Il mare, il buon bere, il mangiare bene e...chi più ne ha, più ne metta

30 dicembre 2010

Un mitico timballo


Uno dei piatti che ho cucinato per i pranzi e le cene di Natale, è un classico della tradizione napoletana e natalizia del Sud Italia, il timballo di maccheroni. E’ un piatto che non mangiavo veramente da molto tempo è che ho rispolverato consultando un libro sulla cucina partenopea. Si tratta in pratica di una pasta al forno ripiena, rivestita di pasta frolla.
Avevo quasi dimenticato che la caratteristica del piatto è, oltre alla sua notevole ricchezza di ingredienti, il contrasto tra il dolce della frolla che riveste i maccheroni ed il salato del resto dei suoi componenti. Altre volte avevo infatti gustato questo piatto, apprezzandolo sempre moltissimo, con un rivestimento di pasta sfoglia, quindi salata.
Il contrasto tra dolce e salato, del resto, è una caratteristica della cucina napoletana che si riscontra anche in altre preparazioni come ad esempio quei rustici che si trovano spesso nelle rosticcerie e pasticcerie di Napoli e dintorni che sono composti da uno stato esterno di pasta dolce ed un ripieno di ricotta, salame ed uova sbattute.
Tornando al timballo natalizio, devo dire che è un piatto che richiede una preparazione non difficile ma piuttosto lunga e quindi consiglio per chi voglia provare a farlo di portarsi avanti già dal giorno prima per preparare alcune cose, al fine di non dover eseguire troppi passaggi insieme nel giorno in cui lo si vuole servire in tavola.


Anyway, ecco l’elenco degli ingredienti che vi servono per preparare questo mitico piatto che devo dire ha avuto un ottimo successo quando è stato servito il 26 dicembre, il giorno di Santo Stefano.

Ingredienti:

Per la parte esterna:

500 gr. di pasta frolla (la ricetta la trovate agevolmente in rete)

Per la pasta ed il condimento:

500 gr. di maccheroncini
abbondante ragù

Per il ripieno:

150 gr. di carne di vitello macinata
50 gr. di pane raffermo
200 gr. di piselli in scatola
50 gr. di pancetta a dadini
3 uova sode
200 gr. di fiordilatte
20 gr. di funghi secchi
100 gr. di Parmigiano Reggiano
cipolla
burro (una volta si usava la sugna)
olio, sale e pepe

(NB: considerate che la ricetta originale prevedeva altri ingredienti ancora, fegatelli di pollo e della salsiccia, rispetto a quelli già abbondanti che ho elencato, ma io ho preferito rendere relativamente “più leggero” il piatto...).

Preparare il ragù. Nel frattempo con il pane raffermo ammollato in acqua, la carne macinata, un uovo e del parmigiano creare un impasto con il quale formare delle polpettine che si passeranno nel pangrattato e si friggeranno; successivamente ammollare in acqua tiepida i funghi secchi e farli cuocere in poca acqua; a fine cottura, tagliarli in pezzetti più piccoli; a parte ancora far soffriggere la cipolla in olio extravergine e successivamente aggiungere i dadini di pancetta ed i piselli. Allungare poi con dell’acqua di cottura dei funghi e far cuocere una decina di minuti.
In un tegame far insaporire poi i piselli, i funghi e le polpettine con qualche cucchiaiata di ragù.
Cuocere successivamente la pasta al dente e condirla con parte del ragù e qualche cucchiaiata di parmigiano.
In un tegame da forno alto e non troppo largo che sarà imburrato ed infarinato disporre ¾ della pasta frolla, tirata abbastanza sottile, sul fondo e sui bordi. Aggiungere metà della pasta condita e al di sopra la metà degli ingredienti, inclusi il fiordilatte e le uova sode tagliate a dadini, del ragù e del parmigiano grattugiato; ripetere di nuovo l’operazione di prima nella stessa sequenza (pasta e poi il ripieno); chiudere infine con l’altro strato steso di pasta frolla rimasta, assicurandovi che i bordi siano ben saldati, in modo da non far fuoriuscire il ragù o il ripieno.
Infornare a temperatura media finché la pasta non sarà dorata. Servire dopo aver fatto riposare il timballo (o timpano) per almeno dieci-quindici minuti fuori dal forno.


