Il mare, il buon bere, il mangiare bene e...chi più ne ha, più ne metta

31 gennaio 2011

A duck tale


Io l’anatra non l’ho mica assaggiata tante volte, cosa credete….Ma negli ultimi tempi ho avuto modo di “conoscere” maggiormente questo tipo di carne sia per mia curiosità sia per caso.
E’ capitato infatti di mangiarla in una buona panineria scoperta relativamente di recente (Panzai, Circonvallazione Gianicolense, 143 Roma) che, tra tanti gustosi panini, ne proponeva anche uno denominato “Duck”. Il ripieno era composto da petto d’anatra affumicato, insalata, brie, pomodori secchi, salsa di arancia (molto buona) e pere a fettine. Davvero un ottimo panino, ricco, con gli ingredienti che si equilibravano tra di loro in modo perfetto.
Il fatto che soprattutto l’anatra (ma anche il panino nel complesso) mi era piaciuta davvero tanto, mi ha spinto poi a cercare delle ricette con l’anatra, magari utilizzando un petto fresco da cucinare nei modi più svariati.
C’è anche da dire che già da qualche tempo avevo adocchiato sul sito Voiello e su una loro pubblicazione una ricetta di un primo piatto interessante che trovate qui e che aveva come protagonista proprio questo tipo di carne. Allora perché non preparare quella ricetta? Che comunque ho modificato abbastanza, per ottenere il/i piatto/i che vi propongo nel post di oggi.
In pratica ho ridotto a spezzatino (e non a macinato come nella ricetta di cui sopra) due petti d’anatra da circa 250 grammi e li ho fatti rosolare in dell’olio extravergine in cui precedentemente avevo fatto soffriggere sedano, carota e cipolla insieme a del timo. Ho successivamente sfumato con del succo di mezza arancia e del brandy.
Per far cuocere la carne (che non cuoce velocemente, vi avverto) ho aggiunto del brodo vegetale (e non di carne come previsto nella ricetta originale), mescolato con del concentrato di pomodoro (quest’ultima operazione va fatta ovviamente solo in occasione della prima “mestolata” di brodo).
Di tanto in tanto ho aggiunto ancora brodo vegetale per ammorbidire la carne fino a cottura. Poco prima di fine cottura, ho aggiunto dell’altro timo fresco e la buccia di mezza arancia grattugiata.
Con il fantastico sughetto che ne è venuto fuori, ho condito delle ottime penne rigate aggiungendo anche dei pezzetti di carne, che ben hanno completato il piatto.
Ne è venuta fuori una preparazione davvero interessante, ben bilanciata, con il classico contrasto tra il gusto più forte dell’anatra e l’aromaticità e la maggiore dolcezza dell’arancia, che non per niente costituisce l’ingrediente perfetto da abbinare all’anatra.
Chiaramente la carne dell’anatra in umido così ottenuta è soprattutto un ottimo e gustoso secondo, che ho avuto modo di meglio apprezzare il giorno dopo, quando il piatto era ancora più buono e saporito.
Forse non a tutti piace il gusto forte e selvatico dell’anatra, ma io ve la consiglio proprio, parola di un golosone come me!

25 gennaio 2011

“Celentani” ai 3 pomodori


Ovvero “Tortiglioni alla salsa di concentrato di pomodoro, con Pachino agli aromi mediterranei e correzione di sale marino integrale ai pomodori essiccati”. Utilizzando una terminologia da carta di “ristorante stellato”, il piatto che vi propongo oggi si potrebbe chiamare anche così, ma io l’ho denominato molto più semplicemente come il titolo del post.
Al di là dei nomi, il primo piatto di cui vi parlo oggi è davvero eccezionale, anche se la foto probabilmente non rende l’idea.
E’ una pasta profumata, dalle differenti consistenze e il cui gusto è molto particolare, proprio perché si riescono ad esprimere nello stesso piatto sapori molto diversi, provenienti però da una stessa materia prima: il pomodoro.
Ho parlato di tre pomodori perché per condire la pasta ho utilizzato il concentrato di pomodoro, dei pomodori pachino freschi e del sale integrale ai pomodori secchi, con ciascun ingrediente che possiede una sua particolarità.
Il sale integrale ai pomodori secchi è stata per me una piacevole scoperta, fatta in una fantastica bottega delle spezie che si trova a Roma in Via Collina (Il Genovino d’oro, Via Collina, 22). Qui il proprietario, molto competente, preparato e pieno di entusiasmo mi ha fatto scoprire questo fantastico e profumato prodotto, composto da sale marino integrale e pomodori essiccati pestati. E’ un prodotto molto versatile, dai mille utilizzi, di cui oggi ve ne propongo soltanto alcuni (mi sbizzarrirò poi con molte altre preparazioni che ho già in mente e di cui ovviamente vi terrò al corrente).
Tornando al nostro buonissimo e gustoso piatto, ecco allora la semplice ricetta, le cui dosi non sono precise, ma “un po’ ad occhio”.
In una insalatiera mettere dell’olio extravergine (un discreto quantitativo), aggiungerci uno spicchio d’aglio tritato molto finemente e una quantità non eccessiva di concentrato di pomodoro. Amalgamare bene. Aggiungere poi un generoso quantitativo di origano secco e delle foglioline di timo. Amalgamare ancora. Unire quindi una quindicina di Pachino tagliati a cubettini e mescolare per bene. Nel frattempo lessare la pasta al dente con poco sale (che, da notare, non ho messo nemmeno nella salsina di cui sopra). Incorporare la pasta nella salsa, insieme a mezzo cucchiaio di acqua di cottura.
Impiattare, finendo il piatto con un pizzico di sale ai pomodori secchi (ne basta poco e darà un tocco di originalità alla preparazione). Questo sale nella foto si riconosce da quei puntini neri che vedete al centro del piatto e, a guarnizione, ai bordi del piatto stesso.

