Le franc buveur

Il mare, il buon bere, il mangiare bene e...chi più ne ha, più ne metta

26 ottobre 2025

LU: la dolce storia della biscotteria di Nantes

Durante il mio approdo a Nantes la scorsa estate ho potuto gradualmente scoprire, oltre a una città frizzante e sfiziosa, anche la storia del glorioso biscottificio LU.

Una celebre azienda che si trovava in una zona centrale di Nantes, lungo i quai della Loira e di fronte al famoso castello, che oggi ha lasciato il posto ad un centro culturale. La storica fabbrica LU ha chiuso infatti i battenti nel 1989, ma il suo spirito vive ancora. Dal 2000, l’edificio è stato trasformato in un centro di cultura d’avanguardia che ospita spettacoli, mostre, concerti, un bar, un ristorante, una libreria e persino un hammam. Il suo nome è ora Le Lieu Unique, mantenendo quindi sempre le stesse iniziali LU.

E la torre LU, restaurata nel 1998 ed edificata a suo tempo per fini pubblicitari, è oggi uno dei simboli architettonici della città. Il Lieu Unique è diventato un punto di riferimento per la vita culturale della città, mantenendo viva la memoria della biscotteria attraverso eventi e iniziative artistiche.

Ma riavvolgiamo il nastro e ripartiamo dalle origini di questa biscotteria-pasticceria.

La sua storia (il nome deriva dalle iniziali dei cognomi dei fondatori: Lefèvre e Utile) inizia nel 1846 a Nantes, quando Jean-Romain Lefèvre, originario di Varennes-en-Argonne, si trasferisce in questa città per aprire una pasticceria. Insieme alla moglie Pauline-Isabelle Utile, fonda la "Fabrique de biscuits de Reims et de bonbons secs", che diventerà presto celebre per la qualità dei suoi prodotti artigianali.

Nel 1882, il figlio Louis Lefèvre-Utile prende le redini dell’azienda e avvia la produzione industriale. Nel 1886 nasce il celebre Petit Beurre, un biscotto che diventerà il simbolo della marca.

Nel corso del XX secolo, LU si afferma come leader nel settore dei biscotti in Francia e all’estero. L’azienda si distingue non solo per la qualità dei suoi prodotti, ma anche per l’attenzione alla pubblicità, collaborando con artisti come Alfons Mucha e Firmin Bouisset per creare campagne divenute molto note.

Negli anni ’60, LU venne acquisita da importanti colossi dell’agroalimentare, mentre oggi il marchio appartiene a Mondelēz International, che continua a produrre i biscotti LU in uno stabilimento moderno a La Haye-Fouassière, vicino Nantes.

E la produzione dei biscotti LU continua con grande successo. Il Véritable Petit Beurre è ancora uno dei prodotti di punta, con 5.000 tonnellate vendute nel 2023. L’azienda si sta attualmente orientando verso la sostenibilità della sua produzione, introducendo confezioni in carta per ridurre l’uso di plastica e lanciando iniziative per una coltivazione biologica del grano.

LU detiene oggi tra il 25% e il 30% del mercato francese dei biscotti, ed è presente in oltre l’86% dei nuclei familiari. La sua strategia combina tradizione, innovazione e responsabilità sociale.

La forma del Petit Beurre LU è un piccolo capolavoro di simbolismo quotidiano. Louis Lefèvre-Utile, il creatore del biscotto, volle trasmettere un messaggio molto preciso: che il suo prodotto potesse essere gustato in ogni momento dell’anno e della giornata.

Ecco cosa rappresentano i dettagli della sua forma:

 

Elemento del biscotto

Significato simbolico

4 angoli pronunciati

Le 4 stagioni dell’anno

52 dentellature esterne

Le 52 settimane dell’anno

24 fori centrali

Le 24 ore di una giornata

Lunghezza originale (7 cm, oggi ridotta a 6,5 cm)

I 7 giorni della settimana

Un’idea geniale che ha contribuito alla sua longevità e al suo successo.

