Il mare, il buon bere, il mangiare bene e...chi più ne ha, più ne metta

31 maggio 2013

Il mito del Muro di Geraardsbergen

 
La scorsa settimana sono stato nelle Fiandre per un weekend molto divertente all’insegna del ciclismo e della buona cucina, due mie grandi passioni come sapete.
L’occasione erano i festeggiamenti per i cent’anni di una gara-monumento del ciclismo professionistico internazionale che è il Giro delle Fiandre, che si tiene ogni anno più o meno ad inizio primavera ed in occasione delle prime gare ufficiali della stagione ciclistica.
E’ una “classica” che prevede un lungo percorso caratterizzato, in numerosi tratti, dai cosiddetti “muri” (berg in fiammingo) e cioè salite non eccessivamente lunghe, ma dalle forti pendenze, spesso e volentieri in pavé sconnesso ed irregolare.

Un tratto di muro di Geraardsbergen "by night"
E’ una gara tra le mie preferite perché chi vince è davvero un eroe, superando oltre ad ostacoli climatici come la pioggia, il vento, il freddo, il fango anche queste durissime asperità, spesso situate su stradine strette di campagna, che a volte costringono i ciclisti a scendere dalla bicicletta e a “mettere i piedi per terra”.
In occasione del Giro delle Fiandre lungo tutto il percorso si assiepano tantissimi tifosi belgi e fiamminghi per cui il ciclismo è un’autentica religione ed una festa, ma anche tanti fan del ciclismo di molte altre nazioni. L’Ufficio del Turismo delle Fiandre ci ha regalato un libro fotografico che si chiama “Supporters” che narra bene, con le immagini, quella che può essere la passione per il ciclismo per il popolo delle Fiandre e tanti appassionati come me. Nel libro si “legge” nei volti della gente l’attesa del passaggio dei corridori (il “prima”), la forte emozione del “durante”, il bagaglio di colori e di sensazioni accumulato del “dopo”.
Molti hanno definito le corse ciclistiche del Nord Europa come l’Inferno del Nord proprio perché si tratta di impegni durissimi e uscire vincitori da queste gare è appannaggio soltanto dei veri campioni. Chi vince il Giro delle Fiandre non può essere che un campione.
Il nostro Fiorenzo Magni (da poco purtroppo venuto a mancare) vinse questa gara per ben tre anni consecutivi, cosa mai successa nel relativo albo d’oro, e fu per questo definito il Leone delle Fiandre.
 
 
 
Ma ci sono altri famosi campioni (Boonen, Cancellara, Museeuw, Van Petegem) che hanno nel loro palmarès questa dura gara e che sono orgogliosi di averla vinta.
Uno dei “muri” più mitici della corsa è quello di Geraardsbergen (o di Grammont in francese) che è posto a circa 15 km dall’arrivo, che avviene nella bella cittadina di Oudenaarde, di cui vi parlerò nei prossimi post.
Chi transita per primo da solo su questo muro, ha grande probabilità di vittoria della corsa, perché dopo di esso non vi sono più grosse e serie difficoltà di percorso.
Sul muro di Geraardsbergen ci sono stato tanti anni fa, non in occasione della gara ma per capire, percepire ed ammirare la sua terribile pendenza, oltre che per gustare le ottime specialità della zona, le matten taarten (torte di pasta sfoglia ripiene di caglio di latte).
Ci sono tornato la scorsa settimana quando per i festeggiamenti dei 100 anni della corsa lungo tutto il percorso del muro ed in cima ad esso si è svolta la manifestazione “Muro e Mito”.
Con il nostro gruppo a piedi abbiamo percorso le rampe del “muro”. Quanto sarebbe stato duro percorrerlo in bici! Ma la nostra “scalata” è stata molto più piacevole, perché durante il percorso ci siamo fermati a fare fotografie, a bere della buona birra (quella “Van der Muur”) in alcuni stand, a sentire concertini improvvisati, a mangiare le già ricordate matten taarten.



Sui ripidi tratti in pavé abbiamo poi ammirato le sagome colorate dei corridori, riproducenti a grandezza naturale i ciclisti-giocattolo in plastica che un tempo i bambini fiamminghi trovavano nelle scatole di detersivi e che collezionavano con passione.  
 


