Il mare, il buon bere, il mangiare bene e...chi più ne ha, più ne metta
25 dicembre 2020
2 dicembre 2020
La straordinaria avventura del Vendée Globe
Vi
avevo accennato nello scorso post che in questi giorni di quasi reclusione
sto viaggiando in modo virtuale, scoprendo quotidianamente un mondo bellissimo.
Fatto di mari esotici, vento, salsedine, scoperta di luoghi geografici,
terminologie e fenomeni meteorologici, di avventura, di scoperta dell’ignoto,
di quotidiana umanità.
Sto
facendo questo ideale viaggio con gli stupendi video e le affascinanti foto (oltre
che leggendo interessanti notiziari) della più grande manifestazione velica
intorno al mondo, il Vendée Globe.
Ormai da più di 20 giorni questo evento mi sta prendendo e tenendo compagnia con le sue incredibili immagini dal mare, inviate direttamente dalle imbarcazioni di 33 skipper di diversa nazionalità, che senza scalo ed assistenza ed in solitaria dovranno attraversare in circa tre mesi i mari di tutto il mondo (percorrendo 24.296 miglia nautiche, pari a quasi 45 mila chilometri).
Mari calmi ma anche agitati, con venti talvolta impetuosi, depressioni, uragani e molto altro hanno accolto ed accoglieranno i velisti, accomunati da un grande spirito di solidarietà gli uni verso gli altri e da un’avventura straordinaria che alcuni compiono per la prima volta.
Forti emozioni quindi travolgeranno questi concorrenti, che prima della partenza si percepivano da affermazioni come questa: “J'espère m’extasier en mer, vivre de vrais moments de joie, être capable de les observer avec gratitude. Et savourer chaque minute, chaque seconde. Sans jamais rien lâcher."
Il
Vendée Globe, dicevo, compie un incredibile giro intorno al mondo partendo
dalla bellissima cittadina francese di Les Sables d’Olonne per poi scendere verso Sud costeggiando tutto il lato
occidentale dell’Africa fino al Capo di Buona Speranza, varcare l’Oceano
Indiano doppiando il capo di Leeuwin in
Australia e passando successivamente il mitico Capo Horn; si risale infine di
nuovo nell’Oceano Atlantico, costeggiando in direzione Nord tutto il Sud
America, fino ad arrivare di nuovo e finalmente nel luogo dove si era partiti e
cioè Les Sables d’Olonne.
La
partenza del Vendée Globe è avvenuta lo scorso 8 novembre in modo atipico
rispetto al solito, quasi in silenzio (normalmente la partecipazione del
pubblico è notevole: nella scorsa edizione erano presenti 350 mila spettatori),
per i noti problemi legati alla pandemia da Covid 19.
Cercando in sintesi di descrivere l’andamento della regata fino ad oggi, i velisti dopo aver lasciato il luogo di partenza, hanno navigato all’altezza delle coste della Galizia e del Portogallo fino a passare per le Azzorre. Più a Sud hanno incontrato la tempesta tropicale Theta, con venti fino a 60 nodi, che ha dato loro non poche noie. Poi la flotta è arrivata nei pressi delle isole Canarie, costeggiando quindi la parte Nord Occidentale dell’Africa.
Dopo Capo Verde e nei pressi della linea dell’Equatore hanno dovuto fronteggiare anche il “Pot au Noir”, una convergenza intertropicale con raffiche improvvise e altrettanto improvvisi cali di vento che talvolta possono dare parecchi grattacapi (non molti in questo caso) ai concorrenti. Passato l’equatore (in cui è tradizione di donare qualcosa a Nettuno) i velisti si sono poi imbattuti nell’anticiclone di Sant’Elena con presenza di venti deboli ed al momento in cui scrivo diverse imbarcazioni hanno passato il Capo di Buona Speranza, raggiungendo quindi il Grande Sud.
A questa altezza va rilevato tra l’altro che uno skipper che ha subìto un naufragio è stato soccorso, fortunatamente con successo, in piena notte e con condizioni di mare non esattamente ottimali, da un altro velista (e qui torna lo spirito marinaro di solidarietà).
Tra i partecipanti al Vendée Globe, tra cui vi sono anche sette donne, seguo in particolar modo le vicende dell’unico italiano in gara, Giancarlo Pedote, filosofo fiorentino che vive da diversi anni a Lorient in Bretagna, terra dalla consolidata tradizione velica oceanica.
