Il mare, il buon bere, il mangiare bene e...chi più ne ha, più ne metta

25 dicembre 2020

Tanti auguri!


Tanti auguri a tutti di un sereno Natale 2020 e buone feste.
Tra poco festeggerò tra le altre cose con un tacchino ripieno di castagne e un Per ‘e Palumm Cenatiempo. Cin cin!

2 dicembre 2020

La straordinaria avventura del Vendée Globe


Vi avevo accennato nello scorso post che in questi giorni di quasi reclusione sto viaggiando in modo virtuale, scoprendo quotidianamente un mondo bellissimo. Fatto di mari esotici, vento, salsedine, scoperta di luoghi geografici, terminologie e fenomeni meteorologici, di avventura, di scoperta dell’ignoto, di quotidiana umanità.
Sto facendo questo ideale viaggio con gli stupendi video e le affascinanti foto (oltre che leggendo interessanti notiziari) della più grande manifestazione velica intorno al mondo, il Vendée Globe.
Ormai da più di 20 giorni questo evento mi sta prendendo e tenendo compagnia con le sue incredibili immagini dal mare, inviate direttamente dalle imbarcazioni di 33 skipper di diversa nazionalità, che senza scalo ed assistenza ed in solitaria dovranno attraversare in circa tre mesi i mari di tutto il mondo (percorrendo 24.296 miglia nautiche, pari a quasi 45 mila chilometri).
Mari calmi ma anche agitati, con venti talvolta impetuosi, depressioni, uragani e molto altro hanno accolto ed accoglieranno i velisti, accomunati da un grande spirito di solidarietà gli uni verso gli altri e da un’avventura straordinaria che alcuni compiono per la prima volta.
Forti emozioni quindi travolgeranno questi concorrenti, che prima della partenza si percepivano da affermazioni come questa: “J'espère m’extasier en mer, vivre de vrais moments de joie, être capable de les observer avec gratitude. Et savourer chaque minute, chaque seconde. Sans jamais rien lâcher."
Il Vendée Globe, dicevo, compie un incredibile giro intorno al mondo partendo dalla bellissima cittadina francese di Les Sables d’Olonne per poi scendere verso Sud costeggiando tutto il lato occidentale dell’Africa fino al Capo di Buona Speranza, varcare l’Oceano Indiano doppiando il capo di Leeuwin in Australia e passando successivamente il mitico Capo Horn; si risale infine di nuovo nell’Oceano Atlantico, costeggiando in direzione Nord tutto il Sud America, fino ad arrivare di nuovo e finalmente nel luogo dove si era partiti e cioè Les Sables d’Olonne.
La partenza del Vendée Globe è avvenuta lo scorso 8 novembre in modo atipico rispetto al solito, quasi in silenzio (normalmente la partecipazione del pubblico è notevole: nella scorsa edizione erano presenti 350 mila spettatori), per i noti problemi legati alla pandemia da Covid 19.
Cercando in sintesi di descrivere l’andamento della regata fino ad oggi, i velisti dopo aver lasciato il luogo di partenza, hanno navigato all’altezza delle coste della Galizia e del Portogallo fino a passare per le Azzorre. Più a Sud hanno incontrato la tempesta tropicale Theta, con venti fino a 60 nodi, che ha dato loro non poche noie. Poi la flotta è arrivata nei pressi delle isole Canarie, costeggiando quindi la parte Nord Occidentale dell’Africa.
Dopo Capo Verde e nei pressi della linea dell’Equatore hanno dovuto fronteggiare anche il “Pot au Noir”, una convergenza intertropicale con raffiche improvvise e altrettanto improvvisi cali di vento che talvolta possono dare parecchi grattacapi (non molti in questo caso) ai concorrenti. Passato l’equatore (in cui è tradizione di donare qualcosa a Nettuno) i velisti si sono poi imbattuti nell’anticiclone di Sant’Elena con presenza di venti deboli ed al momento in cui scrivo diverse imbarcazioni hanno passato il Capo di Buona Speranza, raggiungendo quindi il Grande Sud.
A questa altezza va rilevato tra l’altro che uno skipper che ha subìto un naufragio è stato soccorso, fortunatamente con successo, in piena notte e con condizioni di mare non esattamente ottimali, da un altro velista (e qui torna lo spirito marinaro di solidarietà).
Tra i partecipanti al Vendée Globe, tra cui vi sono anche sette donne, seguo in particolar modo le vicende dell’unico italiano in gara, Giancarlo Pedote, filosofo fiorentino che vive da diversi anni a Lorient in Bretagna, terra dalla consolidata tradizione velica oceanica.
Ma è interessante seguire pure quelle degli altri skipper in gara, che con tanti splendidi video mostrano la loro vita quotidiana. Scene in cui mangiano (anche bene, come il nostro Pedote*), in cui riparano qualche guasto, brindano in caso di buone condizioni di navigazione, esprimono i loro sentimenti e sensazioni, mostrano pesci volanti (sì, proprio con le ali!), albatros in lontananza, simboli affettivi legati alla famiglia (è dura star lontani da casa quasi tre mesi), tramonti ed albe mozzafiato (i velisti non possono necessariamente dormire tantissimo).
Anche le imbarcazioni sono uno spettacolo, delle autentiche e perfette “Formula 1 del mare”, dalla tecnologia molto avanzata e supportate da sponsor importanti. E ve ne sono anche di “sfiziosi” e legati al mondo agroalimentare (Charal, carni di qualità, la cooperativa lattiero-casearia Campagne de France, l’azienda di prodotti avicoli Maitre Coq sono alcuni esempi).
Mentre quindi il mondo intero a terra deve fronteggiare la pandemia, gli skipper passeranno quasi tre mesi in mare lontano dai contagi e dalle preoccupazioni ad essi legate. Ne avranno delle altre, come le trappole degli oceani, le onde tutt’altro che dolci, i guasti tecnici più o meno importanti, gli ostacoli imprevisti e altro ancora, ma godranno di tanta libertà quella che non abbiamo (
o quasi) al momento a terra.
E non possiamo nascondere, a tal ultimo proposito, di provare una certa invidia…

