Il mare, il buon bere, il mangiare bene e...chi più ne ha, più ne metta

30 settembre 2010

Signore e signori, vi presento i cjalsons

Non partecipo tanto di frequente ai “blog events” sia perché non ho molto tempo, sia perché spesso impongono obblighi che non sempre posso o mi va di rispettare.
Ma quando l’amica blogger Rossella mi ha proposto di partecipare a quello dei cjalsons, non ho esitato ad accettare, visto che si tratta di un piatto della tradizione che io “tutelo” molto nel mio blog e anche perché non conoscevo i cjalsons e volevo apprezzarli più da vicino.
L’idea di questo evento è nata quando Rossella ha letto la biografia e l’opera di Gianni Cosetti (qui e qui trovate alcune informazioni su di lui) cuoco di Carnia (regione montuosa del Friuli) che negli anni Ottanta e Novanta si guadagnò una stella Michelin con il suo Ristorante Roma di Tolmezzo. Già allora lui si impegnava nel recupero delle tradizioni e dei prodotti locali. Ammirando l’opera di Gianni Cosetti ed essendo nata e vissuta in Friuli per 25 anni, Rossella ha pensato quindi di organizzare questo evento per far conoscere Cosetti ed il Friuli.
Ma cosa sono questi cjalsons? Come scrive Rossella, i cjalsòns sono uno dei piatti tipici della regione Friuli Venezia Giulia e sono una sorta di ravioli o agnolotti, adattati a gusti locali e ricchi di ingredienti particolari e non usuali per i classici ravioli.
Tra le varie ricette di cjalsons tra cui potevo scegliere, ho scelto una ricetta “salata” perché tutti voi sapete che amo molto di più i cibi salati che quelli dolci.
E’ stata una bella esperienza cimentarmi nella realizzazione di questa ricetta che tutto sommato è facile da eseguire. Ecco dunque come si fanno i Cjalsòns rustìcs (agnolotti rustici), frutto di una ricetta tipica rivisitata:
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Ingredienti:

per la pasta:
300 gr di patate
200 gr farina 00
1 uovo
noce moscata
1 ciuffo di prezzemolo
sale

per il ripieno:
100 gr di polmona fresca affumicata o salsiccia (io ho utilizzato la salsiccia per motivi di disponibilità)
½ bicchiere di vino bianco
1 uovo sbattuto

per il condimento:
200 gr di ricotta fresca
2 dl latte
pepe in grani

Preparate la pasta lessando le patate ben lavate con la buccia, pelatele, passatele al setaccio e lasciatele raffreddare, quindi impastatele con l’uovo, la farina, la noce moscata ed il prezzemolo e il sale.
Per fare il ripieno, rosolate in un tegame la salsiccia sbriciolata, bagnatela con il vino bianco e lasciate evaporare. Una volta raffreddata, aggiungere l’uovo ed impastare bene.
Stendete la pasta sottile sulla spianatoia infarinata e badando che non si attacchi. Tagliate dei dischi di 6 cm di diametro, quindi ponete al centro di ognuno un cucchiaio di ripieno.
Ripiegate i dischi e richiudeteli bene premendo i bordi. Cuoceteli in acqua bollente salata per alcuni minuti, quindi scolateli.
A parte preparate una crema tiepida frullando la ricotta col latte caldo; versate su ogni piatto questa salsa, sei cjalsòns caldi e spolverate con pepe appena pestato grossolanamente nel mortaio (io ho aggiunto normale pepe di mulinello).
Gli adattamenti personali che ho portato alla ricetta non ci sono praticamente stati, perché amo seguire per filo e per segno le ricette tradizionali, cercando di arrivare a qualcosa che ricordi il più possibile la vera preparazione. Ho solo ritagliato dei dischi di pasta di diametro più ampio perché disponevo di utensili di quella sola grandezza. I cjalsons, conseguentemente, sono venuti forse più grandi. Ho aggiunto inoltre la salsa di ricotta sopra i cjalsons per condirli meglio (dalla foto si intravedono comunque).
Di questa preparazione ho apprezzato molto:

- l’aggiunta del prezzemolo e della noce moscata all’impasto dei cjalsons;
- l’aromaticità della salsiccia grazie all’aggiunta del vino;
- il suo ideale abbinamento con la salsa a base di ricotta e con il pepe.

Un bel piatto davvero, quindi, che si sposa molto bene con le temperature più fresche di inizio autunno, che sta appena cominciando e che ci attende con tanti bei prodotti di stagione.

23 settembre 2010

Les poireaux, perché no?

