Il mare, il buon bere, il mangiare bene e...chi più ne ha, più ne metta

28 gennaio 2014

A Parigi si può andare per…


Nella Ville Lumière si può andare per tante ragioni, tra cui evidentemente quelle legate allo charme della città e alla bellezza dei suoi monumenti.
Ma quando, come succede a me, capita di tornarci tante volte, c’è sempre qualche ottimo motivo o “scusa” per riandarci ancora in (tante, innumerevoli) altre occasioni.
Con questo pretesto, vi racconto quello che non vi ho ancora detto dell’ultimo mio viaggio a Parigi e che può rappresentare senza dubbio una ragione per tutti voi per andarci/tornarci.
Comincerei col dire quindi che a Parigi si può andare per:
  • vedere la bellissima rue Mouffettard
E’ una stupenda via, conosciuta anche grazie all’amico foodblogger Max. Piena di negozi che vendono le più svariate prelibatezze enogastronomiche, si trova non lontano da Montparnasse e dal quartiere Saint Germain. Percorrerla è un vero piacere: trovate pescherie ricche di ogni ottimo coquillage delle coste bretoni, della Normandia e atlantiche (huîtres e Saint Jacques in testa), oltre che delle freschissime sardine o invitanti escargot, anche già ripiene e pronte da infornare;


 

macellerie che vendono carni fresche (anche con marchio di garanzia Label Rouge) che sarebbe un piacere consumare se solo si possedesse una casetta dove cucinarle; negozi che vendono foie-gras proveniente dalle tipiche zone di produzione, oltre a rosticcerie che fanno venire l’acquolina in bocca (o l’eau à la bouche, come si dice da quelle parti); e poi piccoli e pittoreschi caffè, librerie, negozietti di dischi, di fumetti… Vi segnalo infine anche il vivace mercato di questa pittoresca rue. Insomma, andateci e vi divertirete, ve lo assicuro! 
  • gustare un Paris-Brest in qualche buona pasticceria o boulangerie

Il Paris Brest è un dolce che, ahimè, non si trova facilmente in Italia. E’ a forma di ruota di bicicletta e nacque a suo tempo per onorare una mitica e storica gara ciclistica che prendeva questo nome. E’ un dolce buonissimo che amo molto, a base di pasta choux, ripieno di crema e guarnito con mandorle a scaglie. Provatelo in qualche buon posto di Parigi, come la la Pâtisserie des rêves, con Philippe Conticini che è stato eletto inequivocabilmente re di questa specialità. 
  • andare a vedere una limitrofa tappa del Tour de France
Parigi val bene anche qualche piccola deviazione fuori porta. Mi ricordo anni fa di aver fatto una deliziosa gita a Chatou, dove passa la Senna, a vedere il luogo (fantastico in estate) dove è stato dipinto Le dejeuner des canotiers di Renoir; o di aver visitato la cittadina dove Van Gogh dipinse molti dei suoi capolavori (Auvers sur Oise). Ma voi sapete anche che io sono fou per il ciclismo e quindi nelle mie sortite estive a Parigi inserisco sempre una tappa limitrofa del Tour de France. L’anno scorso sono stato, con poco più di un’ora di TGV, a Tours all’inizio dei Pays de la Loire.
Tours non è una cittadina bellissima, ma ha comunque alcuni posti che meritano di essere visitati, come la Cattedrale o la zona che guarda la Loira.


A parte le belle emozioni del Tour de France, potete comprare del buon Muscadet e degustare alcune tipicità locali. Tra di esse, le Rillettes de Tours (della carne di maiale cotta a lungo nel suo grasso che diventa poi spalmabile) e delle stupende brioche in cui si inietta (avete capito bene!) un ripieno di formaggio fresco e salmone o alla crema di formaggio erborinato.


Degustatele (anche dolci, ovviamente) nella storica Briocherie de la Gare che delizia gli abitanti locali sin dal 1907.
  • andare a Paris Plage
 
Durante il periodo estivo viene creata artificialmente sul lungo Senna una bellissima e lunga spiaggia con tanto di sabbia, ombrelloni e sedie a sdraio. E’ un’iniziativa molto bella, a cui sono legati innumerevoli eventi in continua crescita di anno in anno. Per ogni informazione, date un’occhiata qui. 
  • andare a visitare le “maison” del caviale
Dietro Place de la Madeleine ci sono (oltre al mitico Fauchon) dei lussuosi negozi (quasi uno accanto all’altro) che vendono caviale pregiato. Si entra nel regno del luxury food, in cui non dispiace affatto immergersi per un po’. Qualche nome? Prunier e Caviar Kaspia che hanno anche, in loco o meno, i rispettivi ristoranti.


