Il mare, il buon bere, il mangiare bene e...chi più ne ha, più ne metta

30 luglio 2014

Polpette di pesce azzurro


Nella mia cucina non manca mai il pesce azzurro, come vi ho più volte detto in questo blog. Costa poco, fa bene ed è buonissimo. Cosa volere di più?
Ma il pesce azzurro non a tutti piace, perché a volte lo si ritiene troppo asciutto e poco morbido. Ciò può essere vero, ma secondo me occorre saperlo ben trattare, non stracuocerlo e tenerlo sempre umido.
Prendiamo ad esempio lo sgombro, che cambia nettamente se lo si cucina con sapienza e mestiere (come fanno quelli della Fraschetta del mare ad Anzio) o se lo si prepara con meno attenzioni.
A me piace cucinare il pesce azzurro in padella, con tante erbette e pomodorini, quasi all’acqua pazza. Ma un altro modo di utilizzare il pesce azzurro che prediligo è prepararci tante gustose polpette.
Quando poi acquisto in grandi quantità questa materia prima (ad esempio in occasione dell’Asta del pesce di Eataly) è per me quasi d’obbligo cucinarla in tale ultima maniera.
Per una bella quantità di polpette di media circonferenza (nella foto sono invece un po’ più grandi) ci vuole circa un kg di pesce azzurro (quello che volete: sgombri, alici, sugheri, aguglie, ma potete utilizzarli anche insieme) che bollirete e, una volta cotto, pulirete ben benino in modo da togliere spine, pelle ed altri elementi che in bocca possano dare fastidio.
Dovete poi unire questa polpa a del pane raffermo bagnato del latte (ecco, ad esempio, un elemento che conferisce morbidezza), ad un paio di uova, ad una generosa dose di Pecorino Romano grattugiato, a poca uvetta sultanina precedentemente rinvenuta in acqua tiepida e a del prezzemolo e basilico. Sulle dosi regolatevi ad occhio, cercando di ottenere alla fine una consistenza non troppo molliccia (in caso contrario, aggiungete dell’altro pecorino o, meglio, del pangrattato). Questa almeno è la mia ricetta, ma sugli ingredienti da mettere insieme sentitevi liberi di unire quelli che più vi aggradano.
Formare poi delle palline di media dimensione, passatele nel pangrattato e fatele riposare una mezzoretta in frigo in modo che si possano rassodare un po’ di più.
Dopodiché friggetele in abbondante olio di semi ben caldo e servitele, mi raccomando, tiepide o anche fredde. Con in accompagnamento qualche buona salsina.
Sono del parere infatti, come ho già detto altre volte, che le polpette, a meno che non siano già in umido, debbano sempre essere intinte in qualche deliziosa salsina.
Ed in questo caso le abbinerei ad un hummus di melanzane e foglioline di menta o ad una salsa di pomodoro “alla pizzaiola”, con origano e maggiorana fresca. O ancora ad una salsa al curry moderatamente piccante. Ma le idee possono essere tante altre. Anzi, voi che suggerite?
Bon appétit!

24 luglio 2014

Rieti a fine agosto sarà … hot


La scorsa settimana sono stato ad una cena molto….piccante nel bel contesto della terrazza del ristorante La.Vi in via Tomacelli a Roma.
 

Si celebrava il peperoncino nelle sue tante declinazioni e si annunciava l’imminente replica di una manifestazione molto riuscita, giunta ormai alla quarta edizione che prende il nome di “Rieti Cuore Piccante”.
Quest’ultimo evento è diventato in poco tempo un appuntamento importante (nelle passate edizioni ha fatto registrare numeri di un certo rilievo, con oltre 140.000 presenze solo lo scorso anno) per i suoi risvolti non solo gastronomici ma anche socio-culturali e di carattere economico. Un punto di riferimento quindi per appassionati e gourmet o semplici curiosi.
La Fiera campionaria Mondiale del Peperoncino anche quest’anno avrà come teatro le splendide piazze e le suggestive vie di Rieti. Quattro giornate (da giovedì 28 a domenica 31 agosto) che vedranno come protagonista questo piccante ingrediente con oltre 100 stand e tanti prodotti, sempre collegati a questa materia prima. Per l’esposizione 2014 si è scelto di selezionare circa 500 varietà di capsicum annuum, ai quali si aggiungerà un gruppo di “super hot”, cioè a dire gli esemplari più piccanti al mondo.
Un appuntamento quindi imperdibile per i fan di un prodotto che nel mondo conta oltre 4 miliardi di consumatori abituali e che affonda le sue radici nei secoli, con testimonianze che risalgono a oltre 7.000 anni orsono e che ne fanno uno degli alimenti più conosciuti e amati al mondo. 