Ma è interessante seguire pure quelle degli altri skipper in gara, che con tanti splendidi video mostrano la loro vita quotidiana. Scene in cui mangiano (anche bene, come il nostro Pedote*), in cui riparano qualche guasto, brindano in caso di buone condizioni di navigazione, esprimono i loro sentimenti e sensazioni, mostrano pesci volanti (sì, proprio con le ali!), albatros in lontananza, simboli affettivi legati alla famiglia (è dura star lontani da casa quasi tre mesi), tramonti ed albe mozzafiato (i velisti non possono necessariamente dormire tantissimo).
Anche le imbarcazioni sono uno spettacolo, delle autentiche e perfette “Formula 1 del mare”, dalla tecnologia molto avanzata e supportate da sponsor importanti. E ve ne sono anche di “sfiziosi” e legati al mondo agroalimentare (Charal, carni di qualità, la cooperativa lattiero-casearia Campagne de France, l’azienda di prodotti avicoli Maitre Coq sono alcuni esempi).
Mentre quindi il mondo intero a terra deve fronteggiare la pandemia, gli skipper passeranno quasi tre mesi in mare lontano dai contagi e dalle preoccupazioni ad essi legate. Ne avranno delle altre, come le trappole degli oceani, le onde tutt’altro che dolci, i guasti tecnici più o meno importanti, gli ostacoli imprevisti e altro ancora, ma godranno di tanta libertà quella che non abbiamo (o quasi) al momento a terra.
Ormai da più di 20 giorni questo evento mi sta prendendo e tenendo compagnia con le sue incredibili immagini dal mare, inviate direttamente dalle imbarcazioni di 33 skipper di diversa nazionalità, che senza scalo ed assistenza ed in solitaria dovranno attraversare in circa tre mesi i mari di tutto il mondo (percorrendo 24.296 miglia nautiche, pari a quasi 45 mila chilometri).
Mari calmi ma anche agitati, con venti talvolta impetuosi, depressioni, uragani e molto altro hanno accolto ed accoglieranno i velisti, accomunati da un grande spirito di solidarietà gli uni verso gli altri e da un’avventura straordinaria che alcuni compiono per la prima volta.
Forti emozioni quindi travolgeranno questi concorrenti, che prima della partenza si percepivano da affermazioni come questa: “J'espère m’extasier en mer, vivre de vrais moments de joie, être capable de les observer avec gratitude. Et savourer chaque minute, chaque seconde. Sans jamais rien lâcher."
Cercando in sintesi di descrivere l’andamento della regata fino ad oggi, i velisti dopo aver lasciato il luogo di partenza, hanno navigato all’altezza delle coste della Galizia e del Portogallo fino a passare per le Azzorre. Più a Sud hanno incontrato la tempesta tropicale Theta, con venti fino a 60 nodi, che ha dato loro non poche noie. Poi la flotta è arrivata nei pressi delle isole Canarie, costeggiando quindi la parte Nord Occidentale dell’Africa.
Dopo Capo Verde e nei pressi della linea dell’Equatore hanno dovuto fronteggiare anche il “Pot au Noir”, una convergenza intertropicale con raffiche improvvise e altrettanto improvvisi cali di vento che talvolta possono dare parecchi grattacapi (non molti in questo caso) ai concorrenti. Passato l’equatore (in cui è tradizione di donare qualcosa a Nettuno) i velisti si sono poi imbattuti nell’anticiclone di Sant’Elena con presenza di venti deboli ed al momento in cui scrivo diverse imbarcazioni hanno passato il Capo di Buona Speranza, raggiungendo quindi il Grande Sud.
A questa altezza va rilevato tra l’altro che uno skipper che ha subìto un naufragio è stato soccorso, fortunatamente con successo, in piena notte e con condizioni di mare non esattamente ottimali, da un altro velista (e qui torna lo spirito marinaro di solidarietà).
Tra i partecipanti al Vendée Globe, tra cui vi sono anche sette donne, seguo in particolar modo le vicende dell’unico italiano in gara, Giancarlo Pedote, filosofo fiorentino che vive da diversi anni a Lorient in Bretagna, terra dalla consolidata tradizione velica oceanica.