Che dire? Un piatto davvero mitico, ricco, elaborato e gustosissimo che ben si adatta agli opulenti pasti delle feste natalizie.
E già che questo è l’ultimo post dell’anno, auguro a Voi tutti un eccezionale e goloso Anno Nuovo!!!

24 dicembre 2010

La mia Vigilia

Le mitiche "papaccelle" per preparare "l'insalata di rinforzo"
Con queste foto di una Napoli in cui l’atmosfera del Natale è sempre unica, Vi auguro un fantastico giorno di Vigilia e un magico Natale!



Durante le feste è noto che si devono fare delle maratone culinarie e noi “ci sacrificheremo” sia nel cucinare, pronti a sfoggiare a parenti ed amici le nostre abilità culinarie, che nel mangiare…




Vi aggiornerò allora su quello che di particolare ho preparato durante le feste. Nel frattempo, MERRY XMAS a tutti i lettori del mio blog!

20 dicembre 2010

Arrosto di maiale con brandy, senape e mele

Quelle a fianco non sono patate ma mele, eh :-)
Ebbene sì, della ricetta che vedete nella foto sono proprio soddisfatto!
Avevo mangiato questo piatto di carne qualche tempo fa in un ristorante di cui non ricordo il nome ed ho deciso di provarlo di nuovo, non appena mi è tornato in mente, e di proporlo sul mio blog. Tempo di radunare gli ingredienti e via.
Si tratta di un arrosto di maiale cucinato con brandy, senape e mele. Non scopro niente di nuovo, questo non è certo un piatto innovativo (d’altronde sul mio blog di innovativo c’è poco, e meno male, aggiungo!) ma è sicuramente gustoso, ben equilibrato e profumato.
Amo molto utilizzare il brandy in cucina e devo dire che è ottimo sia con la carne che con il pesce, come ad esempio con i gamberoni.
Questa volta l’ho utilizzato in una ricetta a base di carne di maiale, in particolare con l’arrosto di maiale. Vado allora a descrivervi come ho ottenuto questo piatto squisito.
Ho preso un bel pezzo di arrosto di maiale e l’ho insaporito con del rosmarino, del timo e del sale grosso. L’ho fatto rosolare in un capiente tegame in olio extravergine di oliva e successivamente ho fatto sfumare con un bel bicchiere di buon brandy. Ho quindi aggiunto dell’acqua (si può aggiungere anche del brodo vegetale) fino a quasi coprire la carne. Ho fatto poi cuocere per abbondanti 45 minuti/un’ora (il tempo di cottura dipende dalle dimensioni della carne) finché la carne non è diventata morbida. Cinque-dieci minuti prima di fine cottura, ho aggiunto qualche cucchiaio di buona mostarda e una mela sbucciata tagliata a cubetti/cubettoni. L’aggiunta di una maggiore o minore quantità di mostarda dipende dai gusti. Io ne ho usata inoltre una di gusto non troppo forte. Se la salsa di cottura dovesse ridursi troppo, “correggete” con dell’altra acqua e poco brandy.
Successivamente, ho frullato parte della salsina che si è formata ed ho lasciato da parte dei cubetti interi di mela. Ho quindi rimesso sul fuoco la salsa densa frullata, insieme alla carne e ai pezzetti di mela ed ho fatto cuocere brevemente per amalgamare il tutto. Ho concluso tagliando la carne a fettine di spessore medio e impiattato cospargendo 3-4 fettine di carne con la salsetta e dei pezzetti di mela, guarnendo con un rametto di rosmarino fresco.
Un piatto di grande equilibrio ed eleganza che mi è riuscito davvero bene e che può essere tranquillamente servito durante il periodo delle feste natalizie! E, a tal proposito, buona settimana di Natale a tutti!