Un folcloristico fan del peperoncino
E, a proposito di mondo, cresce anche la presenza e l’importanza dei Paesi ospiti che quest’anno vede in prima fila Ghana, Honduras, Messico e Sri Lanka con India e Perù in attesa di conferma.
Rieti Cuore Piccante ha ormai raggiunto una dimensione internazionale – commenta Stefano Colantoni, Presidente dell’Associazione Peperoncino a Rieti come testimoniano i contatti del nostro sito e le richieste di informazioni che arrivano da ogni parte del mondo. Anche per questo abbiamo messo a punto un programma all’altezza della situazione con mostre, convegni, degustazioni e show cooking di altissimo livello. Il tutto per offrire ai visitatori una vera e propria full immersion nel pianeta peperoncino”.
La quattro giorni reatina consentirà anche di conoscere le virtù del peperoncino: formidabile a tavola, straordinario dal punto di vista salutistico, importante nel settore dell’estetica.

Un piatto con un utilizzo sapiente del peperoncino
Ma rilevante anche sotto l’aspetto economico, con l’Italia che avrebbe tutte le caratteristiche per imporsi come uno dei maggiori produttori a livello mondiale. E da questo punto di vista Rieti, con il suo Campo Catalogo che vanta una raccolta di oltre 4.000 piante in rappresentanza di circa 1.000 cultivar, costituisce un esempio da seguire.
Rieti Cuore Piccante è organizzata dall’Associazione Peperoncino a Rieti, con la collaborazione dell’Accademia Nazionale del Peperoncino, degli enti locali, Camera di Commercio e Confcommercio Rieti, della Regione Lazio e del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.
Io ci sarò. E voi?

Per saperne di più: http://www.rieticuorepiccante.eu

19 luglio 2014

Montecarlo, grandi progetti in cantiere

Foto fornita dall'Ufficio del Turismo Francese
Da quanto tempo non vado a Montecarlo… E’ un posto da sogno, bello per tante cose, il Casinò, il mare, l’eleganza dei locali, il mondano torneo di tennis, il GP di Formula 1…
Ma Monaco è anche molto altro di più e di motivi per ritornarci ce ne sono tantissimi.
 
Foto fornita dall'Ufficio del Turismo Francese
Di recente, poi, è stato presentato a Roma all’Ambasciata del Principato di Monaco il programma estivo monegasco, ricco di tante ulteriori novità ed eventi.
 
