27 maggio 2025

La Corsica fuori stagione: un variegato patrimonio tra gastronomia e natura di cui godere pienamente


Sono stato recentemente invitato ad un press tour nel Nord della Corsica. E’ stata l’occasione per scoprire dei territori che non conoscevo affatto e che ho potuto apprezzare pienamente lontano dalla maggiore affluenza turistica estiva con un clima non ancora troppo afoso, quindi assolutamente ideale. Il tutto con il prezioso supporto di una guida colta e preparata.

Sono approdato in Corsica tramite un mezzo di trasporto decisamente confortevole: gli ottimi traghetti di Corsica Ferries detti pure le “navi gialle” (di cui vi parlerò in un post a parte) che, partendo da Savona (Vado Ligure) e tramite una comoda traversata notturna, mi hanno fatto approdare, insieme ad un affiatato gruppo di travelblogger, all'affascinante cittadina di Bastia.

Bastia, l’énigmatique 

La prima impressione di Bastia è quella di una cittadina classicamente mediterranea ma con delle sue specifiche caratterizzazioni. 

Ho potuto scoprire lentamente una Bastia ancora sonnecchiante un sabato mattina presto passeggiando dalla Cittadella alle stradine del Porto Vecchio (dove le imbarcazioni da diporto si mescolano a quelle dei pescatori in un’allegra confusione di stili e colori) e passando per un centro storico ricco di testimonianze del suo passato genovese che si alternano con realizzazioni architettoniche decisamente moderne e innovative. 

Nel corso della passeggiata, ho iniziato a scoprire quanto affascinante e per certi versi divertente possa essere la lingua corsa, a cominciare dai nomi delle strade e continuando con insegne e targhe incontrate qua e là.

A Bastia molto intriganti sono inoltre le chiese, come gli oratori di San Rocco e dell’Immacolata Concezione, che invitano ad entrare e a scoprire tesori insospettabili.

Nelle vicinanze non si può non scorgere la place du Marché o “u Mercà” come ama chiamarla la gente del posto. Durante il fine settimana questa piazza riscopre i profumi, i colori e i sapori di un tempo, con un mercato che vede come protagonisti i produttori dei villaggi circostanti. Ecco allora che si assiste ad un trionfo di sapori regionali come coppa, lonzu, figatellu, ciambelle, formaggi ovini e caprini (tra cui il mitico Dop Brocciu, il formaggio fresco monumento della Corsica), i tipici biscotti (canistrelli), i migliacci (tortini al formaggio), beignets dolci e salati, ecc.


La piazza del mercato, fiancheggiata da platani, offre un accesso diretto alla bella chiesa di Saint Jean-Baptiste ed è senza dubbio uno dei quartieri più pittoreschi della città. Qui si fondono tutte le generazioni e tutte le classi sociali vivono al ritmo di questo colorato quartiere.

Poco più avanti, dopo aver percorso una via pedonale piena di boutique e di botteghe gastronomiche, non si può non visitare la Place St. Nicolas. Come una terrazza all’aperto che si affaccia sul Mediterraneo questa vasta piazza, fiancheggiata da ristoranti e caffè, è un vivace luogo d’incontro. Ogni domenica mattina qui si svolge anche il tradizionale Mercato delle Pulci, che attira tanti appassionati dell’usato. Si può ammirare inoltre anche una statua di Napoleone, con edifici borghesi del XIX secolo sullo sfondo.

In questa stessa piazza gli amanti degli aperitivi e del buon bere (e non solo) devono obbligatoriamente fare un salto da Mattei. Il Concept Store Mattei è l'unico negozio in Corsica classificato come Monumento Storico (sui depliant del negozio si legge infatti “Commerce inscrit au titre des monuments historiques"). In effetti la nascita della relativa distilleria risale al 1872, anno in cui Louis Napoléon Mattei ebbe l'idea di creare un liquore per aperitivo a base di vino e china denominato Le Cap Corse Mattei, spinto dall'idea di promuovere la produzione locale trasformandola in un prodotto unico. Mattei sviluppò così anche altre ricette di liquori a base di frutti per cui la Corsica è vocata, come il cedro e il mirto.