Tra l’altro questi ciclisti colorati si possono “incontrare” in vari luoghi e lungo gli itinerari del Giro delle Fiandre. Info al riguardo le trovate qui.
Ma torniamo al nostro mitico muro. Giunti quasi in cima, c’è un interessante pub/ristorante ciclistico intorno al quale si leggono informazioni sulle pendenze medie e massime del muro (si arriva ad oltre il 20%!) e sul Giro delle Fiandre (faccio notare anche che lì davanti, il giorno che ci sono stato, si cucinava anche della interessantissima carne alla griglia!)
Dal pub in su, inizia il tratto finale del muro, chiamato Kappel Muur cioè Muro della Cappella, a ricordare che in vetta ad esso si trova una chiesetta molto graziosa e minuscola.


E’ proprio nella zona intorno a questa cappella che si è tenuto uno splendido spettacolo di luci, suoni e immagini dedicato al forte legame tra il Giro delle Fiandre e il muro di Geraardsbergen, protagonista del Ronde van Vlaanderen dal 1950 e teatro di molte battaglie sportive leggendarie.
 


Gli effetti speciali, soprattutto di luce, hanno conferito ad una serata già piovosa, nuvolosa e tormentata un che di misterioso e di magico: uno spettacolo davvero ineguagliabile con fuochi di artificio molto coreografici a chiudere la serata. 


Last but not least, nelle vicinanze del Muro di Geraardsbergen segnalo un ottimo ristorante presente anche nella Guida Michelin ed il cui chef è stato designato Bru Lady Chef of the Year 2013.

 

 Nella cena che ha preceduto lo spettacolo serale presso il Muro di Grammont abbiamo degustato un ottimo salmone selvaggio marinato con ravanelli rossi e formaggio alle erbe fini, una gustosa tagliata di carne con patate, cetrioli, cavolfiori e una superba mostarda all’antica e uno sfizioso dolce di fragole all’arancia, balsamico e gelato al basilico…
 
 
Il tutto innaffiato dai vini sudafricani dell’azienda Stellekaya di cui ho particolarmente apprezzato un Cabernet Sauvignon in purezza del 2005.
Un degno completamento ad una giornata e serata magica!

29 maggio 2013

Winery with a kitchen/2

 

La settimana scorsa si è nuovamente tenuta presso il Grand Hotel St. Regis di Roma una bella serata dedicata all’abbinamento di grandi vini con dei grandi piatti, provenienti da altrettanto grandi chef.
Il primo evento nell’ambito del progetto denominato “Winery with a kitchen” si era tenuto nel mese di marzo ed aveva riguardato i vini dell’azienda Feudi di San Gregorio, abbinati con i piatti dello chef stellato Paolo Barrale del ristorante Marennà (qui 
la mia recensione).
Il secondo appuntamento del 2013 ha invece avuto come protagoniste le bollicine di un‘importante azienda vinicola come le Cantine Ferrari, con in abbinamento gli ottimi piatti di un altro chef stellato, Alfio Ghezzi, del ristorante di casa Ferrari, la Locanda Margon.


Il menù è stato comunque concepito "a quattro mani" con il bravo Executive Chef Francesco Donatelli del Ristorante Vivendo del St.Regis.
La serata è cominciata con degli ottimi aperitivi con cui lo spumante delle Cantine Ferrari si abbinava perfettamente, in modo particolare il Perlé. Un aperitivo consumato piacevolmente anche presso la cantina dell’hotel, ricca di importanti bottiglie e con angoli appartati dove bere in tranquillità e nel giusto ambiente un buon bicchiere.

 

Tra gli aperitivi ho particolarmente gradito delle mozzarelline in carrozza servite simpaticamente su delle capsule di spumante, ma anche i sandwich croccanti e sottili di polenta con all’interno una crema di un formaggio tipico, il casolet; e poi, tra gli altri, la tartare di salmone e pere ed il cannolo di sesamo. 
 
In una bella saletta appartata, dove tutti i foodblogger si sono “scatenati” con foto e “twittate” in tempo reale, è poi cominciata la cena vera e propria, che è stata come al solito di gran classe.
L’antipasto firmato Alfio Ghezzi è stato a mio avviso il piatto migliore della serata. Si trattava di un “Merluzzo sfogliato, vichyssoise e zuppa al Perlè” un piatto che visto in fotografia (molto sul bianco, con praticamente nessun contrasto cromatico) non rende assolutamente l’idea della sua estrema bontà. Delicato, morbido, elegante grazie alla presenza nella zuppa, sapida al punto giusto, dello spumante Perlé, che nella versione 2006 era anche il vino che accompagnava la portata. Un piatto anche molto equilibrato e che ha fortemente tentato i presenti di azzardare una “scarpetta”.