Lo splendore dell'Ambasciata del Principato di Monaco
Da buon foodblogger, innanzitutto, vi segnalo qualcosa sulle novità enogastronomiche di Montecarlo.
Ad esempio, l’esclusivo e lussuoso hotel Fairmont Monte Carlo, il più grande albergo del Principato, a due passi dal leggendario Casinò, ha aperto un nuovo ristorante, il Nobu, inaugurato ufficialmente dal Principe Alberto e dalla Principessa Charlène. Qui il famoso Chef Nobuyuki "Nobu" Matsuhisa e i suoi soci Robert De Niro e Meir Tepper, propongono una cucina “fusion”, che unisce la grande tradizione giapponese alle spezie e ai sapori dell’America del Sud.
Altro chef talentuoso presso cui andare a mangiare è il veneziano Paolo Sari del ristorante L’Elsa del Monte Carlo Beach, che si è aggiudicato la prima stella Michelin 100% “bio” (è proprio tutto bio, persino il pepe o lo champagne, compreso il rosé (http://it.montecarlosbm.com).
Per rimanere in tema food, una curiosità molto interessante è rappresentata dalle “Perle di Monaco”, un allevamento di ostriche in fondo al Molo di Fontveille gestito da due ex-biologi, Frédéric Rouxeville e Brice Cachia. Si tratta di una produzione d’eccellenza, in uno dei siti più intatti del Mediterraneo, scelta anche dai migliori ristoratori, come Marcelin Ravin del Mac Bay. Interessante anche la possibilità di comprare direttamente o degustare sul posto le ostriche.
Le “perle di Monaco” si gustano anche al Mercato della Condamine che – altra novità - ora apre anche la sera e dopo le 18 si trasforma in Halle Gourmande per un aperitivo o una cena informale, ma di qualità, anche con chef famosi, come Joël Garault del Vistamar, una stella Michelin (http://it.montecarlosbm.com).
Molto fitto anche il programma delle manifestazioni. Dai Concerti dell’OPMC, l’Orchestre Philarmonique de Monte-Carlo nel Cortile d’Onore del Palazzo dei Principi, allo Sporting Summer Festival nella splendida cornice della Salle des Etoiles con grandi star ospiti.
Al Grimaldi Forum, poi, c’è la mostra Artlovers, una cinquantina di opere d’arte contemporanea dalla collezione Pinault (fino al 7 settembre), senza dimenticare il Monaco Yacht Show, con un’edizione speciale dal 24 al 27 settembre che prevede la presenza di 110 superyachts nel Port Hercule di Monaco.
Monaco del resto è sinonimo di mare e di nautica: esiste una storica Société Nautique, attiva dal 1888. L’ultima novità in tema, il trasferimento del Club di Canottaggio nel prestigioso edificio del nuovo Monaco Yacht Club appena inaugurato.
Se volete poi scoprire tutti i segreti del Principato, Jean-Marc Ferrié, ex vigile del fuoco di Monaco e oggi Presidente dell’Associazione “Au coeur de ma ville” propone visite guidate della città a piedi, arricchite di aneddoti e curiosità.
Insomma, una stagione davvero tutta da vivere e da seguire sul sito www.visitmonaco.com e sulla pagina facebook italiana, Monte-Carlo Turismo.
 
Fiori con i colori del Principato
Nel frattempo, Monaco si sta preparando anche all’Expo dove sarà presente con un padiglione creato ad hoc.
 
 
La tematica di fondo è quella che fa da filo conduttore a tutta la manifestazione, ovvero “nutrire il mondo in modo diverso” in un ‘ottica di eccellenza solidale, secondo prospettive di cooperazione internazionale, di sostenibilità e di una educazione e sensibilizzazione dei cittadini alle buone prassi dell’alimentazione.
Il padiglione Monaco è concepito attorno a tre simboli forti: i container, modulo di trasporto internazionale che costituirà la struttura forte del padiglione - la copertura a forma di tenda, riparo fondamentale - il giardino sospeso, con 500mq di verde, simbolo della Madre Terra.
Un’architettura audace, lontana dalle immagini usuali del Principato e volta all’innovazione e alla tecnologia.
All’interno, un percorso libero, scenografico e interattivo, su diversi argomenti: la pesca sostenibile, la deforestazione, la gelificazione e acidificazione degli oceani, i programmi di collaborazione in Madagascar, Burkina Faso e Mongolia e infine la presenza persino di una “nursery” per le ostriche...

Per saperne di più:
www.visitmonaco.com 

14 luglio 2014

Volcanic wines, un weekend da ricordare


E’ stata una magnifica esperienza prender parte alla tre giorni itinerante dedicata ai Volcanic Wines. Questi ultimi sono vini accomunati dal fatto di essere prodotti con uve provenienti da terreni vulcanici, di cui disponiamo di molteplici esempi in Italia, da Nord a Sud del nostro bel paese.
La manifestazione dello scorso anno, Vulcania, è quindi diventata Volcanic Wines, con relativa registrazione del marchio collettivo, che è stato festeggiato per tutto un week end nel territorio del grande complesso vulcanico dei vulsini.
Tre paesi, Montefiascone, Pitigliano e Orvieto, hanno collaborato in perfetta sinergia per un evento che ha coinvolto 100 aziende italiane accomunate dalla produzione di grandi vini, che durante la manifestazione sono risultati più di duecento.
L’evento ha avuto inizio la settimana scorsa nell’incantevole scenario della Rocca dei Papi di Montefiascone, con una stupenda vista sul lago di Bolsena, il più grande lago vulcanico d’Europa.
 