*Giancarlo si prepara a bordo piatti come l’uovo fritto con prosciutto del casentino, formaggini con la faccia di Buzz Lightyear (“che mettono il buonumore”) e pane in cassetta grigliato. Che ne dite? Approviamo questa sua ricetta? Io lo farei decisamente!

PS: vi aggiornerò sul mio blog con altri aneddoti su questa lunga regata, definita l’ ”Everest dei mari”. Diventerà allora quasi un Vendée… blog ;)

17 novembre 2020

La mia pasta al forno autunnale


 Rieccomi dopo un po’ di tempo, sempre in questo maledetto anno davvero avaro di cose piacevoli che speriamo possa finire il più presto possibile.
Siamo di nuovo in semi lockdown e si ricomincia a stare di più in casa sperando in tempi migliori, augurandoci che non siano troppo lontani.
In questo contesto per fortuna c’è sempre più tempo per preparare a casa dei buoni manicaretti e nel periodo attuale non si può fare a meno di cucinare piatti dai colori caldi dell’autunno.
Il marrone come quello delle castagne e declinato in mille sfumature dai funghi, l’arancione come quello della zucca sono solo alcuni esempi.
E proprio molte di queste materie prime ho voluto portare in un goloso primo piatto autunnale, che degnamente può rappresentare un opulento pranzo della domenica di stagione.
In un pranzo della domenica che si rispetti una pasta al forno è d’obbligo e perché allora non prepararne una "autunnale"? Cosa ci mettereste? Io ho pensato subito alle castagne, alla zucca ma anche alle salsicce, per non restare troppo su ingredienti dal sapore dolce.
Ecco allora come ho preparato questo piatto che ho voluto riprodurre anche in una versione monoporzione e "padellino", come potete vedere nelle foto.


 Ho innanzitutto preparato una crema di zucca: ho tagliato la zucca a cubetti, ponendola in una pentola con cipolla tritata finemente, olio extravergine, sale, pepe e un po’ di rosmarino. Portata a cottura (va aggiunta anche un po’ d’acqua), l’ho frullata con un frullatore ad immersione.
Ho rimesso quindi sul fuoco il composto così ottenuto, sbriciolandoci dentro della salsiccia e delle castagne lessate. Ho fatto andare il tutto fino a cottura della salsiccia e ulteriore insaporimento della zucca.
Nel frattempo ho anche preparato una besciamella non troppo densa.
Dopo queste operazioni, ho cotto dei rigatoni al dente e li ho successivamente mescolati con parte del composto a base di zucca e della besciamella, amalgamando bene.
Ho inserito poi sul fondo di un tegame da forno della besciamella e metà della quantità della pasta già condita; al centro gran parte della salsa alla zucca con salsicce e castagne e successivamente ho ricoperto con la restante pasta. Sopra di essa ho messo ancora tanta besciamella, altra crema di zucca, abbondante parmigiano grattugiato e una leggera spolveratina di pangrattato. Ho infine infornato il tutto a 180 gradi per una mezzoretta circa. Al limite, per rendere ancora più abbrustolita la crosticina che si formerà in superficie e che DEVE esserci nella pasta al forno, utilizzate il grill gli ultimi 5 minuti di cottura.