I porri (poireaux in francese) sono per me il simbolo della casalinga francese che va a fare la spesa al mercato. Se ci fate caso, dal sacchetto della spesa di ogni massaia in Francia spunta sempre un ortaggio lungo, dalle estremità verdi che è proprio il porro.
Il porro in Francia è diffusissimo ed utilizzatissimo in cucina, per prepararci potages, zuppe, frittate, torte rustiche, tutte secondo me buonissime ed aromatiche. In Italia è sicuramente molto meno conosciuto ed utilizzato, almeno nel Centro-Sud. Ed è un peccato perché è un prodotto che merita davvero un’adeguata valorizzazione.
Oggi ho scelto allora di utilizzarlo in un magnifico risotto, abbinandolo ad un altro prodotto che adoro: la provola (che invece è ben diffusa nelle nostre regioni meridionali).
Allora, ecco come ho preparato questo bel risottino:
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Ho fatto innanzitutto un buon brodo vegetale e l’ho filtrato.
Ho fatto poi appassire in del burro misto ad olio extravergine e a poco brodo un porro tagliato a rondelle, precedentemente lavato. Quando il porro ha cominciato ad appassire, ho aggiunto del buon riso per risotti (Vialone Nano o Carnaroli, ad esempio) e l’ho fatto tostare. Ho poi sfumato con del vino bianco secco e successivamente ho aggiunto poco a poco dei mestoli di brodo, come per un normale risotto.
Portato a cottura il riso, e aggiustando di sale, ho spento il fuoco ed ho aggiunto del burro e del parmigiano per mantecare. Solo successivamente, ho aggiunto della provola tagliata a cubetti, mescolando per bene. Ho infine impiattato, guarnendo il risotto con del prezzemolo tagliato grossolanamente.

Ne è venuto fuori un ottimo risotto, ma le “prove” con i porri non finiscono qui: seguitemi e vedrete quali altre ricette sfiziose vi preparerò (ve ne darò anche una semplice, tratta nientepopodimenoche da un bellissimo libro di Hemingway!). Se comunque voi avete suggerimenti golosi su utilizzi vari del porro, sono tutt’orecchi….

18 settembre 2010

Capperi, che capperi!

L’estate che sta per finire mi ha portato in luoghi del Mediterraneo dove la pianta del cappero cresce alla grande.
E’ una pianta molto bella, secondo me, che si trova spesso spontanea su muretti, scogli o comunque su substrati calcarei. I capperi che noi mangiamo sono i boccioli della pianta, mentre i frutti sono detti cucunci e sono ottimi come aperitivo.
Ho incontrato durante le mie vacanze la pianta del cappero ad esempio alle isole Tremiti, in cima ad una delle isolette che compongono l’arcipelago (San Nicola) da cui si vede un panorama mozzafiato, in particolare dal Santuario di Santa Maria a Mare.

O sugli scogli vicino al mare dell’isola d’Ischia. I capperi delle isole sono unici. Il loro sapore si arricchisce di salsedine, di vento e di mare. Inimitabili, ad esempio, sono i capperi siciliani, come quelli di Pantelleria o di Salina.
Ad Ischia mi sono addirittura “approvvigionato” di una piantina di capperi “coltivata”, da tenere nel mio balcone. .


Sopravviverà (spero) all’inverno, ma poi mi auguro si sviluppi nella prossima primavera-estate… Il cappero infatti vive di pochissima acqua e di forte caldo.
Utilizzi culinari del cappero? Infiniti….Io lo uso tantissimo nella mia cucina.
Questa volta vorrei proporvi una preparazione sfiziosa (trovata in rete) che è un pesto di capperi preparato secondo una ricetta eoliana che prevede anche l’utilizzo della menta e dell’aglio.
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Ecco gli ingredienti (quasi tutti utilizzati in dosi “ad occhio” con una prevalenza dell’uno o degli altri a seconda dei gusti):

Olio extravergine
Parmigiano reggiano
1 cucchiaio di capperi
Menta, basilico (aggiunta mia) e poco prezzemolo
Uno spicchietto di aglio
Poco tonno in scatola
Qualche goccia di limone (altra aggiunta mia)

Passare tutti gli ingredienti al mixer (se il risultato è troppo sapido aggiungere dell’acqua di cottura non salata) e condire la pasta cotta al dente (senza o con poco sale) con questo pesto. Un piatto decisamente mediterraneo, con i vari ingredienti che si bilanciano ed equilibrano in modo perfetto.

Ps: a proposito di capperi, in qualche menù di alcuni ristoranti ho visto (ma mai assaggiato) qualche volta risotti o paste con capperi e cacao: che ne pensate di questo abbinamento? Io non mi sbilancio perché, non avendoli assaggiati insieme, non posso dare giudizi. Voi avete avuto esperienze in merito?