Questo negozio è un luogo caldo e accogliente dove tutto è fedelmente conservato. Qui troverete naturalmente i prodotti L.N. Mattei, ma anche una vasta gamma di vini, liquori e specialità gastronomiche ricercate e di nicchia. Vi consiglio di consumare o di portare con voi come prezioso souvenir o regalo il Cap Corse rosso (caldo e voluttuoso, con sottili componenti amare, da gustare con ghiaccio e scorza d'arancia) o il bianco (quello che preferisco), con sentori agrumati di cedro e limone. Nel rispetto della loro ricetta storica, questi prodotti sono composti da vini corsi provenienti dai vitigni Moscato e Vermentinu, miscelati con macerazioni di corteccia di china, cedro corso e una selezione segreta di frutta, piante e spezie esotiche locali. 

Sono ottimi poi i liquori ottenuti da altre materie prime del territorio, come quelli al mandarino o alla castagna.

A pochi passi da Place Saint-Nicolas, vale la pena poi di scoprire un interessante ristorante dal nome ADN. Qui lo chef Quentin Sanchez ha voluto fornire una nuova identità (da qui il nome ADN che vuol dire DNA) al precedente ristorante, per scrivere una nuova pagina di questa realtà gastronomica. Abbiamo gustato un menù davvero interessante con preparazioni originali di terra e di mare ispirate al territorio corso come l'originale cappuccino d'araigneée, l'entrecôte de cochon corse, gnocchi frits a la châtaigne et légumes printaniers (super buona!) e per finire il tipico fiadonette con brocciu e limone. Ottimi anche i vini locali proposti, oltre che il pane fatto in casa ("maison").


Una Corsica dolce come il miele
 

Sempre per seguire un file rouge gourmet un’interessante escursione non lontana da Bastia (circa mezz’ora di auto in direzione ovest) è quella che abbiamo fatto nella zona di Patrimonio dove risiede l’azienda dell’apicoltore Pierre Carli. Pierre Carli è uno storico imprenditore molto colto e informato che ci ha trasmesso tante interessanti informazioni sul suo miele eccezionale che abbiamo potuto meravigliosamente degustare in varie tipologie (almeno 5 o 6), dalle più dolci a quelle dal gusto più deciso (stupendo quello di castagno). 

Un miele molto particolare, a denominazione di origine protetta, prodotto in una zona con caratteristiche climatiche e floristiche del tutto uniche, avendo a disposizione una ricca vegetazione di macchia mediterranea con 2.800 specie di piante e fiori (di cui 127 esistono solo in Corsica!). 

Un prodotto, inoltre, che si ottiene da api nere tipiche della Corsica che si adattano perfettamente alle condizioni climatiche e geografiche dell'isola, e possiedono la capacità di sfruttare al meglio il susseguirsi delle diverse fioriture durante tutto l'anno. Interessante è anche il fatto che per ottenere le diverse varietà di miele, gli apicoltori effettuano una sorta di transumanza portando gli alveari e le loro api dal mare alla montagna nel corso delle stagioni, seguendo le fioriture complesse e variegate della macchia mediterranea o della foresta corsa.

Il passaggio verso ovest in direzione Île Rousse toccando la piacevole località marinara di Saint Florent non è stato un semplice trasferimento. 

Saint Florent

Attraversando orizzontalmente la Corsica del Nord si può ammirare un panorama bellissimo e variegato, con tanta macchia mediterranea dalle tonalità variabili di verde scuro, inframezzate da aspre montagne talvolta erose dal vento, con in lontananza il mare e Cap Corse… Non è un caso che in questa zona abbiamo fatto varie soste in diversi punti panoramici per scattare delle stupende foto, decisamente “instagrammabili”.