In quest’ultimo si può acquistare anche dell’ottimo salmone selvaggio al taglio, oltre che evidentemente della vodka di qualità da abbinare perlopiù al caviale, questo magico e lussurioso cibo, che era molto apprezzato dagli zar. Sta a voi (e al vostro portafoglio) poi valutare se effettuare qualche acquisto, non esattamente a buon mercato… 
  • visitare la bella chiesa di Sant’Eustachio a Les Halles…
…e ricordarsi che qui un tempo c’era un grande mercato generale agroalimentare. E chi ci lavorava, nel freddo della notte, si ristorava con una soupe à l’oignon gratinée che proprio qui è nata. Nella chiesa, molto bella, ci sono opere che ricordano la “forte” presenza di questo storico mercato, in un quartiere di cui parlò diffusamente anche Zola ne “Il ventre di Parigi”.


Beh, vi ho dato soltanto alcuni spunti. Sta a voi poi “costruirvi” altre innumerevoli tappe di una Parigi fuori dagli itinerari convenzionali. Raccontatemi la vostra Parigi segreta, perché non si finisce mai di imparare in questa stupenda città, ed io sono tutt’orecchi per annotarmi qualche posticino sfizioso dove poter fare tappa in qualche mio prossimo viaggio. Da soli, fuori dalle guide, come sapete, a volte si fanno scoperte eccezionali!

Ps: ah dimenticavo: può sembrarvi esagerato (sshh, non dite che ve l’ho detto, lo confido solo a voi) ma per me a Parigi si può andare anche per mangiare un Croque Monsieur come si deve ;-)


Ad esempio quello con la besciamella al sidro, buono al punto tale che non ho potuto resistere a dare un goloso morso prima di fare la (doverosa, per un foodblogger) foto che vedete …
Au revoir!

20 gennaio 2014

Cozze e taralli

 
Da molto tempo avevo in mente questa idea ed abbinamento: cozze e taralli.
E finalmente ho trovato il tempo per poter preparare un piatto veramente riuscito.
Una specie di pasta con “la mollica” dove al posto della mollica ho inserito dei taralli al finocchietto ridotti in polvere (basta chiuderli in un fazzoletto e col batticarne ridurli fino alla consistenza di un pangrattato).
Recentemente, inoltre, c’è stato lo #spaghetti-day e quindi ho pensato:
  • di onorare questa giornata con un ottimo piatto;
  • che questo ottimo piatto potesse essere proprio rappresentato dall’abbinamento spaghetti-cozze-taralli.
Detto fatto. Ecco il metodo di preparazione: aprire delle cozze ben pulite in una casseruola con olio extravergine ed aglio tagliato a pezzetti. Sgusciare le cozze e metterle da parte insieme al loro liquido.
In una padella far imbiondire in olio extravergine dell’altro aglio tagliato a pezzetti, quindi aggiungere le cozze e il loro liquido. Far cuocere per pochi minuti e aggiungere il “pangrattato al tarallo”. Far prendere colore e spegnere il fuoco.
Cuocere dei buoni spaghetti, scolarli un minuto prima di fine cottura e tuffarli nella padella di cui sopra (che avrete riacceso) con due-tre cucchiai di acqua di cottura. Mantecare e finire ancora con una generosa spolverizzata di pangrattato al tarallo e finocchietto.
Et voilà: proprio un piatto slurposissimo!

Ps: potete anche, per guarnire, aggiungere delle cozze in guscio;
Ps2: non ci sta male nemmeno un po’ di prezzemolo, sempre per guarnizione ;-)

14 gennaio 2014

La mia golosissima Londra (in barba ai luoghi comuni!)


A Londra si mangia malissimo”, “Londra è bella, ma per il mangiare meglio portarsi la pasta da casa”, “In Inghilterra lasciamo perdere il mangiare”… Quante volte abbiamo sentito dire, magari non proprio negli anni più recenti, frasi del genere?
Beh, la mia recente permanenza a Londra mi ha consentito di poter smentire del tutto questo tipo di affermazioni. Anche perché oggi la capitale del Regno Unito vanta un’ampia schiera di grandi ristoranti e di competentissimi e bravissimi chef, lo street food è mediamente di qualità e ci sono un sacco di piatti sfiziosi, non solo di origine locale, da degustare qua e là.
A tale ultimo proposito, altro luogo comune è la mancanza di una vera cucina inglese e la presenza di cucine etniche di buon livello.
Sul secondo aspetto sono totalmente d’accordo, mentre nel primo caso dissento totalmente perché la cucina inglese esiste, c’è, ed è pure molto buona.
Ne ho potuto avere la conferma dai miei giorni di vacanza nella splendida Londra, una città molto diversa ad esempio da Parigi e di grande fascino ed interesse sotto molti aspetti, non solo quello culinario.
Ma volendo affrontare solo quest’ultimo tema, vorrei farvi partecipi delle mie food experiences londinesi.
Due ristoranti in particolare nelle mie “zingarate gastronomiche” svettano su tutti, grazie ai preziosi suggerimenti della blogger Barbara che ho il dovere di ringraziare ancora pubblicamente.
Il primo è Simpson’s inthe Strand dietro Covent Garden. Nel locale si entra varcando un portone di un bel palazzo e si è accolti e coccolati sin da subito. E’ un luogo proprio d’altri tempi, molto elegante, con pareti in legno, musica al pianoforte di sottofondo, molto ben frequentato.


