema di Parmigiano si ottiene riscaldando in un pentolino della panna da cucina insieme a del buon parmigiano grattugiato, facendo cuocere per una decina di minuti (o anche meno) a fuoco lento.
Il piatto si presenterà mettendo sul fondo del piatto la salsa di parmigiano a specchio e sopra la frittata di cipolle ben alta e goduriosa.
Concludo ringraziando Paolo Villaggio e quindi il ragionier Fantozzi (i cui film amo tantissimo) per aver ricordato un piatto spesso sottovalutato (forse per la sua funzione “asociale”?) ma che secondo me è davvero un mito!!!

8 ottobre 2012

Cinquanta sfumature di…marrone


 
Qualche post fa avevo promesso che avrei provato a rifare, magari rivisitandola, una ricetta che mi era piaciuta molto allo scorso Taste of Roma e cioè quella di Luciano Monosilio del Pipero al Rex, presentata all’evento Brunelli di quella manifestazione.
L’idea del bravo chef era quella di combinare un prodotto di questo periodo, le castagne, con del Pecorino Romano (ottimo quello Brunelli
) e delle acciughe. Con il dolce della castagna, quindi, che ben si combinava con il sapore più forte del pecorino e delle acciughe (che comunque in questa ricetta sono soltanto pressoché a guarnizione del piatto).
Ho rivisitato un po’, pertanto, questa ricetta in quanto non ho preparato dei ravioli di patate e castagne come ha fatto lo chef di cui sopra, ma un bel risotto.
Ecco il procedimento:
Con della crema di castagne (fatta con delle castagne di Cuneo lessate e passate al passaverdura o al mixer) ho preparato una salsina fatta in questo modo: ho messo in una padella dell’olio extravergine e ci ho rosolato dentro uno spicchio d’aglio tagliato a pezzetti. Ho poi aggiunto la crema di castagne e fatto insaporire, aggiungendo anche dell’acqua per rendere più fluida la salsa. Ho fatto ben amalgamare, aggiustando di sale e pepe ed aggiungendo poca noce moscata.
A fine cottura (dopo 5-10 minuti) ne è venuta fuori una crema dal sapore non troppo dolce, equilibrato e molto gustosa.
Nel frattempo in una casseruola, ho messo del burro, dell’olio extravergine, dell’aglio a pezzetti, poco rosmarino, poca crema di castagne ed un’acciughina del Cantabrico (le trovate da Eataly). Ho fatto insaporire e sciogliere il tutto e poi ho aggiunto il riso per la tostatura. Dopo la tostatura, ho cotto il riso come un normale risotto, aggiungendo di tanto in tanto del brodo vegetale e delle cucchiaiate di crema di castagne.


Arrivato a cottura (al dente), ho mantecato con poco burro e Pecorino Romano ed ho impiattato, mettendo on the top del risotto qualche acciuga del Cantabrico tagliata a pezzetti e una bella spolverizzata del suddetto Pecorino Romano.
Un risottino autunnale dalle diverse sfumature di marrone! ;-))

2 ottobre 2012

Bologna, mattarelli e passatelli

 
 

 La mia ultima trasferta a Bologna mi ha consentito di visitare un altro paio di locali che non conoscevo.
Il primo, dove sono stato a cena, è la storica
trattoria Anna Maria dove la pasta fresca con la sua sfoglia ben tirata al mattarello la fa da padrone. Un locale molto accogliente, come se ne trovano tanti a Bologna ma dove si mangia davvero bene. Per primo piatto dei tortelloni al Gorgonzola ti rimettono al mondo, per secondo la faraona arrosto è da sballo, magari mangiata insieme ad un bel friggione. Per dolce un fiordilatte della casa è la degna conclusione del pasto.
Il secondo locale che ho sperimentato va bene a pranzo per una pausa gourmet, ma non solo. Immergendosi nella medievale e quindi bellissima Via Clavature un posto secondo me da non perdere è
il Bistrot 18 locale molto versatile la cui cucina è sotto la regia dello chef Marcello Leoni del Sole a Trebbo di Reno, dove ho mangiato qualche anno fa divinamente. Una cucina sfiziosa e del territorio, abbinata magari all’utilizzo di materie prime più “povere”, consente a questo locale di offrire un pasto gustoso senza dare grossi dispiaceri al portafoglio. I piatti cambiano a seconda dei giorni, ma si possono apprezzare le virtù del locale anche in altri momenti della giornata; per la colazione si può scegliere tra ottime miscele di caffè e golosi dolci ed anche l’aperitivo è da non perdere, con un ricco buffet e ottimi cocktail.
Infine, tra i prodotti che ho portato casa poco prima di partire devo assolutamente citare i
passatelli. Sono un po’ pigro, non li preparo quasi mai a casa e visto che mi trovavo a Bologna perché non prenderli, visto che li ho trovati nonostante l’ancora calda stagione? (Certo, capisco perché molti se li fanno in casa visti i prezzi di certi negozi…).
Per chi non lo sapesse, i passatelli sono classicamente preparati in brodo con un buon brodo di carne, quello per intenderci che si prepara per le feste e le grandi feste, quando fa freddo.
Ma stavolta, per una volta, mi intrigava prepararli asciutti, come ho visto fare varie volte in TV da bravi chef.
Ho voluto farli con del pesce, come si preparano nelle ridenti e vivaci località della riviera romagnola. Con dei frutti di mare.
 