Île Rousse et Calvi, due perle imperdibili
 

L’approdo a Île Rousse nella zona della Balagne è stato bellissimo. Vi siamo giunti quasi all’ora del tramonto, un momento in cui la giornata ha tirato fuori il meglio dei suoi colori dopo esser stata in prevalenza grigia e uggiosa. Del resto il nome Île Rousse deriva proprio dal fatto che questo lembo di terra si “accende” di rosso al tramonto.

Anche Île Rousse ha la sua sirenetta

L'Île-Rousse è conosciuta per la bellezza dei suoi paesaggi, la ricchezza del suo patrimonio e la sua autenticità. Riunisce spiagge bellissime, paesini collinari caratteristici nell'entroterra e zone montuose e foreste. Molto carino è il centro storico (con alcune case con scale interne alla fiorentina) nel quale è possibile visitare anche il mercato coperto. Anche in questo caso l’offerta è favolosa ed è un paradiso per i golosi: formaggi caprini ed ovini, salumi ed insaccati provenienti dalle zone interne e tanti prodotti freschi locali soprattutto frutticoli come le tipiche clementine (anch’esse dotate di un marchio AOP).

E’ molto piacevole inoltre passeggiare, specie fuori stagione, sul lungomare al mattino presto in cui regna una calma interrotta solo dal lieve rumore delle onde. O tenersi in forma con una corsetta respirando aria di mare.

Ciò sarà ancora più facile se risiederete, come è capitato a me, a due passi dal mare presso l’ottimo, curato e confortevole hotel a quattro stelle Liberata. Sempre a due passi (di numero) dal mare per una cenetta romantica o rilassante consiglio il ristorante “A Siesta” in cui si possono gustare specialità di terra e di mare di grande qualità.

Al porto di Île-Rousse si può infine scorgere un affascinante faro, denominato faro della Pietra o faro di Isola Rossa, che si staglia su un edificio a base quadrangolare, accanto al quale è ubicato un fabbricato di guardia.

Da Île-Rousse siamo poi giunti nella vicina Calvi, che colpisce subito con le sue imponenti mura della Cittadella che si affaccia, dall'alto, sul mare. Scendendo verso la marina ed il suo porto la domenica si scorgono un bel mercatino del pesce (anche se non grande) e tanti piacevoli e caratteristici ristorantini. E' bello poi inoltrarsi nelle "ruelles" del paesino e apprezzare tanti negozietti di artigianato locale.

A Calvi vale la pena di vedere anche la sua immensa baia, la sua lunga spiaggia, il profilo delle montagne innevate fino a maggio... ma fuori stagione si possono svolgere anche altre piacevoli attività. Come ad esempio recarsi a fare una splendida degustazione di formaggi presso un locale molto interessante, Le bistrot des fromagers.

E' l'occasione per assaggiare dei formaggi ovini e caprini tipici dell'isola splendidamente presentati insieme a tanta colorata frutta secca e dai sapori e dall’intensità molto diversificati, che ben si sposano con gli interessanti vini del territorio.


Ma il bistrot des fromagers è anche un tripudio di formaggi provenienti da ogni parte della Francia e non solo ed è un luogo davvero da non perdere per i viaggiatori gourmet ma anche per chiunque ami il buon cibo. 

Un atelier di cucina a Montegrosso 

Nell'entroterra di Calvi e precisamente a Montegrosso un'altra ottima cosa da fare in questa zona è partecipare ad un atelier di cucina presso la Manufacture D’Oriano. Si tratta di una bella struttura immersa nel verde che è al tempo stesso ristorante (anche con consegne a domicilio), bed and breakfast, bottega di prodotti tipici e scuola di cucina. Quest’ultima accoglie in un'atmosfera rilassata e amichevole, piccoli gruppi o singoli individui per realizzare corsi dai livelli base a quelli più avanzati. In quest’occasione, sotto la guida di Frédérique D’Oriano, abbiamo cucinato dei gustosi piatti dividendoci in tre gruppi. 

Abbiamo preparato dei magnifici involtini di melanzane cotti al forno ripieni di brocciu con erbe aromatiche e una golosa crème brulée. Il frutto del nostro lavoro è stato poi degustato e consumato in una stupenda terrazza all’aperto.