Ma è interessante seguire pure quelle degli altri skipper in gara, che con tanti splendidi video mostrano la loro vita quotidiana. Scene in cui mangiano (anche bene, come il nostro Pedote*), in cui riparano qualche guasto, brindano in caso di buone condizioni di navigazione, esprimono i loro sentimenti e sensazioni, mostrano pesci volanti (sì, proprio con le ali!), albatros in lontananza, simboli affettivi legati alla famiglia (è dura star lontani da casa quasi tre mesi), tramonti ed albe mozzafiato (i velisti non possono necessariamente dormire tantissimo).
Anche le imbarcazioni sono uno spettacolo, delle autentiche e perfette “Formula 1 del mare”, dalla tecnologia molto avanzata e supportate da sponsor importanti. E ve ne sono anche di “sfiziosi” e legati al mondo agroalimentare (Charal, carni di qualità, la cooperativa lattiero-casearia Campagne de France, l’azienda di prodotti avicoli Maitre Coq sono alcuni esempi).
Mentre quindi il mondo intero a terra deve fronteggiare la pandemia, gli skipper passeranno quasi tre mesi in mare lontano dai contagi e dalle preoccupazioni ad essi legate. Ne avranno delle altre, come le trappole degli oceani, le onde tutt’altro che dolci, i guasti tecnici più o meno importanti, gli ostacoli imprevisti e altro ancora, ma godranno di tanta libertà quella che non abbiamo (o quasi) al momento a terra.
E
non possiamo nascondere, a tal ultimo proposito, di provare una certa invidia…
*Giancarlo si prepara a bordo piatti come l’uovo fritto con prosciutto del casentino, formaggini con la faccia di Buzz Lightyear (“che mettono il buonumore”) e pane in cassetta grigliato. Che ne dite? Approviamo questa sua ricetta? Io lo farei decisamente!
PS: vi aggiornerò sul mio blog con altri aneddoti su questa lunga regata, definita l’ ”Everest dei mari”. Diventerà allora quasi un Vendée… blog ;)
17 novembre 2020
La mia pasta al forno autunnale
Rieccomi
dopo un po’ di tempo, sempre in questo maledetto anno davvero avaro di cose
piacevoli che speriamo possa finire il più presto possibile.
Siamo
di nuovo in semi lockdown e si ricomincia a stare di più in casa sperando in
tempi migliori, augurandoci che non siano troppo lontani.
In
questo contesto per fortuna c’è sempre più tempo per preparare a casa dei buoni
manicaretti e nel periodo attuale non si può fare a meno di cucinare piatti dai
colori caldi dell’autunno.
Il
marrone come quello delle castagne e declinato in mille sfumature dai funghi,
l’arancione come quello della zucca sono solo alcuni esempi.
E
proprio molte di queste materie prime ho voluto portare in un goloso primo
piatto autunnale, che degnamente può rappresentare un opulento pranzo della
domenica di stagione.
In
un pranzo della domenica che si rispetti una pasta al forno è d’obbligo e
perché allora non prepararne una "autunnale"? Cosa ci mettereste? Io ho pensato
subito alle castagne, alla zucca ma anche alle salsicce, per non restare troppo
su ingredienti dal sapore dolce.
Ecco
allora come ho preparato questo piatto che ho voluto riprodurre anche in una
versione monoporzione e "padellino", come potete vedere nelle foto.
Ho
rimesso quindi sul fuoco il composto così ottenuto, sbriciolandoci dentro della
salsiccia e delle castagne lessate. Ho fatto andare il tutto fino a cottura
della salsiccia e ulteriore insaporimento della zucca.
Nel
frattempo ho anche preparato una besciamella non troppo densa.
Dopo
queste operazioni, ho cotto dei rigatoni al dente e li ho successivamente
mescolati con parte del composto a base di zucca e della besciamella,
amalgamando bene.
Ho
inserito poi sul fondo di un tegame da forno della besciamella e metà della quantità
della pasta già condita; al centro gran parte della salsa alla zucca con
salsicce e castagne e successivamente ho ricoperto con la restante pasta. Sopra
di essa ho messo ancora tanta besciamella, altra crema di zucca, abbondante
parmigiano grattugiato e una leggera spolveratina di pangrattato. Ho infine infornato
il tutto a 180 gradi per una mezzoretta circa. Al limite, per rendere ancora più
abbrustolita la crosticina che si formerà in superficie e che DEVE esserci
nella pasta al forno, utilizzate il grill gli ultimi 5 minuti di cottura.
E
a proposito di “evasione” dal Covid, nel prossimo post vi parlerò di un evento
che mi sta facendo viaggiare in modo virtuale e molto piacevolmente durante
questi giorni.