Se dovesse avanzarvi della pasta, un ottimo riutilizzo della stessa è farne una mitica frittatina di maccheroni, come ho fatto anche questa volta e come di solito si fa, seguendo le migliori tradizioni napoletane.


Con la variante che nelle uova ho aggiunto ancora, al posto del sale normale, il mio sale ai pomodori secchi. Ed ecco un altro utilizzo di questo fantastico prodotto….

19 gennaio 2011

Venezia, caffè storici e locali di qualità


Seconda tappa del mio weekend dell’Epifania: Venezia. Cosa non si è detto di questa magnifica città?
Tralascio quindi gli aspetti descrittivi e di elogio delle bellezze lagunari e passo ad altre mie impressioni su una città che comunque, anche se ci si è stati varie volte, stupisce sempre e regala angoli e scorci sempre sorprendenti.
Certamente Venezia andrebbe “assaporata” meglio fuori dai periodi di massima affluenza turistica, ma purtroppo è raro che ciò possa accadere nel corso dell’anno per gli impegni vari che ho.
Quello che comunque mi ha colpito di Venezia, e di cui mi ero quasi dimenticato, è l’eccessiva presenza di ristoranti “turistici”, con menù relativamente economici e di dubbia qualità. I piatti tra l’altro sono spesso rappresentativi della cucina italiana in generale, non proponendo per nulla o quasi le specialità locali, per soddisfare probabilmente una domanda, soprattutto straniera, più ampia possibile.
Difficile quindi trovare un ristorante non turistico a Venezia, ma per fortuna i posti buoni ci sono, o segnalati da giuste guide o dal fiuto da “foodie” che è in me (in noi).
Una soluzione sfiziosa può essere quella di spizzicare golosi assaggini in qualche tipica cicchetteria, dove bere del buon vino e degustare tante deliziose tapas nostrane.
Ed io ho fatto proprio questo, in un locale che ho scoperto vicino al mercato del pesce nel quartiere San Polo, non lontano da Rialto. Proprio di fronte a questo mercato, infatti, si trova un localino non molto grande dal nome “Pronto pesce pronto” (San Polo, 319 Tel. 041.8220298) che prepara tanti gustosi piatti e assaggi di cucina marinara.


Baccalà mantecato, cremoso e spumoso, sarde gratinate, gamberetti grigi e cuori di carciofo, seppie con radicchio, lasagnette salmone affumicato e zucchine sono solo alcune delle proposte di questo simpatico locale. Ma sono da ricordare anche le moeche marinate che sono dei buonissimi granchi teneri, in muta che, abbandonata la vecchia corazza, non hanno ancora consolidato la nuova. Verso l’ora di pranzo si possono mangiare, innaffiati da buon vino, anche primi o secondi espressi come risotti o, nel giorno in cui ci sono andato, dei fantastici tagliolini con peverasse (vongole locali). In quest’ultimo caso, il piatto era insaporito anche con zenzero, menta, carote e sedano: una vera squisitezza!


Da non dimenticare anche l’ottimo croissant con ripieno di baccalà mantecato e spezie…Un posto tutto sommato economico, dove si mangia quindi davvero bene, con interessanti proposte di cucina locale/innovativa che consiglio davvero!
Il mio giro per Venezia questa volta si è orientato anche sulla piacevole frequentazione di caffè e locali storici che meritano veramente una visita e nei quali si “respira” una stupenda atmosfera ed eleganza.
In Piazza San Marco, sotto i portici, spicca il caffè Florian chiamato così dal nome del fondatore, Floriano Francesconi.



