Ho
sempre amato gli eventi che uniscono gli aspetti culturali con quelli
enogastronomici, potendo in tal modo arricchire le mie conoscenze e al tempo
stesso mangiare e bere bene.
Uno di questi è stato quello a cui ho partecipato qualche giorno fa, che prevedeva una visita al Monte dei Cocci nel quartiere di Testaccio a Roma, combinata con un brunch biologico nel limitrofo locale Ketumbar.
Devo dire che, pur abitando a Roma da tanto tempo, non avevo mai visitato il Monte dei Cocci ed ho trovato particolarmente interessante la passeggiata che abbiamo fatto, “scalando” la piccola ascesa con una brava guida che ci ha illustrato la sua storia.
Uno di questi è stato quello a cui ho partecipato qualche giorno fa, che prevedeva una visita al Monte dei Cocci nel quartiere di Testaccio a Roma, combinata con un brunch biologico nel limitrofo locale Ketumbar.
Devo dire che, pur abitando a Roma da tanto tempo, non avevo mai visitato il Monte dei Cocci ed ho trovato particolarmente interessante la passeggiata che abbiamo fatto, “scalando” la piccola ascesa con una brava guida che ci ha illustrato la sua storia.
Il
Monte dei Cocci (alto circa 54 metri sul livello del mare) accoglieva tutte le
panciute anfore non più utilizzabili, in cui ai tempi dei romani veniva
trasportato principalmente l’olio proveniente dall’Andalusia e dal Nord Africa.
Questo monte si situava in una zona commerciale, vicina al porto fluviale, a
partire dalla quale le merci (olio, vino, grano) venivano poi smistate nelle
varie zone della città.
Le anfore di terracotta contenenti gli oli, non essendo smaltate all’interno, non potevano più essere utilizzate e quindi venivano accatastate in una zona dedicata, che divenne presto un monte artificiale, formato proprio dai loro cocci (si calcola che nel tempo le anfore depositate siano ammontate a oltre 53 milioni!).
Le anfore di terracotta contenenti gli oli, non essendo smaltate all’interno, non potevano più essere utilizzate e quindi venivano accatastate in una zona dedicata, che divenne presto un monte artificiale, formato proprio dai loro cocci (si calcola che nel tempo le anfore depositate siano ammontate a oltre 53 milioni!).
Dopo aver acquisito interessanti notizie sulle sorti di questo monte successive al periodo romano, abbiamo avuto modo di ammirare dall’alto un panorama inedito di Roma o perlomeno di una parte di essa. Suggestiva, in particolare, la vista sulla Piramide Cestia e su tutta la zona di Testaccio e dell’Aventino.
Finita
l’interessante visita, è stata la volta della degustazione di un ottimo brunch
bio al vicinissimo Ketumbar che conserva al suo interno (in un’ideale
continuità con quanto avevamo visto prima) dei resti del Monte di Cocci,
trovandosi proprio ai suoi piedi.
Il
brunch, a differenza di altri brunch della capitale, è molto curato, con utilizzo
di prodotti di qualità, combinazioni di materie prime sfiziose ed equilibrate e
con un giusto e saggio uso delle spezie, mai eccessivamente prevalenti.
Nell’ambito
dei piatti offerti, meritano una citazione gli arancini vegetariani, la crema
di borlotti, latte di cocco, menta e basilico, i buonissimi soufflé di verdure
e i rigatoni freddi col pesto. E ancora lo sformato di alici e finocchi o il
pollo con mele, curcuma e uvetta.
Menzione speciale poi per i dolci, preparati da Alessia Arduini, formatasi alla “scuola” di Pietro Leeman.
Menzione speciale poi per i dolci, preparati da Alessia Arduini, formatasi alla “scuola” di Pietro Leeman.
Dei
dessert con un ottimo equilibrio di sapori, come la buonissima crostata di farro,
senza uova, con ricotta di capra addolcita da caramello "integrale"
salato o il remake di cheese cake, con yogurt e ricotta e con salsa ai lamponi.
Buoni anche i brownie, gluten free, di frutta secca salata e dolce e il crumble
di farro con pere, rum e cioccolato, davvero da leccarsi i baffi. Viva i brunch
di qualità!
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