Un altro piatto proposto dallo chef trentino è stato un primo, decisamente a base di patate: “Gnocchi di patate, con cremoso di patate e salmerino, polvere di patate viola e pancetta”. Anche questo primo meritava una lode ed il degno e perfetto abbinamento con un Ferrari Riserva Lunelli 2004.


La seconda parte del menù è stata invece di competenza dello chef Francesco Donatelli, con un secondo dal taglio senz’altro più mediterraneo e leggero: dei “Medaglioni di pescatrice su passata di carote allo zenzero, zucchine sott’olio con salsa ai vesuviani e sale di cappero”. Un piatto molto gradevole che beneficiava anche della freschezza delle carote allo zenzero, combinazione che adoro. Ed anche l’abbinamento con il Ferrari Perlè nero è risultata davvero impeccabile.


Per finire in dolcezza, una “Piccola tatin al miele millefiori e gelato al fior di latte e Ferrari”. Un gelato davvero originale ed elegante che si sposava molto bene con le altre componenti del dolce. E naturalmente anche con il delizioso Giulio Ferrari Riserva del Fondatore 2001, una bottiglia importante da grandi occasioni.
Dopo i saluti finali ai due chef ed alla loro brigata, la serata si conclude. E sto già progettando di visitare presto la bella terra del Trentino, che conosco poco, e di fare un salto alla locanda Margon, potendo così riassaggiare l’ottima cucina di Alfio Ghezzi. Una cucina che rielabora davvero con grande raffinatezza le ricette più tipiche della tradizione trentina.

23 maggio 2013

“Tre fogl’ is megl che one”

 
Come di consueto, più o meno in questo periodo dell’anno, il Gambero Rosso organizza una serata di degustazione dei migliori extravergini d’Italia (premiati con le “Tre Foglie”) presenti nella sua Guida Oli d’Italia, giunta alla terza edizione.
Il mondo degli oli extravergini di qualità è, come quello del vino, estremamente vasto e complesso, con prodotti profondamente diversi tra loro a causa delle tante cultivar locali utilizzate e delle condizioni ambientali e climatiche che conferiscono un sapore unico ai vari oli.
Nel tempo si sta assistendo ad un generalizzato aumento della qualità dei prodotti, testimoniato da un significativo incremento del numero delle aziende con oli di maggior pregio presenti nella Guida. Tutto ciò a testimonianza della crescente volontà da parte dei produttori di perseguire sempre più la strada dell’eccellenza, che è ormai lo strumento per affermarsi sui mercati, anche esteri.
La Guida degli Oli d’Italia, realizzata con la collaborazione di Unaprol, è per me uno strumento indispensabile per orientarmi tra i tanti oli extravergini prodotti in Italia nel momento in cui devo cimentarmi in gustose ricette o quando, viaggiando, sono curioso di assaggiare prodotti locali di elevato pregio. E’ quindi estremamente utile poter avere, oltre alla descrizione delle caratteristiche degli oli e delle aziende, segnalazioni dei migliori luoghi dove effettuare golosi acquisti nelle vicinanze di quest’ultime, dove mangiare, dove dormire.
Molto interessante è poi il racconto dei luoghi, degli abbinamenti ideali con i suggerimenti di grandi chef, oltre che l’analisi sensoriale sugli oli.
Nella serata di degustazione ho apprezzato molto gli oli toscani (la regione Toscana tra l’altro è quella con il maggior numero di riconoscimenti delle Tre foglie, ben 31), in particolare quelli di Buonamici, dell’azienda di famiglia della nota giornalista televisiva Cesara Buonamici, e di Carraia.
 
 
Il bel libro sulla Toscana della "collega" blogger Giulia Scarpaleggia
L’azienda Buonamici produce tra gli altri un olio monocultivar Frantoio bio dai sentori di carciofo e cardo e dal gusto equilibrato, con un finale “succoso e prolungato”.