I nostri pochi giorni in Corsica, sebbene molto intensi, si sono conclusi così, splendidamente, così come altrettanto meraviglioso è stato l’intero viaggio.

L’impegno con me stesso è quello di tornarci con più calma, magari fuori stagione, per apprezzare maggiormente l’enorme patrimonio naturale, culturale ed enogastronomico che quest’isola possiede. E il “dito” di Cap Corse, che così tante volte ho avvistato dalle località visitate, è lì quasi a farmi da promemoria per un prossimo viaggio nell’Ile de Beauté. Cosa che credo farò molto presto.

Per ulteriori informazioni:

Ufficio del turismo francese in Italia

Corsica Ferries

Visit Corsica

Invitato da Ufficio del turismo francese in Italia e Corsica Ferries Italia

2 maggio 2025

Un “montarozzo” di bontà

Un’altra gustosa ricetta che ho preparato recentemente in occasione degli show cooking on line organizzati dalla Camera di Commercio di Rieti e Viterbo e dalla sua Azienda Speciale Centro Italia nell’ambito del Progetto Turismo e Cultura è quella dei Fagioli in greppa.

Per questa preparazione a dirigere lo show cooking è stato lo chef Marco Ceccobelli che ci ha fornito anche interessanti informazioni riguardo a questo semplice ma buonissimo piatto che fa parte della tradizione gastronomica del viterbese.

Innanzitutto cosa vuol dire “in greppa”? Ebbene, con il termine in “greppa” un tempo venivano indicate tutte quelle preparazioni il cui ingrediente principale erano i fagioli, conditi nei più diversi modi, che poi venivano serviti su delle fette di pane in cui i fagioli andavano a formare una sorta di montagnetta, la “greppa” appunto.

Il termine “in greppa”, deriverebbe dal latino – medievale “grippus”, trasformatosi poi nel termine “greppa”.

Che tipo di fagioli usare per questa ricetta? L’ideale è utilizzare i fagioli gialli Secondo o della Stoppia di San Lorenzo (come quelli dell’azienda Il Cerqueto) che fanno parte del paniere dei prodotti tipici del territorio della Comunità Montana Alta Tuscia Laziale*. Si tratta di fagioli che venivano seminati tassativamente nella terza decade di giugno, successivamente alla mietitura del frumento, per permetterne la maturazione intorno alla fine di agosto. Da qui derivano le denominazioni di “fagiolo secondo”, in quanto prodotto di secondo raccolto, o “fagiolo della stoppia”, in quanto seminato sulle stoppie (gli steli residui di grano che restano nel campo dopo la mietitura) del frumento appena lavorate. 

Ecco gli ingredienti (per due persone) di questa ottima ricetta: 

300 gr di fagioli gialli della stoppia di S. Lorenzo; 1 cipolla; olio EVO; sale, pepe qb; 4 fette di pane raffermo. 

Procedimento

Mettere i fagioli a bagno per 12 ore con due foglie di alloro e un cucchiaio di bicarbonato, poi lessare fino alla cottura desiderata. Scolati i fagioli, conservare l’acqua di cottura.


In una padella far soffriggere la cipolla, unire i fagioli, e condire con sale e pepe. Porre nel piatto da portata le fette di pane, bagnandole con l’acqua di cottura dei fagioli; metterci sopra i fagioli creando la “greppa” cioè una piccola montagnella (o “montarozzo” come si dice in dialetto) di fagioli.

Questo piatto può essere condito anche con altri ingredienti: al posto della cipolla si può utilizzare un fondo con guanciale (senza utilizzare l’olio in questo caso) o si può unire l’aringa a completare il piatto conferendogli un gusto più complesso. Per arricchire i fagioli in greppa si può aggiungere anche della cipolla o delle cipolline crude che con i fagioli si abbinano molto bene, condendo questi ultimi, una volta lessati, con olio e sale.

Vi invito quindi ad assaggiare in tutti questi modi i fagioli di cui sopra (io ci ho preparato anche una mitica pasta e fagioli!). 