14 dicembre 2010

Du Muscadet, s’il vous plaît


Oggi parliamo di Muscadet. Forse non tutti conoscono questo vino prodotto in un’area intorno a Nantes*, non lontano dalla costa Atlantica. Ma chi legge i romanzi di Maigret dovrebbe ricordare che il noto Commissario beveva questo vino quando era più caldo ed aveva sete. Il Muscadet è infatti un vino relativamente semplice, prodotto con uva Melon de Bourgogne, chiamata localmente Muscadet. Le tipologie più pregiate di Muscadet provengono dalla sottozona “Sèvre-et-Maine”, un’area che prende il nome dai due omonimi fiumi che scorrono nella zona. Al fine di migliorare la struttura di questo vino, negli anni ‘70 e ‘80 molti produttori iniziarono a far maturare il Muscadet sulle proprie fecce (“sur lie”) e lieviti, una pratica che indubbiamente conferisce al vino una maggiore complessità.

L'areale di produzione del Muscadet
Immagine tratta dal sito http://www.nantes-tourisme.com/fr/decouvertes/autour-de-nantes/route-des-vins-10207.htm
  Qui a Roma da “Comptoir de France” ho trovato un ottimo Muscadet biodinamico prodotto da Guy Bossard il cui vino è in coltura biologica dal 1975, con inizio dei trattamenti biodinamici a partire dal 1992. L'obiettivo di Guy è di ottenere una vite resistente seguendo i principi biodinamici, in grado di poter esprimere tutte le sfumature del territorio per il piacere del consumatore.
Il Muscadet è noto per i suoi abbinamenti con i crostacei e i frutti di mare ed ha dei sentori finali salini, quasi iodati, che ricordano il mare che a me piacciono molto.
E’ ottimo da bere nelle belle serate estive, ma anche in abbinamento ai piatti di pesce della Vigilia di Natale che si sta piacevolmente avvicinando.
Con l’aiuto della mia amica blogger Gracianne (che ringrazio ancora) ho avuto poi la segnalazione anche di altre aziende che producono un ottimo Muscadet che spero di assaggiare in altre occasioni, quando potrò reperire questi vini. Eccole:

• Domaine de la louveterie ed in particolare la cuvée Amphibolite Landron (segnalato a sua volta a Gracianne da Patrick CdM, un bretone del blog "Cuisine de la Mer", che lo definisce il migliore Muscadet del mondo!)
• Nelly Marzeleau (domaine du Presbytère)
• domaine de La Landelle

Per finire, vi lascio con una ricetta bretone a base di Muscadet, tratta dal libro “Les recettes bretonnes de Tante Soizic”, Editions Ouest France. Si chiama "Escalopes de veau à la mode d’Iffiniac".
Iffiniac è un paesino vicino alla baia di Saint Brieuc in Bretagna dove si producono delle cipolle molto particolari di tipo giallo/dorato.

Ecco gli ingredienti:
(per 5 persone)

5 piccole scaloppe di vitella
1 kg di cipolle d’Iffiniac (non le troverete in Italia, ma utilizzatene altre gialle/dorate)
1 bicchiere di Muscadet
sale, pepe
groviera grattugiata
pangrattato
100 gr di burro

Far fondere nel burro in un tegame le cipolle tagliate molto sottilmente finché non diventano dorate. Aggiungervi la carne e grattugiarvi sopra il formaggio groviera, spargendovi anche del pangrattato. Far cuocere per pochi minuti. Aggiungere un bicchiere di Muscadet e infornare a fuoco moderato per 45 minuti. Si formerà una gustosa crosticina ma l’interno sarà morbido grazie alle cipolle.
E’ un piatto buonissimo che vi consiglio di provare. Io personalmente amo molto l’abbinamento cipolle-groviera come nel caso della Soupe à l’oignon gratinée. L’ultima volta che ho preparato questa carne non l’ho fotografata ma solo mangiata, di qui il motivo dell’assenza della foto…

