Nelle mie lunghe vacanze trascorse da bambino ad Ischia ricordo sempre di essermi preso del tempo per osservare incuriosito gli anziani che giocavano a bocce.
Tipicamente ciò avveniva nel tardo pomeriggio, quando il sole era meno violento e cominciava a comparire qualche fascia di ombra sul terreno di gioco.
I giocatori erano esclusivamente isolani, con tanta esperienza accumulata in innumerevoli partite, e nei limiti del possibile davano anche abbastanza spettacolo. Mi divertiva vederli giocare.
Sulla scorta di tanto “know-how” accumulato, poi, provavo con gli amici a giocare a bocce in spiaggia, in modo molto più rudimentale, con risultati comunque inaspettatamente accettabili.
Ora recentemente e dopo tanto tempo ho nuovamente assistito ad una partita di bocce nella stessa Ischia, in una bella “location” sul lungomare e in un campo quasi professionale, in terra battuta.
Inevitabilmente quindi la mia mente è tornata nel mio passato di bambino ed è stato piacevole ricordare e rinfrescarmi la memoria sulle regole di un gioco semplice ma comunque tecnico.
Al di là di
questo, mi piace anche pensare all’aspetto “filosofico” di questo gioco nelle
sue diverse varianti, che si pratica sempre in caldi e luminosi luoghi del
Mediterraneo, trabordanti di sole.
Penso ad esempio al gioco “parente” delle bocce e cioè la petanque, che si pratica in tutta la Provenza dove è nato o in Costa Azzurra, ma anche in Corsica, magari in prossimità dei porti, come può accadere a Bonifacio.
Posti dove le mitiche bocce di acciaio sono magistralmente lanciate da caratteristici personaggi con le facce bruciate dal sole, con camicie scollate comode e fresche e il mediterraneo nel DNA quasi come, mi piace pensare, i protagonisti dei romanzi di Jean Claude Izzo, che bazzicava la città di Marsiglia e i suoi dintorni.
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