In tale magnifico contesto, giornalisti ed operatori sono stati ospitati per una degustazione tecnica ad invito, guidata dal noto giornalista enogastronomo Alessandro Scorsone e da Giovanni Ponchia, enologo del Consorzio di Tutela dei vini del Soave.
 

Ben dodici i vini in degustazione, tra cui un Lacryma Christi del Vesuvio Bianco Vigna Lapillo dell’azienda Sorrentino (che viene consigliato in abbinamento alla genovese di pesce) o un Gambellara Classico Rivalonga dell’azienda Menti, ottenuto da uve Garganega 100%, piacevolmente minerale e dal retrogusto di mandorla. Tra i rossi mi è piaciuto molto l’Etna Rosso Cavanera Rovo delle Coturnie di Firriato, nove mesi in barrique, corposo, prodotto nei pressi dell’area di questo vulcano, definito da qualcuno “un’isola nell’isola”. Di grande spessore anche gli ultimi due vini degustati, l’Orvieto Classico Superiore Vendemmia Tardiva di Custodi, un vino “dolce non dolce”, fresco e di grande finezza e il Colli Euganei Fior d’Arancio Passito Cà Lustra con poco zucchero e sentori di frutta matura e fichi secchi.
 

A questa interessante degustazione tecnica è seguita, sempre all’interno della Rocca dei Papi, una cena con dei buoni prodotti tipici della Tuscia (legumi, salumi e formaggi in testa) a cura di Romano Gordini, chef stellato del ristorante La Parolina di Trevinano.
Il giorno dopo il gruppo di giornalisti di cui facevo parte ha avuto modo di frequentare, nella splendida Pitignano presso il Teatro Salvini, l’interessante Convegno denominato “Dentro il Vulcano: il gusto del territorio”. In particolare ho trovato di grande interesse l’intervento del Prof. Massimo Mattei dell’Università di Roma Tre, che dopo aver fatto una panoramica sulla presenza di vulcani in tutto il mondo (esiste ad esempio nel Pacifico una “cintura di fuoco”, un’area circolare vulcanica che abbraccia il lato occidentale delle Americhe e paesi come Filippine, Nuova Zelanda, Indonesia, Giappone) ha delineato un quadro sui vulcani in Italia (ben 60, 5 attivi, 3 che lo sono stati), tracciandone l’evoluzione geodinamica e mettendone in evidenza il ruolo di risorsa per la viticoltura. Su cui vi è una continua ricerca scientifica, come si evince dallo studio del Prof. Sandro Conticelli dell’Università di Firenze: “Stiamo provando a individuare l’impronta digitale del terreno nel vino, afferma il Professore. L’identificazione di una certa provenienza è necessaria per tutelare il valore del territorio. Gli studi presentati, frutto di un lavoro sperimentale condotto su particolari territori italiani, hanno evidenziato un legame tra il prodotto finale e i territori di allevamento dell’uva”.
 

All’ora di pranzo abbiamo poi visitato la suggestiva Cantina di Pitigliano, nella quale abbiamo ancora potuto degustare grandi vini del territorio e preparazioni tipiche locali, tra cui una ottima zuppa di ricotta, spinaci e cannella (la “ricetta segreta” non è stato possibile “estorcerla”) e lo “sfratto”, un dolce tipico ebraico che si prepara nel periodo natalizio a Pitigliano a base di noci, miele, scorzette di arancia, anice e noce moscata.
 