*città della Francia, tra l’altro, che legge di più il mio blog in base alle statistiche google

8 dicembre 2010

Intervista a Gianni Mura


Gianni Mura è il giornalista sportivo che amo di più. I suoi articoli sul ciclismo e sul calcio sono dei veri capolavori e si leggono sempre con grande interesse e piacere. Ma Gianni Mura è anche un grandissimo esperto di enogastronomia e allora ho pensato che una persona che scrive con gran stile di cose che coincidono con le mie grandi passioni meritava di essere intervistata sul mio blog.
Ho allora scritto un’e-mail al suo indirizzo di posta elettronica, non avendo però grandi speranze di risposta, visti i notevoli impegni che i giornalisti hanno quotidianamente.
Con grande piacere dopo poco ho invece ricevuto la sua gradita risposta ed ora eccomi qui ad intervistare una persona che stimo molto.
I suoi articoli infatti non si limitano a descrivere i risultati dell’evento sportivo, ma raccontano storie, fanno scoprire aspetti inediti legati ai campioni dello sport, sono pagine di vita. E sul Venerdì di Repubblica apprezzo molto anche la sua rubrica settimanale sui ristoranti.
Secondo me non è un caso che sono sempre le grandi firme del giornalismo sportivo ad essere anche dei grandi esperti di enogastronomia. Penso ad esempio anche al grande Gianni Brera, di cui Gianni Mura è stato grande amico e sul quale ha scritto, dopo la morte di Brera, un bellissimo articolo intitolato “I senza Brera”.
Gianni Mura, qualche anno fa, ha inoltre scritto un libro, “Giallo su giallo” che mi è davvero piaciuto, perché mette insieme tante mie passioni come il Tour de France, la Francia, i gialli e il mangiare/bere bene.

Gianni Mura, dopo tanti anni come “suiveur” al Tour de France segue sempre questa corsa con lo stesso entusiasmo?

Dal punto di vista sportivo l’entusiasmo è minore. Il fenomeno del doping dà grandi delusioni e condiziona molto il lavoro. Rimane comunque sempre la speranza che il doping possa esser definitivamente sconfitto…
L’entusiasmo del viaggiatore invece c’è sempre. Girare la Francia, anche dopo venticinque Tour, è sempre bello. C’è sempre un paesaggio, uno scorcio, un qualcosa di bello dietro l’angolo che vale il viaggio.

Nel suo libro “Giallo su giallo” parla della Grande Notte del Cassoulet, un gran ritrovo di giornalisti ed amici per mangiare un gran piatto della cucina tradizionale del sud-ovest francese. Anche se quella era un’occasione particolare, in ogni caso al Tour organizzate davvero delle “rimpatriate” simili?

Non come nel libro. Ma quando si può, ci si ritrova con piacere. Magari non in quindici persone, ma in sei o sette sì. Il momento della cena è un momento importante dopo una giornata lavorativa intensa quando a pranzo non si ha l’opportunità di mangiare bene. Tutto però dipende da dove si è collocati logisticamente. I giornalisti al seguito del Tour de France sono tantissimi e c’è grande dispersione dei diversi colleghi tra i vari paesini limitrofi ai luoghi di tappa.

Cosa si aspetta dal prossimo Tour de France? Riusciranno i nostri Basso e Nibali a fare un salto di qualità in più e vincere qualcosa di importante?

Sono curioso di vedere Nibali che ha fatto un’ottima stagione 2010 vincendo alla grande anche la Vuelta. Basso invece credo sia in fase calante. Onestamente devo dire che non ha fatto l’anno scorso un grande Tour de France.

Foto tratta dal sito http://www.letour.fr/
E il Grand Départ del Tour de France dalla Vendée cosa offrirà ai tifosi e a voi giornalisti dal punto di vista enogastronomico e paesaggistico?