Attendete e scoprirete…
27 ottobre 2020
Il fagiolo zampognaro, l’oro nero di Ischia
E’ bello, quando si è in vacanza, riportare a casa
souvenirs enogastronomici. Ciò aiuta a ricordare bei momenti passati durante le
ferie e consente di gustare nuovamente sapori unici assaggiati in loco. Tanto
più in questo periodo, in cui non ci si può praticamente muovere potendolo fare
solo con la mente e l’immaginazione.
In occasione delle mie ormai lontane vacanze estive
ad Ischia, ad esempio, ho acquistato degli ottimi fagioli tipici locali, che
non avevo mai assaggiato finora: i fagioli zampognari.
Si tratta di una sorta di borlotti dal
colore tendente al bordeaux con screziature bianche, coltivati principalmente
nella zona di Campagnano e Piano Liguori, sopra Ischia Porto, ma anche in altre
zone dell’isola. Si seminano intorno alla metà di marzo e sono raccolti in
tarda estate.
Sull’origine del nome vi sono varie interpretazioni
ma quella che mi convince di più (e che posso confermare cuocendoli) è quella
che in cottura prendono la forma della zampogna, talvolta sgonfiandosi e poi
rigonfiandosi.
Fino a qualche tempo fa questa materia prima stava
scomparendo ma grazie a Slow Food è stata rivalutata, con una produzione ora abbastanza
consistente.
I fagioli zampognari, segnalati dal botanico
Giovanni Gussone sin dal 1854, presentano una consistenza vellutata, sono molto
aromatici ed hanno un sapore tendente al dolce.
L’utilizzo in cucina è il più vario ma l’ideale è
mangiarli nel modo più semplice possibile, in modo da meglio apprezzarne le caratteristiche organolettiche. Consiglio quindi di gustarli semplicemente
con del buon olio a crudo e prezzemolo o, in occasione di una “marenna”
(merenda) ischitana, su bruschetta di pane cafone cotto in forno a legna (come
quello del panificio Boccia, dove li ho anche comprati). Naturalmente si
possono preparare, come ho fatto io, in una semplice zuppa, con classici soffritti
e qualche foglia di alloro che gli conferisce un valore aggiunto notevole.
O
ancora in un’altra zuppa molto intrigante, la cui ricetta trovate in questo video.
Si tratta in quest’ultimo caso di una zuppa di
fagioli davvero gustosa e irrinunciabile, con il valore aggiunto di un
ingrediente che si integra molto bene nella ricetta, delle patate tagliate a pezzettoni.
Ovviamente, essendoci ad Ischia chef stellati di
notevole notorietà, questi fagioli sono da loro valorizzati al meglio, in modo
anche molto estroso. Pasquale Palamaro, ad esempio, chef del ristorante Indaco
dell’Hotel Regina Isabella, li utilizza creando anche un meraviglioso gelato.
Una grande materia prima d’altronde non può non
essere notata dai grandi chef e dai “cacciatori di cose buone”. Che sanno bene che
ad Ischia i piatti più buoni e tipici non sono di mare ma di terra e della
tradizione contadina. E questi buonissimi fagioli, con le relative eccellenti
preparazioni, ne sono l’ennesima dimostrazione.
13 ottobre 2020
Nel regno del re dei cuochi e del cuoco dei re: il Museo Escoffier
Auguste Escoffier (1846-1935) fu un grande chef, considerato
il padre della cucina moderna. Ma definirlo soltanto chef e grande cuoco è
altamente riduttivo.
Visionario e innovativo, introdusse le norme di
organizzazione in cucina, che sono ancora oggi attuate, creando il sistema
della “brigade” con “chefs de partie” per una migliore razionalizzazione del
lavoro nei ristoranti. Pensò persino a specifici utensili per agevolare i
diversi compiti in cucina.
Fu inoltre il primo a pensare al modo di conservazione degli alimenti ed a pasti veloci e equilibrati.
Introdusse poi il concetto di menù a prezzo fisso e sosteneva l’importanza della convivialità a tavola, in cui il benessere del cliente è la priorità per attrarre gli ospiti.
Escoffier, soprannominato dal Principe di Galles "Il re dei
cuochi e il cuoco dei re”, fu anche scrittore e autore di molti libri e
articoli. Lascia in eredità alle generazioni future la famosa “Guide Culinaire”
con più di 5.000 ricette, quelle fondamentali della cucina moderna. Nel 1934
pubblicò anche "Ma Cuisine", una versione semplificata della
"Guide Culinaire" per i cuochi di casa, tradotta in diverse lingue.