Di Carraia ho apprezzato l’ottimo Bardi Igp Toscano che, come sottolinea la Guida, “è un blend con note balsamiche e di basilico e con un retrogusto di ortica ben delineato”.
Avendo una predilezione per gli oli del Sud, segnalo anche l’olio siciliano Libera Terra (l’azienda è nota per il recupero produttivo dei beni confiscati alla mafia) Valle del Belice Dop, ottenuto con olive Nocellara del Belice, dai sentori agrumati e dal sapore (piccante ma mai invadente) che evoca il mandarino e il pomodoro.


Oltre ai vari oli assaggiati, ho potuto degustare anche delle ottime ricottine e mozzarelline, mentre, sempre con del buon olio, è stato offerto uno spaghetto aglio, olio e peperoncino veramente come si deve.
Una bella serata insomma ed una Guida in più da aggiungere alla mia ormai ricca biblioteca culinaria.
Un’ultima notazione sulla Guida: per la prima volta, quest'anno sono state segnalate anche le aziende che producono olive da mensa e quelle che offrono ospitalità all'interno delle loro strutture. Un’idea di vacanza all’insegna del gusto, senz’altro alternativa per molti, ma che sta quasi diventando una consuetudine per noi foodies. 


Guida Oli d’Italia 2013
in edicola e in libreria
Per ulteriori info: ufficio Stampa
Gambero Rosso® Stefania Faustinella
press.canale@gamberorosso.it 

21 maggio 2013

Spinosini a volontà allo Sheraton

 
La scorsa settimana all’hotel Sheraton di Roma Eur si è tenuta una piacevole serata all’insegna della pasta di alta qualità.
Protagonista è stata la buonissima
pasta all’uovo Spinosi che non avevo mai assaggiato, anche se ne avevo sentito parlare dallo chef Moreno Cedroni.
Cedroni è marchigiano e marchigiana è anche l’azienda che produce la pasta, un prodotto eccezionale proveniente da Campofilone, località ormai nota per i suoi maccheroncini.
Si tratta di una pasta lunga, sottile, ma caratterizzata da una buona consistenza e, a seconda delle tipologie, dal più o meno ampio diametro.



I tempi di lavorazione sono lenti, per seguire il naturale processo produttivo, limitando quindi le quantità ma esaltando al massimo la qualità.
Nella serata tenutasi presso lo Sheraton, come al solito ottimamente organizzata da Carlo Vischi, abbiamo assaggiato questa pasta declinata in tante gustose preparazioni, dall’antipasto al dolce (avete capito bene, anche al dolce!).
Una serata svoltasi, nel bel contesto di questo albergo molto elegante, a bordo piscina per l’aperitivo e all’interno, con gradevole musica di sottofondo, per la degustazione dei tanti e gustosi piatti offerti.


Questi ultimi sono stati sapientemente preparati dallo chef stellato Errico Recanati del ristorante Andreina di Loreto e dall’executive chef dello Sheraton Roma Donato Savino.

Lo chef Errico Recanati del ristorante Andreina di Loreto
Ottimi in particolare gli spinosini con prosciutto e limone e quelli alla gricia (mantecati nella forma di pecorino...) con crema di fave.
 
 
 

Buonissimi anche quelli con burro, olio e tartufo. Quest’ultimo prodotto, di gran qualità, è stato fornito dall’azienda Angellozzi.


I piatti offerti sono stati ottimamente accompagnati tra gli altri dai vini dell’azienda Colonnara, mentre in alcune preparazioni sono stati utilizzati anche i buonissimi prodotti (gelatine, confetture, sott’oli, ecc.) dell’azienda agricola SIGI. Ottima ad esempio la confettura di pomodori verdi, con un profumo e un sapore che fanno avvertire la freschezza del pomodoro e lasciano al palato un gusto dolce di frutto maturo.
Grande serata quindi allo Sheraton, frequentata da tanti giornalisti e foodblogger, ma la mia ottima esperienza con spinosini “e dintorni” ho voluto farla proseguire anche a casa. Alcuni giorni dopo, ho utilizzato delle “spinosine” un prodotto nato in onore di Emma, la prima nipotina di Vincenzo Spinosi. Si tratta di una specie di chitarra schiacciata, che come forma ricorda il tagliolino ma è più spessa. E’ una pasta che va condita con sughi leggeri, per non coprire il sapore delicato della pasta.
Ho allora preparato come condimento una semplice salsa di pomodoro e basilico, anche perché come al solito il tempo a disposizione non è mai troppo, e ne è venuto fuori un piatto straordinario.
Non posso quindi che ribadire quello che ho già scritto su twitter qualche giorno fa: anche un piatto semplice acquista nobiltà con gli spinosini e con degli ingredienti di grande ed alta qualità.