Nel 1900, LU ricevette il Gran Premio dei Biscotti all’Esposizione Universale di Parigi. Da quel momento, il Petit Beurre divenne un’icona non solo in Francia, ma nel mondo intero. La sua ricetta, composta da soli quattro ingredienti (farina, burro, zucchero e latte), è rimasta pressoché invariata nel tempo.

A Nantes oggi è rimasta una sola delle due torri LU che furono costruite nel 1909 come totem pubblicitari per la biscotteria Lefèvre-Utile; quest’ultima commissionò la costruzione di due torri gemelle all’ingresso della sua fabbrica. L’obiettivo era anche di fornire un valore architettonico: progettate da Auguste Bluysen e Georges Lafont, le torri erano esempi di stile Art Nouveau, con motivi floreali, colori vivaci e decorazioni ispirate ai prodotti LU.

Una delle due torri fu però abbattuta nel 1974 per motivi urbanistici e di degrado in quanto dopo la Seconda Guerra Mondiale, la fabbrica LU entrò in declino, mentre l’altra è stata restaurata nel 1998 e integrata nel progetto culturale del sopracitato Lieu Unique, rappresentando un omaggio alla storia industriale e pubblicitaria della LU.

In cima alla torre si trovano una cupola decorativa in stile Art Nouveau, simbolo della rinascita culturale di Nantes, elementi architettonici originali, come motivi floreali e dorature e un belvedere panoramico che domina il canale Saint-Félix e la città.

Sulla torre LU è presente anche una struttura che rappresenta una scatola di biscotti in latta. È un elemento decorativo e simbolico, parte integrante dell’architettura originale della torre. Non si tratta di una vera confezione commerciale, ma di una riproduzione monumentale che celebra l’identità visiva del marchio LU.

La mia visita al Lieu Unique (purtroppo superficiale per mancanza di tempo) mi ha portato ad apprezzare la bellissima vista sulla Loira e sul canale, a godere della piacevolezza del posto accomodandomi al tramonto nel suo bar all’aperto (qui si può degustare anche un ottimo gateau nantais) e visitando brevemente gli interni.

E nel ritorno a casa prima di partire dall’aereoporto di Nantes non potevo non acquistare dei Petit Beurre: quanta storia, ho pensato, dietro a un semplice pacchetto di biscotti!

13 ottobre 2025

Ile de Ré, una splendida isola coté Atlantique

Nel corso dell’estate ormai (purtroppo) finita ho trascorso una piacevole settimana sulla costa Atlantica della Francia.

Volo diretto Roma- Nantes (città molto frizzante e sfiziosa di cui vi parlerò presto), sosta di un paio di giorni un po' più a sud nella bellissima Les Sables d’Olonne (sede di partenza ed arrivo del Vendée Globe) e poi approdo a Ile de Ré un paio di ore di treno ancora più giù, di fronte a La Rochelle.

Ile de Ré è collegata alla terra ferma (appunto alla città di La Rochelle) da un ponte, lungo tre km, percorribile in macchina o anche in bicicletta ed è ben servita anche da un efficiente servizio di navette che partono nelle vicinanze della stazione ferroviaria di La Rochelle e che percorrono in pratica tutta l’isola.

Il ponte visto dal bus navetta

Il nome "Ile de Ré" deriva dal termine gallico ratis, che significa "fougère" (felce), suggerendo che l’isola fosse un tempo ricoperta di felci. Esistono anche leggende e ipotesi alternative, ma questa è la spiegazione linguistica più accreditata.

L’Ile de Ré è caratterizzata da un territorio pressoché piatto, adatto ad essere percorso anche in bici, il cui noleggio (ci sono tantissimi negozietti che lo fanno) vi consiglio vivamente per scoprirla lentamente e per bene.