Qui Casanova corteggiava le dame, si recavano Lord Byron, Foscolo, Goethe, Rousseau... Le magnifiche sale e il fascino di questo caffè sono da allora quasi rimasti intatti…
Di fronte al Florian ho molto apprezzato anche Quadri che durante l'occupazione austriaca, come si legge nella guida dei locali storici d’Italia, “era il locale preferito dai militari e civili tedeschi, tanto da essere ribattezzato “Kaffeehaus”. Sontuosamente affrescato e locale di gran lusso, offre anche una ristorazione di alto livello”.
Non ci possiamo certo dimenticare, inoltre, della Venezia di Hemingway. Allora come posto rappresentativo della sua permanenza in questa città è d’obbligo ricordare e visitare il Cipriani Harry’s Bar dove ad Hemingway era riservato “il suo” tavolo, quale segno di rispetto per quel cliente ed amico (del proprietario) così speciale e dai gusti così abitudinari (Daiquiri, Bellini, ecc.)*.


Invece “la sua” stanza di albergo, nel periodo in cui era già famoso, era al glorioso Hotel Gritti, che per Hemingway era "il miglior albergo della città in una città di grandi alberghi".

*Informazioni tratte dal bellissimo libro “A spasso con Papa Hemingway” di Guido Guidi Guerrera.

12 gennaio 2011

Tra fiumi di Lambrusco, arte, risotti e stracotti


Weekend dell’Epifania itinerante. Prima tappa: Mantova. Mantova è una città davvero sorprendente. Pensavo fosse una cittadina semplicemente carina con una certa varietà di opere d’arte da vedere e niente di più.
Ho invece scoperto una città ricchissima di storia e cultura che necessiterebbe, per ben esser visitata ed apprezzata, di ben più tempo di quanto ci sono stato io.
Anche il clima che mi è capitato di trovare, piuttosto freddo, piovoso e nebbioso ha contribuito a rendere molto affascinante questa città, circondata in modo altrettanto attraente da un fiume (il Mincio) e un bel parco.


Si inizia idealmente a visitare la città partendo dal Castello di San Giorgio, con le sue quattro torri e con il suo perimetro circondato da acqua (stupendo!).


Di grande interesse piazza Sordello con i suoi tanti palazzi tra cui il Palazzo Ducale (la cui storia si identifica con quella dei Gonzaga) e con il Duomo (oltre che con il museo Nuvolari, nativo di questa città); stupenda Piazza delle Erbe con il Palazzo della Ragione, la particolare e attraente Rotonda di San Lorenzo, la Torre dell'Orologio e la Casa del Mercante.


Per non dimenticare inoltre che Mantova è la patria di Virgilio, occorre dare un’occhiata all’imponente statua a lui dedicata nella piazza virgiliana.
Ma ciò che secondo me vale veramente la pena di vedere a Mantova è “Palazzo Te”, le cui sale interne sono state opera di Giulio Romano su commissione di Federico II Gonzaga. Tre sale in particolare sono sontuose e secondo me sono tra le cose più belle da vedere in Italia: la sala dei Giganti, quella di Amore e Psiche e la sala dei Cavalli che ricorda le gloriose scuderie dei Gonzaga, a suo tempo famose in tutta Europa.
Accanto ai capolavori artistici, ci sono anche quelli della cucina mantovana che ho in parte scoperto e in parte avuto il piacere di riassaggiare.
Passeggiando per le caratteristiche vie porticate della città prima di cena, ci si può fermare per un goloso aperitivo in qualche rinomato caffè (come il Caffè Venezia) e prendere il cosiddetto “aperitivo dei Gonzaga” che è molto ricco e prevede tra l’altro un bicchiere di ottimo Lambrusco Mantovano (ne ho bevuti sempre di ottimi nei vari locali in cui li ho degustati) e qualche tortello ripieno di zucca dal sapore dolce, che si distingue da quelli di altre località, come Ferrara.
E siccome l’assaggio dei tortelli di zucca è pur sempre un assaggio, viene voglia di mangiarne un piatto ben più consistente. Niente paura, ci si può rifare molto presto a cena! A tal proposito, un posto indicato dove cenare, allontanandosi un po’ dal centro, può essere la trattoria “Due Cavallini” (Via Salnitro, 5 Tel. 0376 322084). Questo locale offre degli ottimi tortelli di zucca ma anche altri squisiti primi come gli agnoli cucinati in tutte le versioni possibili, i maccheroncini al ragù di stracotto di cavallo e diversi tipi di pasta fresca cucinata in modo classico.