Ha formato altresì più di 2.000 cuochi, portabandiera della cucina e dei prodotti francesi nel mondo, senza dimenticare che insieme a César Ritz (colui dal quale prese il nome il famoso hotel parigino) diede un grande impulso all’industria alberghiera di lusso internazionale.
Creò tra l’altro anche la prima associazione mutualistica per cuochi in Gran Bretagna, per aiutare i suoi colleghi che si trovavano in difficoltà.
Una vita così interessante e
la storia così affascinante di questo poliedrico personaggio possono essere
ampiamente approfondite presso il Museo Escoffier e la relativa Fondazione,
localizzati a Villeneuve Loubet nei pressi di Nizza. Un’opportunità unica, anche
perché stiamo parlando dell'unico Museo dell’Arte Culinaria in Francia.
Il Museo è un piccolo gioiello ambientato proprio nella casa natale di Escoffier, risalente al XVIII secolo.
Nelle dieci sale in cui si articola appaiono ricordi del maestro, oggetti e utensili dell’epoca, prodotti di sua invenzione, lettere, fotografie, sculture in zucchero e cioccolato, una grande e fornita biblioteca e un centro di ricerca sulla gastronomia, aperto a tutti su appuntamento. Ovviamente si possono visitare, quasi entrando nella vita privata del padre della cucina moderna, il suo salotto, l’ufficio, la cantina, il girarrosto, il potager…
Molto interessante è anche la sala dedicata ad una notevole collezione di menù, che permettono di compiere un viaggio nella storia della gastronomia. Dalla nascita dei menù nell’ottocento agli anni 2000, passando per menù storici come quello in occasione dell'incoronazione del Re Edoardo VII di Inghilterra.
Da rilevare che in luglio ed agosto la visita al Museo si conclude con l’assaggio della famosa Pesca Melba, ricetta inventata da Escoffier.
Di grande interesse è anche la Fondazione che porta il suo nome, che nacque grazie a Joseph Donon, discepolo di Escoffier, che la volle creare in sua memoria.
La Fondazione ha l’obiettivo di arricchire le collezioni del Museo d'Arte Culinaria per rafforzare la comunicazione sulla storia della gastronomia; organizzare lezioni per consentire agli chef francesi e non solo di mantenere un alto livello di aggiornamento; contribuire al miglioramento della ricerca in campo culinario, organizzando incontri e simposi con esperti di questo settore.
“La Fondazione deve essere un riferimento per la formazione e la comunicazione sull’arte culinaria - afferma Michel Escoffier, Presidente della Fondazione e pronipote di Auguste. Viaggiando molto mi sono reso conto di quanto fosse conosciuto Escoffier nel mondo ed allora ho voluto riscoprire il mio patrimonio familiare e ho profuso tutti i miei sforzi per trasmetterlo e coltivarlo. Il mio obiettivo è quello di trasferire il patrimonio di Auguste Escoffier ai giovani. Mio nonno ha permesso alla cucina di passare dal medio evo ai tempi moderni. Essa, come la moda, è in perpetua evoluzione e deve prendere in considerazione i cambiamenti nel modo di vita delle persone. Le cose che non cambieranno, invece, sono i fondamenti della cucina”.
A questo punto non ci resta che visitare questo importante luogo del gusto, riconducibile ad un uomo che ha fatto la storia della cucina francese e internazionale. Per i foodies come me amanti della Francia e della gastronomia d’oltralpe una visita al Museo è davvero d’obbligo. Ma penso che anche a chiunque ami la buona cucina in generale una capatina in questo luogo non dispiaccia per niente. Mi sbaglio?
Informazioni pratiche sul
Museo Escoffier dell'Arte Culinaria
Orari di apertura:
dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 18
Luglio/Agosto dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 19
Chiusura annuale: Dal 1 novembre 2020 al 31 gennaio 2021 e il 1 maggio.
Ingresso 2020: 6 €
Tariffa ridotta: 4 € (giovani da 11 a 18 anni, studenti, disoccupati, portatori di handicap). I bambini sotto gli 11 anni entrano gratuitamente.