Nel pomeriggio è stata la volta della visita a diverse interessanti cantine. Abbiamo iniziato con la bella azienda Sassotondo, 72 ettari, che ricade nell’area delle Doc Bianco di Pitigliano e Sovana. Quella di Sassotondo è una vecchia cantina sotterranea, completamente scavata nel tufo, con la produzione di vini fini ed eleganti, sapidi e speziati.
 

Edoardo Ventimiglia, proprietario dell’azienda e presidente del Consorzio di tutela di questi vini, ha inoltre in progetto di farli diventare una sottozona della Doc Maremma Toscana, con la creazione di una zona “Pitigliano Classico”.
E’ seguita la visita all’azienda Villa Corano che fa del connubio tra tradizione e tecnologia il suo cavallo di battaglia. Nascono così vini, riservati esclusivamente al circuito delle enoteche e dei ristoranti, frutto della vinificazione di uve provenienti da cloni autoctoni, a volte “introvabili” come il Procanico.
Scendendo di nuovo verso Montefiascone, abbiamo poi visitato l’antica Cantina Leonardi che consente una splendida vista dall’alto sul lago di Bolsena.
 

Cuore della struttura, che offre anche servizi di agriturismo, sono le antiche grotte scavate a mano nel lapillo vulcanico alla fine dell'800, che oggi sono il luogo ideale dove far "riposare" in barrique i vini di punta dell'azienda. Si tratta di prodotti complessi, caratterizzati dal perfetto equilibrio tra aroma e struttura, tutto a temperatura ed umidità controllate "naturalmente". Tra i vini degustati mi è piaciuto L’Est! Est!! Est!!! Poggio del Cardinale, dal sapore morbido ma rotondo, di notevole pienezza con piacevole fondo di mela matura e di mandorla, ideale per antipasti a base di molluschi e crostacei.
La lunga ma interessantissima giornata ci ha poi condotto nella bellissima e medievale Orvieto, dove la sera nello splendido scenario del Palazzo del Popolo ha avuto luogo un’elegante cena, “innaffiata” ancora una volta dagli ottimi vini vulcanici della zona.
E proprio il Palazzo del Popolo è stato la sede, il giorno dopo, della presentazione al pubblico di tutti i vini dei territori vulcanici d’Italia nel grande Banco d’Assaggio. L’evento ha registrato la presenza di tantissime cantine (tra cui anche alcune della “mia” Ischia), ospiti di una città dove tutto parla di vino e di questo legame secolare.
Ma la giornata era ancora lunga ed abbiamo potuto visitare altre due grandi cantine, produttrici anche di deliziose “muffe nobili”. Le muffe nobili, per chi non lo sapesse, si realizzano soltanto in particolari condizioni climatiche (nebbia e umidità la mattina, clima mite e ventilato nel pomeriggio) conferendo in questo modo agli acini ed al vino note aromatiche e gustative uniche ed inconfondibili; da rilevare che sono necessarie diverse vendemmie per raccogliere frutti a sufficienza che abbiano le caratteristiche richieste.
La prima cantina visitata, situata nei dintorni di Orvieto, è stata l’azienda Decugnano deiBarbi, nel cuore dell’antica zona di produzione dell’Orvieto Classico. Un’azienda bellissima, ben curata, di 60 ettari della cui storia e produzione di vino (120 mila bottiglie) ci ha parlato il giovane proprietario Enzo Barbi, nonché Direttore del Consorzio dei vini di Orvieto.
 

La particolare e privilegiata posizione dell'azienda determina condizioni ideali per una produzione di qualità. Il clima, il microclima e l'esposizione al sole sono particolarmente adatti alla coltivazione della vite, come pure il sabbioso terreno di origine marina, argilloso, ricco di fossili, di ostriche e conchiglie di epoche lontane. Guidati dal proprietario, ed anche….dal suo simpatico cane Tom, abbiamo visitato i vigneti, la cantina e delle suggestive grotte, “laboratorio naturale” dove vengono prodotti anche un ottimo spumante ed i vini più pregiati.
 