Per secondo piatto si possono mangiare uno stracotto di cavallo al Lambrusco con polenta o degli ottimi bolliti con le deliziose mostarde mantovane e salsa verde o ancora, per restare sul classico, un arrosto misto servito sempre con polenta. E per finire, nemmeno a dirlo, una bella fetta di sbrisolona il dolce mantovano per eccellenza, fatto con farina di mais e mandorle.
Non si può non citare quando si parla di cucina mantovana, anche se non era nel menù dei Due Cavallini, il risotto alla pilota. Questo primo piatto si chiama così perché pilota è colui che lavora alla pila del riso, lo stabilimento dove il riso viene pulito, lavorato e preparato per la vendita. Si tratta in pratica di un riso insaporito con salamelle mantovane e grana, cotto con un procedimento particolare. Il procedimento per realizzarlo in sé non è difficile, ma occorre far bene attenzione all’equilibrio tra gli ingredienti, compresa l’acqua di cottura. Prometto solennemente che in uno dei prossimi post pubblicherò per voi la particolare ricetta di questo squisito primo, che ho scoperto qualche tempo fa grazie alla mantovana Doc Chiara.
Un altro posto che consiglio per cenare/pranzare è l’Osteria dell’Oca (Via Trieste, 37 Tel. 0376 327171) un locale caldo, all’antica, rustico che propone piatti della vera cucina mantovana, preparati con maestria e passione e serviti a volte in tegamini in rame. Si mangiano innanzitutto degli ottimi risotti, tra cui quello mantovano e quello degli ubriachi.



Tra i secondi ho mangiato un’ottima carne di manzo cotta nelle cipolle e nel Lambrusco insieme a della polenta buonissima (il piatto si chiama carbonata con polenta), ma nella scelta ci si può sbizzarrire tra mille altri gustosi piatti della tradizione mantovana, che potete vedere elencati nella foto. Insomma anche questo è un posto da segnalare e segnare per una prossima gita a Mantova.
Per acquisti golosi da riportare a casa, come paste fresche e tortelli, un indirizzo da non perdere è il Panificio Freddi in Piazza Cavallotti, 7 presso il quale si possono gustare anche notevoli specialità dolci. E infine, dalle parti dello stadio e di Palazzo Te, vi segnalo un interessante e grande punto vendita di prodotti agricoli mantovani freschi e trasformati, dal produttore al consumatore (Contadinostrano – Kilometrizero, Viale Isonzo, 18/20 – Tel. 0376/1693924): da quel poco che ho visto, anche questo negozio mi sembra mitico!

4 gennaio 2011

I malloreddus de su sposu


Il primo post dell’anno, preceduto ovviamente dai miei più cari auguri per un brillante 2011 ai miei lettori, riguarda una ricetta sarda molto semplice ma buonissima.
L’ho trovata sull’interessante rivista “Vie del Gusto” in un articolo del bravo Gino Celletti. Ho adottato delle varianti alla ricetta, soprattutto per indisponibilità di alcuni ingredienti nella dispensa di casa, ma il risultato è stato comunque molto soddisfacente.
L’anima della ricetta è il connubio olio-pecorino.
Ecco come si prepara:

Mettere in una padella antiaderente 400 grammi di Pecorino Sardo grattugiato (io avevo in casa del Pecorino Romano) ed una tazzina di olio extravergine (preferibilmente di Bosa, un bel paesino vicino ad Alghero). Far sciogliere a fuoco bassissimo il composto finché non diventa cremoso (all’occorrenza usare anche poca acqua di cottura della pasta). Successivamente aggiungere nella crema così formatasi dello zafferano. In questo caso avevo a disposizione uno zafferano appropriato alla ricetta e alla sua regione di origine, quello ottimo di San Gavino Monreale, anche se le scorte erano un pò limitate, purtroppo.
Lessare nel frattempo degli gnocchetti sardi o malloreddus (circa 400 grammi), scolarli al dente e saltarli nella padella. Servire gli gnocchetti ben caldi, cosparsi di una generosa macinata di pepe e “un giro” di buon olio extravergine. Un piatto semplice e gustoso ma robusto, tanto per restare in sintonia con le “maratone” enogastronomiche che caratterizzano le feste.

E si conclude qui il primo post dell’anno. Ho pensato che può essere di buon auspicio per il 2011 in quanto il titolo della ricetta, facendo riferimento ad uno sposo*, evoca sentimenti di gioia come quella che si prova il giorno del matrimonio. Ed è anche e soprattutto di buon auspicio per quei maschietti come me che non sono ancora sposati. Sempreché essere sposati sia davvero una cosa piacevole, ma io penso che nel complesso lo sia…voi che dite?

*Alla lettera il titolo della ricetta si traduce come “gnocchetti sardi dello sposo”; si tratta probabilmente (non sono riuscito a trovare notizie più precise al riguardo) di un primo piatto tipico dei banchetti nuziali tradizionali sardi.