Nel territorio di questa bella isola ricadono una serie di comuni, tutti con delle caratteristiche specifiche e ricchi di sorprendenti scoperte. 

Saint Martin de Ré, la capitale 

Nel mio soggiorno ad Ile de Ré ho alloggiato presso un costoso hotel situato nel villaggio di Saint Martin de Ré, che dista circa un’ora di navetta da La Rochelle. Saint Martin è una località molto carina, soprattutto per il suo caratteristico porticciolo, intorno al quale si sviluppano tanti locali e ristorantini che di sera riversano le loro luci nel canale e sulle imbarcazioni, conferendo al paesino un aspetto davvero suggestivo.


E’ bello inoltre fare shopping nelle stradine che dal porticciolo si protendono verso l’alto, magari acquistando dei souvenir di conserve ittiche o prodotti di bellezza a base di latte di asina.

In questa zona infatti pascolano asini molto particolari e pelosi che vengono vestiti in “culotte” (in pratica gli si fanno indossare dei pantaloni) per proteggerli dagli insetti. Ciò ha fatto sì che gli asini così abbigliati siano diventati una vera mascotte dell’isola. Si possono incontrare nel Parc de la Barbette, dove tanti bambini e non solo possono ammirarli. I pantaloni, spesso a quadretti, sono diventati un’icona turistica, presenti su souvenir, cartoline e prodotti locali.

Saint-Martin-de-Ré è la capitale dell'isola ed è famosa per le sue fortificazioni costruite da Vauban, iscritte nel Patrimonio Unesco. Una terra testimone anche di scambi commerciali, abitata da contadini e marinai e luogo di confino, essendo stata anche colonia penale.

Scoprendo le bellezze naturali dell’isola 

Saint Martin de Ré è il punto di partenza ideale per scoprire le bellezze naturali dell'isola, uno dei suoi punti di forza.

Queste ultime si situano soprattutto intorno alla zona nord, dove si possono ammirare vigneti, pinete, saline, riserve naturali (ideali per il birdwatching), dune e sentieri costieri.

Per goderne appieno, come accennavo sopra, vale la pena di raggiungere questi luoghi in bicicletta. L’isola è famosa per i suoi oltre 100 km di piste ciclabili, che permettono di attraversare villaggi pittoreschi, spiagge e paesaggi naturali incontaminati. C’è a tal proposito un utilissimo opuscolo dell’ufficio del turismo che espone i tempi di percorrenza da un paesino all’altro in bicicletta (la distanza massima è di circa 2 ore o poco più).

All’estremo nord dell’isola è d’obbligo fare una gita al faro delle Balene nel villaggio di Saint-Clément-des-Baleines.

Un imponente faro rosso e bianco (alto 59 metri), costruito nel 1854, sul quale si può salire (dopo aver affrontato 257 gradini!) e ammirare dall’alto l’intera isola. Da lì, la vista è mozzafiato: l’oceano Atlantico, le saline, i campi, le pinete e i villaggi si dispiegano come un mosaico verde e blu.



Ai piedi del faro c’è una tranquilla spiaggia rocciosa dove rumorosi gabbiani si riposano e ripartono per la loro pesca e dove qualche visitatore si diverte a impilare sassi levigati dal mare. Con appositi binocoli si può ammirare anche il faro di Baleineaux che è molto più al largo, è più piccolo ma ancora operativo, con una portata di oltre 50 km.



Bella anche la boutique del faro con tanti interessanti libri sul mare e gadget per grandi e piccini. E’ visitabile anche una torretta risalente al 1669, voluta da Colbert, che serviva da osservatorio marittimo strategico. Ai piedi del faro vi è infine anche un parco paesaggistico all’inglese di due ettari, perfetto per una passeggiata rilassante.