 

Un’altra bella realtà è l’azienda Barberani. Nel bello scenario nei pressi del lago di Corbara abbiamo apprezzato la storia di una famiglia, delle sue vigne e di un’azienda gestita con grande passione da due fratelli che portano avanti una viticoltura di qualità e rispettosa dell'ambiente (l’azienda sarà presto certificata bio).
Ottimi i loro vini di punta, in particolare il “Luigi e Giovanna”, dedicato ai loro genitori, che coniuga il Grechetto, di grande struttura e complessità, e la “muffa nobile”, elegante e aromatica. Strepitoso poi il vino dolce Calcaia, anch’esso regalmente “muffa nobile”.
 

In conclusione, la tre giorni sui vini vulcanici è risultata davvero ben riuscita, mantenendo i suoi principali obiettivi, tra cui il rafforzamento del legame tra vino e territorio, indagando su una comune e distintiva linea “magmatica” presente nei diversi calici.
Un ringraziamento doveroso deve essere infine fatto a Carlo Zucchetti ed il suo team, che hanno organizzato in modo perfetto il nostro soggiorno sul posto.

10 luglio 2014

Lo splendore delle Pizzerie d’Italia


Anche quest’anno ho avuto l’onore di prender parte, come redattore, alla Guida delle Pizzerie d’Italia del Gambero Rosso.
Una Guida che amo perché sono di origini napoletane e un napoletano non può non amare la pizza buona e le buone pizzerie.
Del resto la pizza sta vivendo una nuova grande stagione, grazie ad una schiera, sempre più ricca, di bravi pizzaioli, cultori della tradizione o artefici di proposte gourmet. Ad accomunarli la determinazione di tenere alta la bandiera di uno dei cibi simbolo del made in Italy, puntando sull’eccellenza di ogni ingrediente.
E non è un caso che in questa raccolta di ottimi locali sia aumentato il numero dei massimi riconoscimenti: i “Tre spicchi” e le “Tre rotelle”, simbolo dell’eccellenza per la pizza al piatto e quella a taglio, passano infatti da 30 a 45 da un’edizione all’altra della Guida. Senza perdere di vista la crescita delle pizzerie che preparano la pizza più amata, la vera pizza napoletana.
Nella Guida sono recensiti oltre 450 locali, dal Nord al Sud Italia, suddivisi tra Pizza Napoletana, Pizza all’Italiana e Pizza Gourmet.
Per la Pizza Napoletana si conferma leader la Campania con 12 locali “Tre Spicchi”; la Pizza all’Italiana vede premiati il Lazio con 3 locali e il Piemonte e l’Abruzzo con 1; nella sezione Pizza Gourmet, prevale il Veneto con 3 pizzerie, seguito dall’Emilia Romagna, la Toscana e la Lombardia con 2.
Nella Guida sono premiate con le Tre Rotelle anche le migliori pizzerie a taglio: regione leader il Lazio con 3 locali (in effetti ne abbiamo di esempi eccellenti anche qui a Roma), seguito dalla Toscana con 2 e il Veneto, la Campania, la Calabria e la Sardegna con 1.
Ma non vi svelo altro: comprate questa Guida e scoprite e “assaporate” pian piano dove andare a mangiare della buona pizza. Sarà bello sperimentare nuovi locali sfruttando i preziosi suggerimenti di tanti esperti e trovare conferma della bontà di quelli dove siete già stati. Perché anche voi, ne sono sicuro, siete dei maestri nel giudicare la qualità di una delle preparazioni che più identifica noi italiani.

Pizzerie d’Italia del Gambero Rosso®
in edicola e in libreria
pp 304 - euro 8,90

3 luglio 2014

Street food is my food

 
Street food is my food” è lo slogan che ha accompagnato la presentazione della seconda edizione della Guida del Gambero Rosso che traccia una mappa completa del cibo di strada italiano.
Uno slogan con cui mi ritrovo pienamente, perché il cibo di strada o street food è il cibo più goloso e sfizioso che si possa avere. Pratico, snello, veloce, low cost, gustosissimo, si può mangiare in compagnia ma anche da soli (spesso amo gustare nel dopo ufficio, non necessariamente in compagnia, del buon cibo di strada romano) all’inpiedi o camminando. E di locali street food fissi o “mobili” ne stanno crescendo come funghi qui a Roma e non solo nella Capitale. Per non parlare di alcuni mercati rionali, che con la presenza di venditori di street food di qualità stanno diventando finalmente più simili a quanto accade all’estero, arricchendosi di nuove (o “vecchie” e tradizionali) creazioni che ripercorrono i sapori veri e autentici delle regioni.
 