 
Per inciso: quando mi andrà di preparare i passatelli in casa li farò con del pecorino al posto del parmigiano e li condirò con delle cozze, un modo di diverso di abbinare cozze e pecorino che così bene stanno insieme.
Per tornare ai miei passatelli ai frutti di mare, non vi dico nemmeno la ricetta che è talmente semplice da non necessitare una spiegazione.
Far cuocere in brodo (anche di pesce) i passatelli e scolarli asciutti. Farli saltare in una padella dove avrete fatto cuocere dei calamari, delle cozze aperte, dei gamberi ed altri frutti di mare a scelta con il loro sughetto e l’acqua di cottura delle cozze. Un sughettino gustosissimo col quale far amalgamare per poco tempo i passatelli, giusto quello necessario per farli ben insaporire. E che piatto, ragazzi!!!

Ps: io faccio parte dello “schieramento” che prevede nell’impasto dei passatelli anche l’aggiunta di una scorza di limone, si sappia! ;-)

Ps 2: ho trovato nel tempo tanti utensili per fare i passatelli con prezzi oscillanti tra i 13-14 euro e i 50-60 euro; ciò è dovuto probabilmente al materiale più o meno resistente e robusto, ma è giustificata tale differenza di prezzo? Che ne pensate?

26 settembre 2012

Impressioni sul Taste of Roma

 
 
 
Eccomi a commentare ed a fornirvi le mie impressioni sul Taste of Roma, un interessante evento che si è tenuto lo scorso weekend appunto nella Capitale.
Si trattava di una fiera che ha offerto al pubblico romano nel bello scenario dell’Auditorium Parco della Musica il meglio dell’offerta di ristorazione (storica e più recente) presente nella città, attraverso gli stand di ristoranti importanti e noti quali il Metamorfosi, il Pagliaccio, Agata e Romeo, il Convivio, Acquolina, senza citarne altri altrettanto illustri.


A mio avviso questo evento ha dato l’opportunità a chi non conosceva la ristorazione emergente di qualità di sperimentare una cucina di elevato pregio, innovativa e senz’altro meno convenzionale a dei costi tutto sommato accettabili.
Certamente il prezzo del biglietto d’ingresso era un pò costoso (16 euro) ma se a questo aggiungiamo diciamo tre-quattro piatti dal costo medio di 5 euro ciascuno, otteniamo un totale di circa 30-35 euro che equivale più o meno ad una cena in pizzeria o a quello che si spende mediamente in una normale trattoria romana. Inoltre è vero che le porzioni erano contenute, ma di alta cucina. E in questi casi, secondo me, si deve apprezzare la qualità delle pietanze, non la quantità.
Devo dire quindi che al Taste of Roma mi sono divertito. Divertito ad assaggiare con soddisfazione tanti piatti di chef che non conoscevo o la cui cucina ho avuto il piacere di riprovare.


La sapiente combinazione di materie prime di alta qualità, quando porta ad abbinamenti azzeccati, è davvero stimolante, istruttiva, stuzzicante e piacevole. La cucina innovativa l’accetto nel momento in cui mi convince e mi dà emozioni.
In un solo caso al Taste ho riscontrato invece accostamenti eccessivamente azzardati, con combinazioni di sapori che molto poco si integravano tra loro. Alle volte in generale ho l’impressione che certi chef cerchino l’innovazione a tutti i costi, con accostamenti improbabili e poco efficaci.
Al di là comunque di questa eccezione, fortunatamente i piatti presenti erano davvero interessanti e quelli che ho più gradito sono stati i seguenti, premettendo che non ho assaggiato evidentemente tutto quello che la fiera proponeva:

Acquolina Hostaria in Roma – Chef: Giulio Terrinoni
Torta di gaspè (baccalà) e patate con bagna cauda moderna
(baccalà morbidissimo e salsina deliziosa)


Ristorante Metamorfosi – Chef: Roy Caceres
Riso-rosso-cremoso, Fassona di Optima carne, blu del Monviso
(piatto molto equilibrato, cremoso, con tante piacevoli sensazioni gustative e consistenze; la carne si scioglieva in bocca…)



 

Glass Hostaria – Chef: Cristina Bowerman
Panino artigianale con maionese al passito e fegato grasso. Patatine fritte e ketchup al mango
(panino goloso, succoso, con ingredienti di grande qualità; molto sfiziose le salsine)

All’Oro - Chef: Riccardo Di Giacinto
Raviolini di mascarpone con ragout di anatra e riduzione di vino rosso
(ragù molto ricco e grasso, nel senso buono del termine, che ben si sposava con la freschezza del mascarpone)

Anche la cucina di un altro chef emergente (Luciano Monosilio del Pipero al Rex) è stata da me molto apprezzata in sede di presentazione dell’azienda Brunelli che produce il mitico Pecorino Romano Dop dalla scorza nera, così ben noto ai romani, ma anche la ricotta romana Dop, insieme ad altri formaggi pecorini molto gustosi e versatili.



Lo chef ha preparato con un ottimo pecorino romano giovane di 12 mesi dell’azienda di cui sopra un piatto che mi è piaciuto molto. Dei fagottini fatti con farina di castagne ripieni di patate e castagne e conditi con acciughe, pecorino giovane e tuorlo d’uovo grattugiato (cotto a 65°C, poi congelato e grattugiato). Un piatto davvero notevole, sia dal punto di vista gustativo che cromatico!



 
Garantisco che presto proverò a riprodurre a casa questo piatto, magari modificato e rivisitato come spesso mi accade di fare…