Gruppi: Visita guidata su prenotazione, prezzo su richiesta
Per ulteriori informazioni:
www.musee-escoffier.com
PS: Esiste anche
un’associazione denominata "I Discepoli di Escoffier”. Nata a Nizza nel
1954, si è sviluppata in Francia e all’estero attraverso delegazioni regionali
e nazionali con l’obiettivo di unire i discepoli di Escoffier nel mondo, trasmettendo
elevate conoscenze culinarie e favorendo la loro evoluzione. Conta attualmente
più di 25.000 soci nell’intero pianeta.
Fu inoltre il primo a pensare al modo di conservazione degli alimenti ed a pasti veloci e equilibrati.
Introdusse poi il concetto di menù a prezzo fisso e sosteneva l’importanza della convivialità a tavola, in cui il benessere del cliente è la priorità per attrarre gli ospiti.
Ha formato altresì più di 2.000 cuochi, portabandiera della cucina e dei prodotti francesi nel mondo, senza dimenticare che insieme a César Ritz (colui dal quale prese il nome il famoso hotel parigino) diede un grande impulso all’industria alberghiera di lusso internazionale.
Creò tra l’altro anche la prima associazione mutualistica per cuochi in Gran Bretagna, per aiutare i suoi colleghi che si trovavano in difficoltà.
Il Museo è un piccolo gioiello ambientato proprio nella casa natale di Escoffier, risalente al XVIII secolo.
Nelle dieci sale in cui si articola appaiono ricordi del maestro, oggetti e utensili dell’epoca, prodotti di sua invenzione, lettere, fotografie, sculture in zucchero e cioccolato, una grande e fornita biblioteca e un centro di ricerca sulla gastronomia, aperto a tutti su appuntamento. Ovviamente si possono visitare, quasi entrando nella vita privata del padre della cucina moderna, il suo salotto, l’ufficio, la cantina, il girarrosto, il potager…
Molto interessante è anche la sala dedicata ad una notevole collezione di menù, che permettono di compiere un viaggio nella storia della gastronomia. Dalla nascita dei menù nell’ottocento agli anni 2000, passando per menù storici come quello in occasione dell'incoronazione del Re Edoardo VII di Inghilterra.
Da rilevare che in luglio ed agosto la visita al Museo si conclude con l’assaggio della famosa Pesca Melba, ricetta inventata da Escoffier.
Di grande interesse è anche la Fondazione che porta il suo nome, che nacque grazie a Joseph Donon, discepolo di Escoffier, che la volle creare in sua memoria.
La Fondazione ha l’obiettivo di arricchire le collezioni del Museo d'Arte Culinaria per rafforzare la comunicazione sulla storia della gastronomia; organizzare lezioni per consentire agli chef francesi e non solo di mantenere un alto livello di aggiornamento; contribuire al miglioramento della ricerca in campo culinario, organizzando incontri e simposi con esperti di questo settore.
“La Fondazione deve essere un riferimento per la formazione e la comunicazione sull’arte culinaria - afferma Michel Escoffier, Presidente della Fondazione e pronipote di Auguste. Viaggiando molto mi sono reso conto di quanto fosse conosciuto Escoffier nel mondo ed allora ho voluto riscoprire il mio patrimonio familiare e ho profuso tutti i miei sforzi per trasmetterlo e coltivarlo. Il mio obiettivo è quello di trasferire il patrimonio di Auguste Escoffier ai giovani. Mio nonno ha permesso alla cucina di passare dal medio evo ai tempi moderni. Essa, come la moda, è in perpetua evoluzione e deve prendere in considerazione i cambiamenti nel modo di vita delle persone. Le cose che non cambieranno, invece, sono i fondamenti della cucina”.
A questo punto non ci resta che visitare questo importante luogo del gusto, riconducibile ad un uomo che ha fatto la storia della cucina francese e internazionale. Per i foodies come me amanti della Francia e della gastronomia d’oltralpe una visita al Museo è davvero d’obbligo. Ma penso che anche a chiunque ami la buona cucina in generale una capatina in questo luogo non dispiaccia per niente. Mi sbaglio?
dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 18
Luglio/Agosto dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 19
Chiusura annuale: Dal 1 novembre 2020 al 31 gennaio 2021 e il 1 maggio.
Tariffa ridotta: 4 € (giovani da 11 a 18 anni, studenti, disoccupati, portatori di handicap). I bambini sotto gli 11 anni entrano gratuitamente.
Gruppi: Visita guidata su prenotazione, prezzo su richiesta
www.musee-escoffier.com
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