Ed a proposito di assaggi e di meravigliose materie prime dell’Alto Lazio e non solo vi segnalo che dal 17 al 19 maggio sempre nelle Tuscia ed in particolare a Viterbo si terrà l’evento “ASSAGGI” il Salone dell'enogastronomia laziale, una tre giorni tra sapori, odori e storie da gustare e ascoltare. Con 70 espositori, show-cooking, laboratori, talk, chef stellati, percorsi sensoriali e degustazioni, Assaggi 2025 celebra l’eccellenza delle produzioni agroalimentari del Lazio in un contesto unico, il duecentesco Complesso di Santa Maria in Gradi.

Andiamoci!


*La Tuscia è terra di grandi legumi di qualità, come ad esempio i ceci del solco dritto di Valentano (espressione di una tradizione contadina: la tiratura del solco dritto. A seconda che il solco tirato dai buoi o dal trattore riesca più o meno dritto vengono tratti gli auspici sul raccolto successivo: più il solco sarà dritto, più questo sarà abbondante), i fagioli del purgatorio di Gradoli (che per tradizione si mangiavano il mercoledì delle ceneri in occasione del cosiddetto pranzo del Purgatorio servito con riso in brodo e zuppe di pesce di lago), la lenticchia di Onano (nota anche come “lenticchia dei Papi”, speciale grazie ai terreni dove viene coltivata, vulcanici e sabbiosi), la cicerchia e la roveja (buone queste ultime cotte insieme, come propone lo chef Marco Ceccobelli).

26 aprile 2025

Il CP - LFB

Ho voluto cucinare, perché molto incuriosito, il CP (cioè il chicken pie, ecco risolto il primo acronimo del titolo) dopo aver scritto recentemente della soupe Valery Giscard d’Estaing che si ispirava in parte a questo piatto.

Siccome poi ho adattato a modo mio la ricetta originale del chicken pie, ho chiamato questo piatto CP (Chicken Pie) - LFB (Le Franc Buveur).

Il chicken pie è un opulento piatto che ho subito amato in quanto possiede combinazioni di sapori molto piacevoli e a me gradite e poi perché è rivestito di pasta sfoglia che in genere adoro; inoltre possiede un non so che di regale, con le sue decorazioni che ogni preparatore può a suo modo personalizzare.

Ma veniamo a descrivere questa ricetta che è un po' complessa, ma neanche troppo.

Innanzitutto, ecco di seguito gli ingredienti (per il ripieno e per la pasta esterna): 

Petto di pollo 350 grammi

Olio Evo 3 cucchiai

Funghi champignon 250 grammi

Una Cipolla tritata

Aglio 1 spicchio tritato finemente

Burro 50 grammi

Farina 00 3 cucchiai

Latte 300 ml

Brodo di pollo 200 ml

Noce moscata q.b.

Pepe in grani q.b.

Sale q.b.

Prezzemolo q.b.

Un uovo intero

Pasta sfoglia 2 dischi (va bene anche quella surgelata)


Ecco invece il procedimento:

In un tegame scaldare l'olio e far rosolare i petti di pollo tagliati a pezzetti. Aggiungere i funghi e continuare la cottura fino a che il pollo non sia ben dorato. Mettere il preparato da parte.

Nella stessa padella inserire cipolla e aglio e far cuocere per 2/3 minuti finché non si saranno ammorbiditi. Togliere dal fuoco e mettere a riposare insieme a pollo e funghi.

Sciogliere il burro in una casseruola, incorporare la farina e cuocere per circa tre minuti, mescolando continuamente fino a che non si sia formata una pasta spessa e liscia.

In una brocca mischiare latte e brodo di pollo, aggiungere noce moscata, pepe e sale. Versare la miscela liquida, lentamente, nel roux precedentemente realizzato mescolando per evitare che si formino grumi ottenendo una crema liscia. Cuocere a fuoco lento, mescolando continuamente, fino a che la salsa non si sia addensata. Una sorta di besciamella quindi, ma preparata anche col brodo di pollo che le conferisce maggior sapore e aroma (buonissima!). Aggiungere il prezzemolo tritato, mescolare e versare il tutto sul composto di pollo e funghi. Amalgamare bene il tutto. Versare, quindi, il mix ottenuto in una ciotola e lasciare raffreddare completamente.