Il servizio è perfetto ed è assicurato da camerieri molto professionali e vari chef che, con scenografico cappello, servono manicaretti egregiamente presentati e dal gusto vero e autentico.
Un must di questo ristorante è il roast beef all’inglese, cucinato in maniera tradizionale.


Un piatto sontuoso (i camerieri lo tagliano a mano davanti a voi) che prende il nome di “Roast rib of Scottish beef (aged 28 days)” e che è costituito da spesse ma morbide fette di roast beef servite con un quasi impalpabile Yorkshire pudding (una sorta di rustico soffice e delicato: delizioso!).



Completano il piatto un padellino in rame con dei cavoli croccanti stufati e delle ottime patate arrosto. Una scelta davvero imperdibile!
Prima di questa pietanza “centrale”, potete prendere una buona lobster soup e gustare su del buon pane l’ottimo burro delle campagne inglesi, che viene servito “di default”.
Altro grande indirizzo londinese (ecco il secondo grande suggerimento) nei pressi di Westminster Abbey è il Cinnamon Club, un grande ristorante che fa cucina indiana rivisitata in chiave moderna (chef Vivek Singh).


Bellissimo anche il locale, ambientato in una ex biblioteca. In questo ristorante, in relazione al quale sono stati pubblicati anche dei bei libri con le migliori ricette, potete gustare tanti piatti interessanti che mi hanno colpito per il sapiente dosaggio delle spezie, il grande equilibrio dei sapori mai eccessivamente piccanti o prevalenti e l’ottima qualità delle materie prime.
E’ certamente un locale un po’ caro, ma se ci andate a pranzo riuscirete a spendere una cifra contenuta (intorno ai 22-24 pounds), ottenendo in contraccambio una grande esperienza gastronomica. Io ho assaggiato in particolare un freschissimo haddock in crosta speziata con salsa al cocco e zenzero, servito con un tortino di riso al vapore.


Buono anche il classico tandoori chicken breast, ma insaporito con particolari spezie e salsine che conferivano una piacevole delicatezza al piatto. Ottimo e altrettanto delicato lo speziato pudding di Natale Garam Masala.
A Londra, poi, figurano parecchi locali, anche di cucina italiana, del mitico Jamie Oliver.
Io ho avuto modo di mangiare al suo ristorante a Covent Garden chiamato Union Jacks. Si tratta di un bistrot molto carino che fa soprattutto cucina inglese, insalate, pietanze al forno e dolci, ma dove ci si può fermare anche solo per un aperitivo o un dopo cena.
Strepitoso a mio avviso la zuppa di cozze e sidro gallese (quest’ultimo dal nome impronunciabile: Gwynt y Ddraig Pontypridd) e l’agnello dello Yorkshire servito con orzo, cipolle e dell’uvetta che si accordava davvero bene con questo tipo di carne.



Un’altra imperdibile tappa della Londra golosa è quella del Borough Market, sotto allo storico London Bridge.


Un mercato molto antico dove c’è davvero un ben di Dio di generi alimentari freschi e trasformati: ortofrutta, formaggi tradizionali inglesi, pesce, ottime carni delle razze autoctone locali, ecc. Da non perdere poi lo street food presente in questo mercato, proveniente dalle più disparate cucine etniche: un tripudio di profumi e soprattutto di sapori.
Ci dovete assolutamente andare a stomaco vuoto, per poter provare più di una irresistibile specialità. Io mi son fatto tentare da un salsiccia di maiale con salsa ai mirtilli e al pepe nero e da delle patate condite con un filante formaggio raclette e cetriolini: una squisitezza!
 


A pochi passi dal Borough Market, c’è il pub più antico di Londra, il George InnUn posto che risale al XVI secolo e che fu frequentato persino da Shakespeare e da Dickens, che lo citò in qualche sua opera.