Ed ora metterò alla prova gli spinosini con del pesce: presto vi aggiornerò sui miei esperimenti!

15 maggio 2013

Bruschetta datteri e datterini


Bello il gioco di parole, eh? Ma anche l’abbinamento gustativo, vi assicuro.
Con i tanti datteri algerini di Tolga che ancora ho a disposizione sto cercando di creare delle belle ricettine e questa è senz’altro una di queste.
Questa volta ho deciso di preparare una bruschetta veloce e gustosa, sicuramente un po’ atipica e in qualche modo esotica.
Ecco come l’ho fatta: ho preso un bel quantitativo di pomodori datterini, li ho aperti in due e li ho posti su una placca da forno (su carta da forno) condendoli con: 
  • sale
  • pepe
  • olio evo
  • aglio a pezzettini piccoli
  • timo
  • datteri a pezzettini piccoli
Ho cotto il tutto ad una temperatura di 160°C per circa 45 minuti-un’ora.
Su del buon pane casareccio abbrustolito ho quindi messo i datterini conditi (nel modo descritto prima) e cotti, cospargendo il pane e guarnendo i suoi “dintorni” con il delizioso sughetto di cottura sprigionato dai datterini e dai datteri (per tacer degli altri ingredienti).
In pratica si tratta di bruschette con dei pomodori confit, la cui componente dolce è data in questo caso dai datteri, che in cottura conferiscono una bella caramellizzazione ai pomodori.
Ne è venuta fuori una bruschetta gustosissima, succosa che ha stupito davvero i miei ospiti. Anche voi lo siete? Forse sì. Chi è ancora scettico, provi questa ricetta e mi faccia poi sapere. Attendo con impazienza un vostro riscontro. A' la prochaine ;)

10 maggio 2013

Napoli in rosa

 
Una tappa del Giro d’Italia nella città dove sono nato è per me proprio il massimo, visto che si uniscono due forti mie passioni, quella per il ciclismo e per Napoli. Quest’anno ciò è avvenuto, in uno scenario oltretutto davvero suggestivo e con un tempo splendido: un caldo sole ed un mare calmo che brillava e luccicava come non mai.


Come ho più volte detto, la passione per il ciclismo mi porta spesso a scoprire posti incantevoli e, anche se Napoli per me non è certo una città sconosciuta, ho potuto apprezzare ancora una volta le sue bellezze. E poi non vado spesso sul lungomare di Napoli perché i miei parenti abitano in collina, al Vomero, e quindi il mare di Napoli lo vedo spesso solo dall’alto. In questo senso, il lungomare per me è quasi una novità…
Quei lunghi rettilinei dove sfrecciavano i ciclisti con di fronte il mare, Castel dell’Ovo, le isole e qualche barchetta a vela conferivano al tutto uno scenario da sogno. 


Erri De Luca, di cui sto leggendo un suo bel libro, “Napòlide”, dice che per dimenticare Napoli occorre darle le spalle sul lungomare, dove “smetteva lei e cominciava l’aperto, il largo delle onde”.
Ma sabato scorso di onde non c’era traccia e la gente faceva anche il bagno, incurante della folla che a pochi metri di distanza ammirava i numerosi e fuggevoli passaggi dei corridori su Via Caracciolo.
 
 
Il passaggio della carovana è sempre emozionante, anche se in effetti è davvero contenuto in un istante, soprattutto nelle tappe più veloci.


Il vincitore, l’inglese Mark Cavendish, nella sua intervista del dopo gara ha subito colto due caratteristiche di questa città: “che caldo che faceva, anche troppo” e poi “ora voglio solo andare a mangiare una pizza da San Michele” (speriamo che si accorga che la pizzeria si chiama da Michele, senza il “San”).
 
 

Di solito i miei “giri al Giro” hanno sempre un’appendice gastronomica. Anche in questa occasione non è mancata. Una buona tappa (è il caso di dirlo ;-) per chi si trova vicino al lungomare va assolutamente fatta alla Caffettiera a Piazza dei Martiri dove ho mangiato un buono sformato di bucatini alla genovese, anche se inferiore alle alte attese che avevo dopo aver letto questo articolo;
 
 
un ottimo babà dal Gran Caffè Cimmino è vivamente consigliato, come pure della buona cioccolata dallo storico Gay-Odin  che ho scoperto essere anche gelateria.