Intanto stendere due dischi di pasta sfoglia (il secondo di diametro meno ampio) su una superficie leggermente infarinata e tirarli fino a che raggiungano lo spessore di circa 2/3 mm.

Rivestire un tegame da forno foderato di carta forno con il disco più grande in modo da coprire il fondo e i bordi.

Premere la pasta con le dita per farla aderire bene anche ai lati dello stampo ed eliminare la parte che deborda (che verrà utilizzata per decorare la superficie del pie), conservando un eccesso di solo 1,5 cm. Bucherellare lievemente il fondo con i rebbi di una forchetta.

Inserire il ripieno distribuendolo bene lungo tutto lo stampo e coprire con il disco più piccolo. Sigillare bene i bordi pizzicandoli con le dita, in modo da creare un decoro a forma di cordoncino lungo tutta la circonferenza della torta.

Bucherellare anche la parte superiore del chicken pie e usare la pasta avanzata per realizzare delle decorazioni (io ho scelto di mettere le iniziali del piatto e del mio blog) sulla sommità della torta.

In una ciotolina sbattere l’uovo con una forchetta e spennellare la superficie del pie. Quindi infornare (in forno preriscaldato) a 180° per circa 30 minuti, o comunque fino a doratura.

Una volta cotto, estrarre il chicken pie dal forno e lasciarlo leggermente intiepidire. Infine sformarlo e servirlo.


Ma questa preparazione è buonissima anche fredda, ve lo assicuro!

Bon appétit.

20 aprile 2025

Una ricetta tipica della Tuscia: i ceciliani canepinesi al sugo bianco

 

I ceciliani canepinesi sono una pasta tipica della Tuscia originaria del borgo di Canepina, in provincia di Viterbo.

La sua particolarità sta nella forma: si tratta di un formato lungo (si presenta come uno gnocco allungato di circa 7/10 cm) e cavo, spesso e irregolare, lavorato a mano con una tecnica tradizionale. La sua lavorazione richiede abilità manuale per ottenere la giusta consistenza ed elasticità.

Il ceciliano affonda le radici nella tradizione contadina di Canepina. Le massaie lo preparavano soltanto con acqua e farina, senza uova, per ottenere una pasta sostanziosa ed economica. La lavorazione avviene arrotolando la sfoglia attorno a un ferretto (in origine era quello utilizzato dalle nonne per fare le calze), un attrezzo usato per modellare la pasta, rendendola cava e perfetta per trattenere i condimenti. In analogia quindi ai metodi utilizzati per altri formati regionali, come i maccheroni al ferretto calabresi.

Il ceciliano si abbina bene con sughi robusti e saporiti, come ad esempio:

• i sughi di carne (cinghiale o maiale), arricchiti con spezie e aromi locali

• i sughi a base di funghi porcini e tartufo nero della Tuscia, per una variante più raffinata

Ma possono essere conditi anche con salsa di pomodoro e aglio per una preparazione più semplice ma comunque gustosa. Per esaltarne il sapore si utilizzano poi pecorino romano grattugiato o formaggi locali.

Questa pasta è ancora oggi protagonista di sagre e feste popolari a Canepina, dove viene preparata seguendo la ricetta tradizionale e servita con i sughi tipici della zona.

In occasione dello show cooking on line organizzato dalla Camera di Commercio di Rieti e Viterbo e dalla sua Azienda Speciale Centro Italia nell’ambito del Progetto Turismo e Cultura abbiamo preparato i 

CECILIANI CANEPINESI AL SUGO BIANCO guidati dallo chef Felice Arletti. 

Ecco gli ingredienti (per 2 persone): 

400 gr di farina; 200 ml di acqua; 50 gr di granella di nocciole; 5 gr di finocchietto. 