Ad Ile de Ré nella parte nord est vi consiglio anche la visita all’Écomusée du marais salant nel comune di Loix. Ci sono stato in un giorno in cui ero a piedi, con la complicazione che la rete dei bus non è collegata molto bene con questo museo. La passeggiata da un punto abbastanza vicino (una mezz’ora buona di camminata solo per l’andata) però mi ha ripagato delle “fatiche”, potendo ammirare vigneti, paludi, saline, in un ambiente del tutto naturale ed incontaminato.

Il museo poi è un luogo affascinante dove natura, tradizione e cultura si intrecciano per raccontare la storia della salicoltura rétaise. Fondato nel 1997, l’Écomusée è dedicato alla conservazione e valorizzazione delle marais salants (paludi salmastre) e del mestiere del saunier, il raccoglitore di sale. È situato in un ambiente naturale protetto e offre un’esperienza immersiva nella cultura del sale. Sono esposti gli strumenti tradizionali, le tecniche di raccolta del sale e la storia economica della regione, con pannelli esplicativi e oggetti d’epoca che guidano nel mondo della salicoltura.

La cosa più interessante è comunque il percorso esterno nelle marais, con visita guidata tra i bacini e le saline dove si possono osservare i luoghi di raccolta del sale e del pregiato fleur de sel (entrambi hanno ottenuto l’Igp nel 2023), secondo metodi secolari.



Qui cresce anche una splendida salicornia, pianta affascinante e simbolica dell’Île de Ré. È una pianta capace di vivere in ambienti salini, che presenta tessuti carnosi e segmentati, di colore verde brillante che può virare al rosso. Assorbe e immagazzina il sale, il che le conferisce un gusto iodato e leggermente acidulo, molto apprezzato in cucina. Oltre al valore gastronomico, la salicornia ha anche un ruolo ecologico, contribuendo alla biodiversità delle saline, offrendo rifugio e nutrimento a uccelli migratori e insetti.






Visitare l’Écomusée è insomma come fare un tuffo nel passato, respirando il ritmo lento e sapiente della vita rurale rétaise.

Passeggiando in bicicletta… si scopre magnificamente l’isola… 

Vi ho più volte accennato che la bicicletta è un mezzo di locomozione e scoperta dell’isola formidabile. Con la bici si arriva dove non arrivano i bus e le macchine, si ammira lentamente lo splendido paesaggio che offre l’isola, si fa sport e si parcheggia facilmente.

Il mio noleggio della bici mi ha consentito di scoprire a distanza di una mezz’ora da dove risiedevo, attraversando tranquille stradine di campagna, il fascinoso paesino di Bois-Plage-en-Ré col suo vivace e fornitissimo mercato dove tante materie prime dell’isola sono vendute ed anche preparate in coloratissimi piatti che davvero fanno venire l’acquolina in bocca, offerti a turisti e persone del luogo.

I prodotti da non perdere sono senza dubbio le splendide patate locali, piccole e dalla buccia finissima, le ostriche, il sale marino e la salicornia, le specialità gastronomiche dell’isola.

A poca distanza, su questo versante dell’isola (lato sud ovest), vi sono delle belle e capienti spiagge sabbiose, con delle fascinose dune alle spalle come ad esempio la plage des Gollandières o de Gros Jonc.

In questa zona vale la pena anche di visitare una grossa cooperativa di produttori di vini locali. Segnalo in particolare l’ottimo Ilrhéa – Pineau des Charentes AOP, un vino ottenuto dall’aggiunta di un cognac giovane al mosto d’uva che possiede una piacevole freschezza aromatica, è ideale come aperitivo e va a nozze meravigliosamente col foie gras.

La bicicletta nel mio soggiorno ad Ile de Ré è stata preziosa per andare a scoprire due ottime cabanes ostréicoles (capanni rustici molto informali che consentono di degustare ottime ostriche) vicino Saint Martin de Ré che altrimenti non avrei facilmente raggiunto.

Quella delle ostriche ad Ile de Ré è una tradizione radicata nel territorio. Qui risiedono oltre 60 aziende ostricole, spesso a conduzione familiare, che si tramandano il mestiere da generazioni.