E’ un pub molto caratteristico col suo arredamento in legno, dove potete gustare dell’ottima birra inglese e mangiare del buon cibo da pub: pies di carne, altri piatti a base di carni varie e, se volete tenervi più leggeri e al riparo dal freddo esterno, zuppe (buona quella di funghi).
Come si fa poi ad andare a Londra senza visitare Harrod’sEd anche dal punto di vista gastronomico questo storico grande magazzino è un autentico paradiso per i gourmet.
Anche qui trovate davvero di tutto, comprese delle buonissime terrine e dei pies ai gusti più diversi, anche take-away. Da non perdere i tanti ristorantini all’interno della Food Hall, dove potete mangiare specialità di carne e di pesce davvero sfiziose. Per chi non ha problemi economici c’è anche un Caviar Bar, dove poter degustare caviale e ostriche, abbinati a vodka di qualità e champagne.
 

Simile ad Harrod’s è l’altro “parco giochi dei gourmet” Fortnum & Masonanch’esso molto ricco di golosità, con delle chicche esotiche particolari. Immaginate un Castroni moltiplicato all’ennesima potenza…


A Londra, comunque, non è possibile non assaggiare il suo cibo di strada per eccellenza, il fish and chips. Sono stato a mangiarlo in un locale molto noto, il Golden Hind. Devo dire che forse si può trovar di meglio, ma comunque il livello qualitativo era buono. Buone anche le salsine di accompagnamento, tra cui una per me originale salsa di piselli.
Vi consiglio infine di assaggiare almeno una volta i buonissimi formaggi artigianali inglesi. Anche in qualche buon supermercato o da Harrod’s troverete degli ottimi prodotti, tra cui evidentemente lo Stilton, ma anche il Cheddar affumicato al legno di quercia. E poi vi ricordo le mitiche colazioni all’inglese (con le scrambled eggs in testa), che hanno sempre il loro gran perché…
Finisce qui il mio mini-viaggio gastronomico a Londra, ma di questa città vi parlerò ancora. Seguitemi e scoprirete tante altre chicche ;)

7 gennaio 2014

Dei piatti augurali per un grande Anno Nuovo

 
 E’ il mio primo post dell’anno. E allora vi faccio tanti auguri di un ottimo 2014, innanzitutto. Un po’ in ritardo, perché ad inizio gennaio ho fatto un piacevole viaggetto a Londra, come qualcuno di voi avrà visto da qualche messaggio sui social network a cui aderisco.
Vi (mi) auguro di guadagnare anche tanti soldi, abbondanti quanto i chicchi di riso presenti nelle mie ricette di oggi.
Ricette che rappresentano un classico esempio di cucina del recupero e degli avanzi (doppiamente, e dopo vedrete perché).
In occasione delle feste mi era avanzata della carne, utilizzata per preparare un ragù. Ed anche un po’ di vino rosso di Ischia, il mitico Per ‘e Palumm (vitigno Piedirosso). Ho pensato quindi che questo già collaudato matrimonio (carne con vino rosso) potesse benissimo proseguire in un risotto. Ad esempio in quello che ho definito “Risotto al Per ‘e Palumm e carne da ragù”.
Ecco come l’ho fatto:

Ho preparato un brodo vegetale, perché usarne uno di carne mi sembrava eccessivo e troppo pesante, tanto più dopo i bagordi delle feste.
Ho tagliato poi a parte a piccoli pezzetti della carne di maiale mista e delle salsicce che erano serviti per il ragù.
Ho fatto imbiondire in un tegame della cipolla con del burro, aggiunto del buon riso che ho fatto tostare e poi ho sfumato con un bicchiere di Per ‘e Palumm.
Come per un normale risotto, ho poi aggiunto mano a mano del brodo facendolo ben assorbire dal riso e poco a poco inserito i pezzetti di carne e salsiccia.
Prima di fine cottura, ho aggiunto altro (poco) Per ‘e Palumm e lasciato evaporare.
La mantecatura l’ho fatta come al solito fuori fuoco, con del burro e Parmigiano Reggiano.
Ho servito infine immediatamente, arricchendo il risotto con dell’altro parmigiano grattugiato a scaglie grandi. Un fantastico risotto davvero!

Questo risotto a sua volta mi è avanzato. Ma non potevo certo buttarlo… Ecco allora la fase del “riciclo del riciclo”. Ed ho preparato qualche ottimo arancino.


Col risotto conservato qualche ora in frigorifero ho formato delle pallotte che ho immerso prima nell’uovo, poi nella farina, poi ancora nell’uovo e nel pangrattato. Una bella frittura che ha conferito una piacevole doratura agli arancini ha completato la gustosissima ricetta di questo ottimo street food. E che bontà, ragazzi!
Insomma due fantastiche ricette low-cost, recuperando gli avanzi delle feste: cosa volere di più?
Oltre al gran gusto, c’è quindi in questi casi un’ulteriore, sottile, etica soddisfazione a preparare questo tipo di piatti, in quanto si è totalmente a posto con la coscienza per non aver sprecato nulla, ma proprio nulla. Neanche un chicco di riso.
Buon Anno!