PROCEDIMENTO

Per ottenere la pasta fresca, preparare l’impasto lavorando la farina e l’acqua. Avvolgere il panetto in una pellicola e lasciar riposare per mezz’ora.

Ricavare dei serpentelli, ed avvolgerli attorno ad un ferretto da maglia (per chi non ce l’avesse, basta anche uno steccone per spiedini), in modo da ottenere dei maccheroncini cavi, simili alle trofie. Dovrebbero essere lunghi circa 7-10 cm.

Portare a bollore dell’acqua in una pentola, aggiungere del sale e versarci i ceciliani. Far cuocere per circa 6/8 minuti.

Nel frattempo mettere un filo d’olio extravergine in padella a fiamma bassa ed aggiungere la salsiccia precedentemente sminuzzata in un piatto e privata della pelle. Cuocere a fiamma media, smuovendo frequentemente la salsiccia sbriciolata. Quando la pasta è pronta scolarla, versarla direttamente in padella e continuare la cottura per cinque minuti. Prima di impiattarla, aggiungere il finocchietto e le nocciole tagliate grossolanamente.

Un piatto rustico, robusto e davvero gustoso che ha come valore aggiunto a mio avviso proprio queste ultime aggiunte (finocchietto e granella di nocciole) che gli conferiscono profumo e croccantezza.

I ceciliani canepinesi si abbinano bene con un Greco di Vignanello.

Alla prossima e…Buona Pasqua!

12 aprile 2025

Il pancristiano e la Via Francigena, un pieno di storia e di semplice bontà

 

Sono ripresi gli ormai tradizionali show cooking organizzati dalla Camera di Commercio di Rieti e Viterbo e dalla sua Azienda Speciale Centro Italia nell’ambito dell’interessante loro Progetto, denominato Turismo e Cultura.

Nella prima parte del 2025 gli show cooking riguardano e riguarderanno i soli piatti (e prodotti) tipici della Tuscia, mentre in autunno l’attenzione si concentrerà su quelli del reatino.

Gli show cooking attualmente in corso continueranno anche nelle date del 15 aprile e 6 maggio. Seguiteli on line: potrete partecipare attivamente anche voi, procurandovi gli ingredienti che vi comunicherò per tempo. Ci sarà da divertirsi!

Lo scorso martedì, ad esempio, ho preparato insieme ad altri blogger e giornalisti con la conduzione del bravissimo chef Felice Arletti una interessante ricetta, intrisa di storia, il Pane Fritto o Pancristiano Fritto.

Infatti già nei libri di cucina del XVI secolo si potevano trovare indicazioni sul pane fritto, che sono rimaste praticamente invariate fino ad oggi.

Nel Medioevo del resto sul territorio italiano transitavano tanti pellegrini che percorrevano la Via Francigena* e quando quest’ultima toccava la Tuscia viterbese i pellegrini venivano rifocillati con una pietanza chiamata Pancristiano fritto, in quanto pane offerto in nome della carità di Cristo. Ciò rappresentava quindi il valore simbolico e sacro dell’ospitalità dei pellegrini lungo il percorso, che ricevevano il sostentamento necessario per affrontare il cammino.


La ricetta era molto semplice e nasceva dall'esigenza di recupero di quanto si possedeva senza sprecare nulla, utilizzando il pane raffermo da immergere in acqua o latte, da passare nell’uovo e da friggere in grasso animale od olio. Spesso, inoltre, veniva insaporito con erbe aromatiche o miele.

Un alimento povero, quindi, ma nutriente ed energetico e facilmente trasportabile, che veniva offerto anche dai monasteri lungo il cammino.

Il Pancristiano era diffuso oltre che nella Tuscia anche in altre regioni lungo la Via Francigena, come la Toscana e la Liguria. Oggi sopravvive in alcune tradizioni locali con varianti regionali, spesso associate a dolci fritti o a pane dorato (simile al french toast).