Le ostriche vengono allevate su circa 550 ettari di concessioni marine, distribuiti tra località come La Flotte, Loix, Sainte-Marie-de-Ré, Ars-en-Ré e Le Martray.

Il ciclo produttivo inizia con la raccolta delle larve di ostrica, che vengono poi cresciute nei parchi ostricoli e affinate nelle “claires”, bacini poco profondi che conferiscono alle ostriche il loro sapore unico.

Le ostriche dell’Île de Ré sono famose per il loro gusto fresco e iodato, frutto dell’eccezionale terroir marittimo locale. Si gustano al meglio “nature”, con un po' di limone o aceto di scalogno, accompagnate da burro, pane di segale e un bicchiere di vino bianco secco dell'isola.

Visitare una cabane è un’esperienza da vivere. Io con la mia bici lungo una stretta, splendida pista ciclabile lungo oceano ho visitato una cabane denominata “Au QG de lamer” dove ho potuto degustare un fantastico plateau de fruits de mer (con buonissime ostriche, gamberi e boulot, cioè lumache di mare) e un’altra cabane, “Ré Ostréa”, dove ho degustato, insieme a un ottimo vino dell’isola, delle maxi ostriche, allevate alla perfezione da un appassionato titolare, Didier Fournier.

Cosa c’è di meglio di una degustazione vista oceano di ottime ostriche con un buon calice di vino bianco?

Per restare sul tema gastronomico, vi consiglio in questa splendida isola di degustare le patate del luogo, dotate anche di un marchio Dop. Piccole e gustose, si mangiano con la buccia in mille modi e arricchiscono i piatti perlopiù a base di pesce della zona. 

Segnalo inoltre che vale la pena di degustare una preparazione tipica dell’isola ma anche della Charente Maritime, l’éclade de moules. Le cozze (moules) si fanno aprire sulla brace disposte in un tegame su un letto di aghi di pino (non mancano nell’isola con le tante pinete che la punteggiano) che vengono contemporaneamente incendiati. Il fuoco brucia rapidamente, affumicando e cuocendo le cozze in pochi minuti e conferendo loro un aroma unico e resinoso.

Per il resto in quest’isola si mangia molto buon pesce cucinato in modo tradizionale, con sempre abbondanti contorni vegetali.


Finisce qui il mio racconto di quest’affascinante isola nella quale vorrei tornare per scoprire altri affascinanti villaggi, altre cabanes, altri piatti tipici, altri fari, altre spiagge e apprezzare quindi ancora lo stesso mare, l’oceano atlantico, profondamente diverso dal nostro mediterraneo ma molto intrigante e decisamente da me preferito!

2 ottobre 2025

Ischia Safari, un “parco giochi” enogastronomico da non perdere

Si è conclusa da poco una edizione ancora una volta bellissima di Ischia Safari. Per il terzo anno consecutivo sono stato alla festa del lunedì sera, quella se vogliamo più bella e con maggior partecipazione, tenutasi presso il parco termale del Negombo. Una location ideale (un parco di oltre nove ettari situato nella splendida baia di San Montano, con quattordici piscine e un giardino botanico) per accogliere i sempre tanti appassionati gourmet che accorrono numerosi a questo evento imperdibile.

Ebbene, come ogni anno, in un tale splendido contesto oltre 200 professionisti tra chef, pizzaioli, maestri pasticcieri e artigiani del gusto hanno espresso egregiamente la loro creatività, utilizzando ingredienti di grande qualità, vanto del nostro patrimonio enogastronomico.

L’esperienza degli anni passati mi ha insegnato che ad Ischia Safari è preferibile orientarsi su degustazioni mirate, senza farsi ingolosire da tanti assaggi casuali che non consentono poi di poter apprezzare al meglio le proposte migliori della serata.