12 settembre 2010

Un Eden a Ischia

Una “giornata estiva-tipo” ad Ischia non può non iniziare con una bella colazione da Calise. Calise è un’istituzione ad Ischia. E’ un fantastico bar-pasticceria-tavola calda-rosticceria dove si mangiano golosi cibi dolci e salati.
A colazione, di solito, prendo il mitico cornetto, quello classico, con crema e amarena.
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E’ attualmente il cornetto più buono in circolazione (non solo ad Ischia), anche se in questa splendida isola uno più buono l’avevo assaggiato in un bar molto più anonimo e in una via meno centrale. Poi questo bar ha chiuso e la palma di miglior cornetto spetta ora quindi a quello di Calise.
Di solito mangio il cornetto accompagnato con un latte freddo, macchiato da granità di caffè: una squisitezza! Ma di Calise occorre segnalare anche le ottime brioches stile siciliano (quelle col “cappello”) e delle profumatissime e tiepide madeleines.
Dopo la colazione e una bella passeggiata nelle sfiziose viuzze di Ischia Porto, dove si viene tentati da eleganti negozietti e da prodotti della campagna offerti sui muretti da contadini di altre zone dell’isola, in un attimo arriva l’ora di andare al mare.
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Una delle tante soluzioni balneari è prendere da Ischia Ponte (non lontana da Ischia Porto) una barchetta (taxi-boat) per arrivare in pochi minuti ai giardini dell’Eden, una struttura molto bella dove si possono fare degli stupendi bagni di mare, nello splendido scenario degli scogli di Sant’Anna o delle rilassanti immersioni in confortevoli piscine termali.
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Il complesso ha anche degli appartamenti (pochi) dove poter dormire e soprattutto un ristorante molto bello e con piatti davvero buoni.
Il ristorante è bello anche perché è ben arredato con mille accessori che ricordano il mare (nasse, barche, reti da pesca, ecc.) con una vista sul mare e sul Castello di Aragona mozzafiato.
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I piatti della cucina marinara offerti sono cucinati poi con grande maestria dallo chef Ciro Calise.
Per non mangiare troppo, in vista di un bel bagno pomeridiano, consiglio vivamente di mangiare il rotolo di melanzane, un piatto che rivisita in chiave più estrosa la parmigiana di melanzane.
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E’ un rotolo di melanzane croccante all’esterno con all’interno mozzarella e basilico su un letto di salsa di pomodoro e su una pioggia di parmigiano reggiano grattugiato: davvero un piatto mitico!
Dopo il mare e tornando ad Ischia Ponte, perché non fare un salto al panificio Boccia dove mangiare del pane caldo “cafone” appena sfornato da un bel forno a legna?

5 settembre 2010

Stessa spiaggia, stesso mare

Anche quest’estate sono stato ad Ischia dove, quando non voglio troppo allontanarmi dal mio albergo, vado al mare solitamente al “Bagno Ricciulillo”.
Il bagno Ricciulillo si trova ad Ischia Porto e non è uno stabilimento balneare molto spazioso, ma l’ambiente è simpatico, il mare è discreto ed è un posto dove trovo svariati parenti ed amici.
In questo stabilimento c’è anche un bistrot-ristorante dove poter mangiare uno spuntino a pranzo.
Adoro la cucina degli stabilimenti balneari, quasi sempre ottima, piena di gustosissime e profumatissime materie prime locali, con quel tocco, quella sfumatura, quel quid qualitativo, quel savoir-faire in più rispetto a qualsiasi altro ristorante che offre piatti a base di pesce.
Ebbene, questo ristorante-bistrot è proprio l’emblema del ristorante SUL mare, con simpatiche ragazze che servono ai tavoli manicaretti a base di pesce che solo la cucina isolana sa regalare, grazie anche all’unicità dei prodotti locali utilizzati, come i pomodorini prodotti nelle minerali e vulcaniche terre ischitane, pieni sole e di dolcezza.
Durante la mia permanenza ad Ischia, ho mangiato qualche volta in questo stabilimento per me “familiare”. Segnalo in particolare un superlativo spaghetto ai frutti di mare
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o una croccante e digeribilissima frittura di pesce, servita con una deliziosa salsina rosa e naturalmente con un po’ di limone, prodotto tipico della vicina Procida.
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Ma i piatti offerti sono davvero tanti e tutti buonissimi. Per maggiori dettagli, date un’occhiata qui.
Dopo una fritturina leggera, un paio di ore per digerire e poi…ancora un tuffo nel mare blu (o dove il mare è più blu…).