Tramite una simpatica follower di twitter ho poi conosciuto un nuovo locale molto sfizioso e da segnalare (non l’avrei mai scoperto senza di lei!): una bakery americana veramente carina e di classe, con una variegata offerta di dolci, brioche, torte, muffin e molto altro, veramente golosi e da poter consumare in diversi momenti della giornata.
A quasi una settimana dalla tappa di Napoli che ha inaugurato il Giro, intanto, il Napoli calcio è approdato in Champion’s League. Chissà se Cavani 
l’anno prossimo rimarrà a mangiare queste bontà in questa città o le rimpiangerà da qualche altra parte d’Italia o del mondo….

6 maggio 2013

Presentazioni ed inaugurazioni a Roma


Nella settimana appena trascorsa nella mia città ho preso parte a due eventi interessanti.
Il primo, più recente, ha riguardato la presentazione del libro sul grande Luigi Veronelli dal titolo “La vita è troppo corta per bere vini cattivi” da parte degli autori Gian Arturo Rota e Nichi Stefi, profondi conoscitori anche dell’uomo Veronelli. La presentazione ha avuto luogo all’hotel Columbus a due passi da San Pietro e il successivo aperitivo nello splendido scenario del ristorante La Veranda, questa volta nel suo incantevole giardino.


Pur portando molto rispetto per questa illustre figura del mondo enogastronomico che anche i francesi ci invidiavano, non conoscevo quasi per nulla Veronelli. E’ stato quindi per me molto istruttivo ascoltare la bella presentazione di questo libro, ricca di aneddoti e di frasi celebri di questo personaggio, che hanno contribuito a farmi fare un’idea più precisa della sua personalità.
Veronelli era molto umile, ma al tempo stesso molto deciso e netto quando doveva dire la sua su qualche argomento; rispettava tantissimo il lavoro nei campi, la fatica di chi produce vino e “la terra”, per la quale quasi valeva la pena di scrivere un libro di tante pagine utilizzando solo questo termine…
La presentazione (ed il libro quindi) delineano un uomo egocentrico e generoso, istintivo e razionale e quindi complesso.
Mi ha colpito l’amore che traspariva da tutte le persone (oltre agli autori) che di lui hanno parlato anche in sala, portando alla conoscenza di tutti ancora una volta storie, aneddoti, curiosità e rapporti con altre illustri personalità del mondo enogastronomico con cui Veronelli ha avuto a che fare.
Avrei voluto anche io fare una domanda sul rapporto tra Veronelli e un altro grande, Gianni Brera, e sono sicuro che gli autori avrebbero potuto dedicare quasi una conferenza a parte per rispondere a questa domanda (tra l’altro i due scrissero un libro insieme che si chiama “La Pacciada” che devo assolutamente leggere!).
Tutte queste cose vengono ben raccontate nel libro in questione su Veronelli in un ordine, quello alfabetico, che era l’unica regola mai infranta dal Grande Luigi.

Luigi Veronelli. La vita è troppo corta per bere vini cattivi
Autori: Rota G. Arturo; Stefi Nichi
Editori: Giunti Editore-Slow Food Editore
320 pagg., 16,50 euro


Il secondo evento di cui vi volevo parlare riguarda un’inaugurazione. Lunedi scorso ha aperto al pubblico un nuovo locale, di fronte alla metro B di San Paolo. Un locale sfizioso, che prende il nome di La Taverna del West, dall’ambiente appunto a tema western, con arredi tex-mex, tavoli in legno massiccio, luci calde e grandi botti di whisky; nel locale inoltre figurano persino le tende degli indiani, una diligenza e la prigione. In sala, inoltre, si è serviti da … cowboy con tanto di cappellaccio…

 
Il locale è una steak-house dove la carne di manzo (italiano al 100%) è protagonista, con arrivi giornalieri di bistecche danesi, filetto argentino, pollo e maiale nostrani. Senza dimenticare hamburger, cibo messicano e golosi dolci.

 
A La Taverna del West si cena e si pranza ogni giorno, si organizzano eventi a tema e la location si presta molto bene per feste private.

La Taverna del West
Via Giustiniano Imperatore, 3-5-7
00145 Roma
Tel. 06 59605325