La seconda edizione della Guida Street Food del Gambero Rosso viene pubblicata quindi in un momento di grande fermento che attualmente coinvolge il cibo di strada all’italiana, cercando di fotografarne l’evoluzione nazionale.
Un’evoluzione che a mio avviso vede anche altri protagonisti rispetto al passato. Infatti la mia attività di “globetrotter” del gusto mi porta a constatare che stanno nascendo nell’ambito dello street food nuovi fenomeni che a mio parere sono i seguenti:
  •  “invenzione” di “nuovi” street food (caso più emblematico: il trapizzino) con un legame con la tradizione sempre presente, ma a volte indiretto;
  • approdo dell’innovazione anche nello street food (es: gelati di fave e pecorino);
  • apertura di botteghe di grandi chef che decidono di creare succursali golose e low cost delle proprie insegne gourmet;
  • food truck di qualità e similari;
  • nascita dello street food in canali nuovi (es: mercati rionali);
  • crescita sempre più forte di specifici eventi dedicati allo street food (il che denota il meritato successo che attualmente sta avendo).
La Guida sullo street food del Gambero Rosso è quindi uno strumento davvero indispensabile per tutti i gourmet. Dal Piemonte alla Sicilia, viene fatta una fotografia, insolita e gustosa, di un’Italia autentica custode di sapori che si perdono nella notte dei tempi.
 

Storie molto spesso di famiglie che si tramandano i ”segreti” di generazione in generazione, ma anche di imprenditori che creano cibi gustosi applicando un pizzico di innovazione ad una base indispensabile di tradizione. Qui i protagonisti non sono i grandi locali, ma i chioschi, le botteghe, le paninerie, i pulmini itineranti.
 

Più di 100 nuovi indirizzi per un totale che supera le 400 segnalazioni, 20 ricette di cibi da strada tradizionali, una panoramica dettagliata dei mercati sparsi sul territorio, spaccato di veracità e vetrina di prodotti tipici. Novità di questa edizione i dolci da passeggio, con in primis il gelato. Ritornano i 20 campioni regionali che meglio rappresentano nelle loro proposte la tradizione culinaria della regione.
In sede di presentazione della Guida, sono stati attribuiti due premi speciali. Il Panino dell’anno è stato assegnato a Generi Alimentari Da Panino per “Lo Speciale”. Un panino che avevo assaggiato e che mi aveva fortemente entusiasmato. E solo dopo ho scoperto che era stato premiato, ora capisco il perché... Si tratta di un panino preparato con del pane di Matera abbrustolito, con all’interno un ottimo prosciutto cotto a legna, una marmellata di amarene brusche di Modena Igp, delle mandorle spaccatelle e delle scaglie di parmigiano giovane: una vera delizia, con un gioco di diverse consistenze e di contrasti dolce (ma non troppo)/salato.

 
 
Il premio Street Food da Chef, per la rivisitazione più originale di un piatto tipico dello street food, è andato invece a Pino Cuttaia del ristorante La Madia di Licata (AG) per il suo Arancino con ragù di triglia e finocchietto selvatico.
Nel corso della serata di presentazione della Guida, ho avuto anche modo di frequentare un simpatico mini-corso nella scuola di cucina del Gambero Rosso dedicato alla preparazione di alcuni street food (come gli arancini, le panelle, i filetti di baccala o i fiori di zucca fritti) con degli chef docenti altamente professionali.


Bella l’esperienza e simpatici i corsisti, tra cui molti amici foodblogger.
Viva lo street food!

Guida Street Food del Gambero Rosso
in edicola e in libreria
pp 232 - euro 6,50