 Vedrete che buona! Propongo di utilizzare questo ottimo primo come vaccino anti Covid. Che ne dite? ;)
E a proposito di “evasione” dal Covid, nel prossimo post vi parlerò di un evento che mi sta facendo viaggiare in modo virtuale e molto piacevolmente durante questi giorni.
Attendete e scoprirete…

27 ottobre 2020

Il fagiolo zampognaro, l’oro nero di Ischia


E’ bello, quando si è in vacanza, riportare a casa souvenirs enogastronomici. Ciò aiuta a ricordare bei momenti passati durante le ferie e consente di gustare nuovamente sapori unici assaggiati in loco. Tanto più in questo periodo, in cui non ci si può praticamente muovere potendolo fare solo con la mente e l’immaginazione.
In occasione delle mie ormai lontane vacanze estive ad Ischia, ad esempio, ho acquistato degli ottimi fagioli tipici locali, che non avevo mai assaggiato finora: i fagioli zampognari.
Si tratta di una sorta di borlotti dal colore tendente al bordeaux con screziature bianche, coltivati principalmente nella zona di Campagnano e Piano Liguori, sopra Ischia Porto, ma anche in altre zone dell’isola. Si seminano intorno alla metà di marzo e sono raccolti in tarda estate.


Sull’origine del nome vi sono varie interpretazioni ma quella che mi convince di più (e che posso confermare cuocendoli) è quella che in cottura prendono la forma della zampogna, talvolta sgonfiandosi e poi rigonfiandosi.
Fino a qualche tempo fa questa materia prima stava scomparendo ma grazie a Slow Food è stata rivalutata, con una produzione ora abbastanza consistente.
I fagioli zampognari, segnalati dal botanico Giovanni Gussone sin dal 1854, presentano una consistenza vellutata, sono molto aromatici ed hanno un sapore tendente al dolce.
L’utilizzo in cucina è il più vario ma l’ideale è mangiarli nel modo più semplice possibile, in modo da meglio apprezzarne le caratteristiche organolettiche. Consiglio quindi di gustarli semplicemente con del buon olio a crudo e prezzemolo o, in occasione di una “marenna” (merenda) ischitana, su bruschetta di pane cafone cotto in forno a legna (come quello del panificio Boccia, dove li ho anche comprati). Naturalmente si possono preparare, come ho fatto io, in una semplice zuppa, con classici soffritti e qualche foglia di alloro che gli conferisce un valore aggiunto notevole.


O ancora in un’altra zuppa molto intrigante, la cui ricetta trovate in questo video.
Si tratta in quest’ultimo caso di una zuppa di fagioli davvero gustosa e irrinunciabile, con il valore aggiunto di un ingrediente che si integra molto bene nella ricetta, delle patate tagliate a pezzettoni.
Ovviamente, essendoci ad Ischia chef stellati di notevole notorietà, questi fagioli sono da loro valorizzati al meglio, in modo anche molto estroso. Pasquale Palamaro, ad esempio, chef del ristorante Indaco dell’Hotel Regina Isabella, li utilizza creando anche un meraviglioso gelato.
Una grande materia prima d’altronde non può non essere notata dai grandi chef e dai “cacciatori di cose buone”. Che sanno bene che ad Ischia i piatti più buoni e tipici non sono di mare ma di terra e della tradizione contadina. E questi buonissimi fagioli, con le relative eccellenti preparazioni, ne sono l’ennesima dimostrazione.