Ma veniamo alla ricetta di questa buonissima pietanza:

INGREDIENTI

(per due persone)

4 fette di pane casareccio raffermo (circa 400 gr.); 4 uova; erbe aromatiche varie (rosmarino, salvia, alloro); 300 gr di farina 00; 500 gr di pan grattato; olio extravergine q.b (minimo 250 cl); sale fino q.b.

PROCEDIMENTO

Tagliare le fette di pane. Inserire in una ciotola grande i tuorli delle uova sbattuti. Versare la farina in un piatto piano grande. Porre inoltre il pangrattato in un altro piatto piano grande.

In una padella inserire dell’olio extravergine (della Tuscia) e immergervi le erbe aromatiche, accendere il fuoco al minimo per qualche minuto e quindi far rosolare il pane da entrambe le parti. Spegnere il fuoco.

Intanto immergere il pane prima nella farina, poi nelle uova, e poi ancora nel pan grattato; ripetere la procedura, ma nella seconda tornata passarlo solo nell’uovo e poi nel pangrattato; far riposare un minuto.

Versare altro olio nella padella, togliendo preventivamente le erbe aromatiche, alzare la temperatura e a bollore dell’olio immergere il pane e farlo friggere bene su tutti i lati fino a doratura. Aggiungere sale a piacere. 

Del pancristiano c’è anche una variante dolce: immergere le fette di pane raffermo nel latte, poi nelle uova sbattute (intere questa volta) e friggerle direttamente in padella, senza passarle nel pan grattato. A piacere si può poi aggiungere sopra dello zucchero.

Che vino si può abbinare alla versione salata? Sicuramente un bianco Greco di Vignanello o un Grechetto viterbese.

La versione salata si può accompagnare con stracciatella e cime di rapa o cicoria (entrambe saltate in padella). In tal modo il piatto presenterà note aromatiche, dolci (stracciatella) e amare (cicoria o cime di rapa), con in più un contrasto caldo-freddo e una nota croccante.

Io, non avendo in casa nessuna verdura, ho optato per una versione con fiordilatte, olio della Tuscia e origano del Monte Epomeo (Ischia): buonissima lo stesso!


Concludo qui il mio lungo post di oggi. Allora al prossimo show cooking del 15 aprile, quando cucineremo i fagioli in greppa (vi darò indicazioni sui social su quali ingredienti procurarvi e il link per il collegamento Facebook).


*La Via Francigena (che significa “proveniente dalla Francia” e che indicava la strada percorsa dai pellegrini che arrivavano dai territori franchi) è parte di un fascio di percorsi che dall'Europa occidentale, in particolare dalla Francia, conducevano nel Sud Europa fino a Roma, proseguendo poi verso la Puglia, dove vi erano i porti d'imbarco per la Terrasanta, meta di pellegrini e di crociati. Era una delle principali vie di comunicazione medievali, utilizzata anche da mercanti e sovrani diretti verso la Città Eterna.

Oltre al significato religioso, la Via Francigena ha avuto un ruolo fondamentale nei commerci e negli scambi culturali tra il Nord e il Sud Europa. Oggi è un itinerario turistico e spirituale, riconosciuto dal Consiglio d’Europa come Itinerario Culturale Europeo, attirando pellegrini e viaggiatori da tutto il mondo.

Per chi volesse, come me, percorrere la via Francigena nella terra della Tuscia vi segnalo che quest’ultima viene attraversata seguendo un tratto di grande rilevanza storica e paesaggistica. I principali centri toccati nella provincia di Viterbo sono: 

• Proceno

• Acquapendente (con il suggestivo Santo Sepolcro nella Basilica del Santo Sepolcro)

• San Lorenzo Nuovo

• Bolsena (famosa per il miracolo eucaristico del Corpus Domini)

• Montefiascone (noto per il vino Est! Est! Est!)

• Viterbo (la “Città dei Papi”, con il Palazzo Papale e il quartiere medievale di San Pellegrino)

• Vetralla

• Capranica

• Sutri (con l’anfiteatro romano scavato nel tufo)

• Monterosi