In tanti anni
di blog credo di non aver mai pubblicato una mia ricetta sulla trippa. Sembra
incredibile ma è così.
Nella mia famiglia, del resto, non c'è una consolidata tradizione nel mangiarla, anche se questa materia prima non mi dispiace per niente, anzi.
In ogni caso l'unico modo in cui normalmente la mangio è quello classico, alla romana, con menta e pecorino: buonissima!
Tra le altre ricette che conosco a base di trippa, ve ne sono almeno altre due-tre che vorrei menzionare.
Posso senz'altro dire innanzitutto che in terra di Toscana piatti a base di trippa e dintorni non mancano, in quanto rientrano nella sua cucina tradizionale. La prima cosa che mi viene in mente, ad esempio, è lo street food per eccellenza di quelle parti, il lampredotto. Ho assaggiato inoltre tempo fa un'ottima trippa alla fiorentina in un viaggio verso il Cheese di Bra quando ci fermammo per una pausa nei pressi di Firenze. Un gran piatto che prevede l'utilizzo anche di sedano-carota-cipolla, aglio, rosmarino e del parmigiano al posto del pecorino.
E poi c'è il piatto che vi presento oggi, che mi ha sempre incuriosito e che pare sia preparato nella zona di Montalcino: la trippa allo zafferano.
L'assaggio/degustazione non l'ho fatto in Toscana bensì a casa mia, di recente. Si tratta di una ricetta molto semplice, ma vi assicuro buonissima.
Eccola:
In un bicchiere (o in una tazza da latte) di acqua calda far decantare per un'ora degli stimmi di uno zafferano di qualità magari proprio toscano, ad esempio quello della Val d'Orcia o di San Gimignano (io invece ne ho usato uno altrettanto buono, quello Dop di Sardegna, di San Gavino).
Nel frattempo cuocere la trippa tagliata a listarelle (di solito in commercio è venduta già così, in vaschette) in acqua bollente per circa 15-20 minuti.
Successivamente in una padella far imbiondire in olio extravergine dell’aglio e della cipolla e versarvi dentro la trippa cotta. Alzando la fiamma, sfumare con del vino bianco fino a far evaporare la sua parte alcolica. Salare e pepare. Cuocere quindi a fuoco lento, aggiungendo lo zafferano e la sua infusione, e continuando la cottura per altri 20 minuti. Se la preparazione divenisse troppo secca, aggiungere poca acqua. A cottura ultimata, impiattare cospargendo la preparazione di una generosa dose di pecorino grattugiato, preferibilmente di Pienza (io ho invece usato, per fare il bastian contrario, un ottimo pecorino Romano :-). Ovviamente il vino in abbinamento “deve” essere un Chianti.
Da grande amante della Francia, infine, non posso esimermi dal citare un altro ottimo modo di preparare la trippa. In Normandia vi è infatti un celebre piatto tipico, la “Tripe à la mode de Caen” (citato anche da Simenon nei romanzi del Commissario Maigret) che viene preparato utilizzando anche del sidro secco e del Calvados, bevande tipiche della regione. In questa ricetta è previsto anche l’utilizzo del piedino di bue, oltre a molti ortaggi ed erbe aromatiche che cuociono per lunghissimo tempo in un apposito recipiente di terracotta, la "tripière”.
Esiste persino una Confraternita, chiamata della Trippiera d'Oro, che tutela l’autentica ricetta di questa trippa e premia annualmente chi la cucina meglio.
Buona trippa a tutti!
Nella mia famiglia, del resto, non c'è una consolidata tradizione nel mangiarla, anche se questa materia prima non mi dispiace per niente, anzi.
In ogni caso l'unico modo in cui normalmente la mangio è quello classico, alla romana, con menta e pecorino: buonissima!
Tra le altre ricette che conosco a base di trippa, ve ne sono almeno altre due-tre che vorrei menzionare.
Posso senz'altro dire innanzitutto che in terra di Toscana piatti a base di trippa e dintorni non mancano, in quanto rientrano nella sua cucina tradizionale. La prima cosa che mi viene in mente, ad esempio, è lo street food per eccellenza di quelle parti, il lampredotto. Ho assaggiato inoltre tempo fa un'ottima trippa alla fiorentina in un viaggio verso il Cheese di Bra quando ci fermammo per una pausa nei pressi di Firenze. Un gran piatto che prevede l'utilizzo anche di sedano-carota-cipolla, aglio, rosmarino e del parmigiano al posto del pecorino.
E poi c'è il piatto che vi presento oggi, che mi ha sempre incuriosito e che pare sia preparato nella zona di Montalcino: la trippa allo zafferano.
L'assaggio/degustazione non l'ho fatto in Toscana bensì a casa mia, di recente. Si tratta di una ricetta molto semplice, ma vi assicuro buonissima.
Eccola:
In un bicchiere (o in una tazza da latte) di acqua calda far decantare per un'ora degli stimmi di uno zafferano di qualità magari proprio toscano, ad esempio quello della Val d'Orcia o di San Gimignano (io invece ne ho usato uno altrettanto buono, quello Dop di Sardegna, di San Gavino).
Nel frattempo cuocere la trippa tagliata a listarelle (di solito in commercio è venduta già così, in vaschette) in acqua bollente per circa 15-20 minuti.
Successivamente in una padella far imbiondire in olio extravergine dell’aglio e della cipolla e versarvi dentro la trippa cotta. Alzando la fiamma, sfumare con del vino bianco fino a far evaporare la sua parte alcolica. Salare e pepare. Cuocere quindi a fuoco lento, aggiungendo lo zafferano e la sua infusione, e continuando la cottura per altri 20 minuti. Se la preparazione divenisse troppo secca, aggiungere poca acqua. A cottura ultimata, impiattare cospargendo la preparazione di una generosa dose di pecorino grattugiato, preferibilmente di Pienza (io ho invece usato, per fare il bastian contrario, un ottimo pecorino Romano :-). Ovviamente il vino in abbinamento “deve” essere un Chianti.
Da grande amante della Francia, infine, non posso esimermi dal citare un altro ottimo modo di preparare la trippa. In Normandia vi è infatti un celebre piatto tipico, la “Tripe à la mode de Caen” (citato anche da Simenon nei romanzi del Commissario Maigret) che viene preparato utilizzando anche del sidro secco e del Calvados, bevande tipiche della regione. In questa ricetta è previsto anche l’utilizzo del piedino di bue, oltre a molti ortaggi ed erbe aromatiche che cuociono per lunghissimo tempo in un apposito recipiente di terracotta, la "tripière”.
Esiste persino una Confraternita, chiamata della Trippiera d'Oro, che tutela l’autentica ricetta di questa trippa e premia annualmente chi la cucina meglio.
Buona trippa a tutti!
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