13 ottobre 2020

Nel regno del re dei cuochi e del cuoco dei re: il Museo Escoffier


Auguste Escoffier (1846-1935) fu un grande chef, considerato il padre della cucina moderna. Ma definirlo soltanto chef e grande cuoco è altamente riduttivo.
Visionario e innovativo, introdusse le norme di organizzazione in cucina, che sono ancora oggi attuate, creando il sistema della “brigade” con “chefs de partie” per una migliore razionalizzazione del lavoro nei ristoranti. Pensò persino a specifici utensili per agevolare i diversi compiti in cucina.
Fu inoltre il primo a pensare al modo di conservazione degli alimenti ed a pasti veloci e equilibrati.
Introdusse poi il concetto di menù a prezzo fisso e sosteneva l’importanza della convivialità a tavola, in cui il benessere del cliente è la priorità per attrarre gli ospiti.
Escoffier, soprannominato dal Principe di Galles "Il re dei cuochi e il cuoco dei re”, fu anche scrittore e autore di molti libri e articoli. Lascia in eredità alle generazioni future la famosa “Guide Culinaire” con più di 5.000 ricette, quelle fondamentali della cucina moderna. Nel 1934 pubblicò anche "Ma Cuisine", una versione semplificata della "Guide Culinaire" per i cuochi di casa, tradotta in diverse lingue.
Ha formato altresì più di 2.000 cuochi, portabandiera della cucina e dei prodotti francesi nel mondo, senza dimenticare che insieme a César Ritz (colui dal quale prese il nome il famoso hotel parigino) diede un grande impulso all’industria alberghiera di lusso internazionale.
Creò tra l’altro anche la prima associazione mutualistica per cuochi in Gran Bretagna, per aiutare i suoi colleghi che si trovavano in difficoltà.
Una vita così interessante e la storia così affascinante di questo poliedrico personaggio possono essere ampiamente approfondite presso il Museo Escoffier e la relativa Fondazione, localizzati a Villeneuve Loubet nei pressi di Nizza. Un’opportunità unica, anche perché stiamo parlando dell'unico Museo dell’Arte Culinaria in Francia.
Il Museo è un piccolo gioiello ambientato proprio nella casa natale di Escoffier, risalente al XVIII secolo.
Nelle dieci sale in cui si articola appaiono ricordi del maestro, oggetti e utensili dell’epoca, prodotti di sua invenzione, lettere, fotografie, sculture in zucchero e cioccolato, una grande e fornita biblioteca e un centro di ricerca sulla gastronomia, aperto a tutti su appuntamento. Ovviamente si possono visitare, quasi entrando nella vita privata del padre della cucina moderna, il suo salotto, l’ufficio, la cantina, il girarrosto, il potager…
Molto interessante è anche la sala dedicata ad una notevole collezione di menù, che permettono di compiere un viaggio nella storia della gastronomia. Dalla nascita dei menù nell’ottocento agli anni 2000, passando per menù storici come quello in occasione dell'incoronazione del Re Edoardo VII di Inghilterra.
Da rilevare che in luglio ed agosto la visita al Museo si conclude con l’assaggio della famosa Pesca Melba, ricetta inventata da Escoffier.
Di grande interesse è anche la Fondazione che porta il suo nome, che nacque grazie a Joseph Donon, discepolo di Escoffier, che la volle creare in sua memoria.
La Fondazione ha l’obiettivo di arricchire le collezioni del Museo d'Arte Culinaria per rafforzare la comunicazione sulla storia della gastronomia; organizzare lezioni per consentire agli chef francesi e non solo di mantenere un alto livello di aggiornamento; contribuire al miglioramento della ricerca in campo culinario, organizzando incontri e simposi con esperti di questo settore.
La Fondazione deve essere un riferimento per la formazione e la comunicazione sull’arte culinaria - afferma Michel Escoffier, Presidente della Fondazione e pronipote di Auguste. Viaggiando molto mi sono reso conto di quanto fosse conosciuto Escoffier nel mondo ed allora ho voluto riscoprire il mio patrimonio familiare e ho profuso tutti i miei sforzi per trasmetterlo e coltivarlo. Il mio obiettivo è quello di trasferire il patrimonio di Auguste Escoffier ai giovani. Mio nonno ha permesso alla cucina di passare dal medio evo ai tempi moderni. Essa, come la moda, è in perpetua evoluzione e deve prendere in considerazione i cambiamenti nel modo di vita delle persone. Le cose che non cambieranno, invece, sono i fondamenti della cucina”.
A questo punto non ci resta che visitare questo importante luogo del gusto, riconducibile ad un uomo che ha fatto la storia della cucina francese e internazionale. Per i foodies come me amanti della Francia e della gastronomia d’oltralpe una visita al Museo è davvero d’obbligo. Ma penso che anche a chiunque ami la buona cucina in generale una capatina in questo luogo non dispiaccia per niente. Mi sbaglio?
 
Informazioni pratiche sul Museo Escoffier dell'Arte Culinaria
 
Orari di apertura:
dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 18
Luglio/Agosto dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 19
Chiusura annuale: Dal 1 novembre 2020 al 31 gennaio 2021 e il 1 maggio.
 
Ingresso 2020: 6 €
Tariffa ridotta: 4 € (giovani da 11 a 18 anni, studenti, disoccupati, portatori di handicap). I bambini sotto gli 11 anni entrano gratuitamente.
Gruppi: Visita guidata su prenotazione, prezzo su richiesta
 
Per ulteriori informazioni:
www.musee-escoffier.com
 
PS: Esiste anche un’associazione denominata "I Discepoli di Escoffier”. Nata a Nizza nel 1954, si è sviluppata in Francia e all’estero attraverso delegazioni regionali e nazionali con l’obiettivo di unire i discepoli di Escoffier nel mondo, trasmettendo elevate conoscenze culinarie e favorendo la loro evoluzione. Conta attualmente più di 25.000 soci nell’intero pianeta.