Ho iniziato il mio Ischia Safari con una degustazione degli imperdibili latticini (uno meglio dell’altro) della Latteria Sorrentina, per poi passare alle tante interessanti proposte di primi piatti di molti chef stellati e non.

Ho molto apprezzato ad esempio il piatto di Giulio Terrinoni (“Per me”, Roma), che ha preparato dei buonissimi gnocchetti neri (al nero di seppia) con bagna cauda, pecorino e ‘nduja. Ottima anche la zuppa di crostacei con pasta mista e spuma di patate di Emmanuel di Liddo del ristorante interno (Al FuGà) al parco Negombo.


Molto golosi anche i ravioli di totano con patate e ‘nduja di Antonio Autiero del Deschevaliers Restaurant di Napoli.

Sempre ispirato ai sapori di mare è stato poi il piatto dello stellato Pasquale Palamaro (ristorante Indaco di Lacco Ameno, Ischia) uno degli ideatori dell’evento. La sua proposta, il “Safari hot fish”, era un goloso e soffice “bun” con wurstel a base di pesce e salse di pomodorino del piennolo e alla curcuma, a ricordare i meno nobili ketchup e maionese dei normali hot-dog.

Dell’altro stellato ischitano, Nino Di Costanzo (Danì Maison), ho assaggiato invece un piatto di terra, un raviolo di faraona, hummus di fagioli, piperna e parmigiano davvero gustoso. 

E mi ha sorpreso molto, a proposito di piatti di terra, il cappuccino di genovese, servito proprio come fosse un cappuccino, di Giuseppe Stanzione (ristorante Glicine dell'Hotel Santa Caterina di Amalfi). Un piatto cremoso con gli stessi ed identici sapori della genovese ma con piccole rivisitazioni tra cui l’aggiunta di polvere di caffè, che ha conferito sentori molto interessanti e ben armonizzati con il resto degli ingredienti.

Un altro piatto di terra direi autunnale e quindi in linea con questa stagione ormai arrivata è stato offerto da Agostino e Francesco D'Ambra della Trattoria Il Focolare di Barano d'Ischia. I loro gnocchi "zampognari" con zucca e salsiccia sono risultati veramente una gustosa proposta, senza innovazioni particolari, ma con tanto sapore.

Ottime anche le carni alla brace di Sabatino Cillo (Airola, Benevento) e Sabatino Palumbo (Umami Meat Restaurant, Giugliano in Campania, Napoli).

Per dessert, ho assaggiato invece una… pizza. Scherzi a parte, pur essendo pieno a sufficienza per degustare le ottime pizze offerte dal meglio dei pizzaioli d’Italia, non ho voluto rinunciare alla pizza di Ivano Veccia de L’Isola a Forio d’Ischia. Ho assaggiato una meravigliosa fetta di pizza denominata “La ripassata bruschetta” con doppia cottura prima nel forno a legna e poi in quello elettrico in modo da conferirle una maggiore croccantezza: una degustazione che valeva decisamente la pena di fare!


Il fine serata è stato all’insegna della frutta e soprattutto dei dolci a bordo piscina, con tante squisitezze e creazioni bellissime anche da vedere, come quelle di Nello Iervolino dell’Indaco di Lacco Ameno e del fruit designer Emanuele Frigenti




D’obbligo comunque concludere la serata con delle certezze ischitane: il cornetto di Calise e i liquori artigianali di Distillerie Aragonesi.


Infine musica e festa sulla spiaggia per chiudere, come al solito egregiamente, uno degli eventi più riusciti d’Italia.

Il giorno dopo, un copioso acquazzone non mi ha impedito, se non per qualche ora, di godermi ancora l’isola: una piacevole passeggiata a Citara, che fuori stagione ha un fascino del tutto particolare, ci stava proprio tutta!

In ogni caso, con la pioggia o senza, Ischia, sei sempre la più bella! (come scrissi anche alcuni anni fa qui).