Dal punto di vista paesaggistico non molto. La Vandea è un po’ piatta e, anche se non è lontana dalla Bretagna, è tutt’altra cosa rispetto a quest’ultima. La Vandea è piatta, la Bretagna è mossa. E’ una sorta di Bretagna di serie B.
Comunque c’è il Puy du Fou e Noirmoutier, un’isola piatta famosa per le patate, le mimose ed una frase del pittore Renoir che giudicava le sue acque ben più suggestive di quelle del Mediterraneo. Ciclisticamente quest’isola è famosa per il Gois, una stradina stretta che si apre nel mare, percorribile solo con la bassa marea. Il terreno, reso scivoloso dalle alghe, fa sempre cadere qualcuno.

Ho letto dei suoi bellissimi articoli sul Commissario Maigret di Simenon. La cucina semplice e tradizionale che amava Maigret riuscirà a sopravvivere o sarà soppiantata da sushi, sashimi e quant’altro?

La gente prima o poi si stuferà di sushi e sashimi. Sono soltanto una moda. Si tornerà alla tradizione dove l’Italia è molto più attrezzata della Francia dal punto di vista del numero dei piatti. Da questo punto di vista Italia batte Francia 5-0!

Lei cura una rubrica di enogastronomia sul Venerdì di Repubblica. Quali sono le ultime tendenze della cucina italiana?

Si sta andando verso una cauta innovazione e verso una cucina tradizionale alleggerita. In questo modo si può coniugare il buono della cucina tradizionale con le esigenze salutistiche, sempre più sentite oggigiorno.

Quali sono le principali differenze tra la cucina italiana e quella francese? Stanno andando nella stessa direzione?

La cucina francese è meno innovativa e più codificata, penso ad esempio al Pot au feu o al Tournedos Rossini. Ma c’è anche meno passato nella cucina francese a meno che non si vada a mangiare in certi piccoli paesini. La cucina francese, inoltre, è più “internazionale” di quella italiana. Ovunque si trova il foie gras (che non mangio più per ragioni "etiche"), la coquille Saint Jacques, l’astice o il filetto…

Cosa ne pensa del fenomeno del foodblogging?

Non posso dare giudizi perché di solito non leggo i blog e quei pochi di sport che leggo presentano commenti poco pertinenti e fuori dal mondo. Non mi dedico ai blog perché già scrivo su un giornale e non ho tempo di farlo anche su un blog. Certamente sono una grossa opportunità per i grafomani. Ammetto anche che quelli di enogastronomia possono avere una certa funzione di “passaparola” per l’acquisto di determinati prodotti.

Sta arrivando la “flamme rouge” della mia intervista….A quando il prossimo libro del genere “Giallo su giallo”?

Ci sarà un secondo giallo, ma non proprio immediatamente; sarà il seguito di “Giallo su giallo” con protagonista ancora una volta Magrite.

Si chiude così l’intervista con questo grande giornalista di cui ho ammirato la schiettezza e la gentilezza. Grazie ancora!

4 dicembre 2010

Barilla+Voiello: pasta, che passione!


Ultimamente sono stato invitato ad un paio di eventi romani targati Barilla e Voiello.
Il primo si è tenuto domenica scorsa. Si trattava dell’ultima di una serie di tappe promozionali che hanno toccato le principali città d’Italia, con degustazioni ed assaggi di gustosissimi primi piatti di svariati formati di pasta.
Interessante anche la tipologia de “I piccolini” Barilla, tipo di pasta appunto di piccolo formato che cuoce in poco tempo e che è arricchita, nelle nuove referenze, con passate di ortaggi, come gli spinaci, la carota e la zucca.
Nell’ambito dell’evento, ho avuto l’onore di far parte della giuria di una gara di cucina.


L’esperienza è stata molto positiva. Davanti a noi, una coppia di concorrenti doveva cucinare un piatto di pasta (nel mio caso si trattava di garganelli) con alcuni specifici ingredienti da utilizzare: cipolle, zucchine, carciofi, il pesce gallinella, erbe varie.
Ne è venuta fuori una gara molto combattuta che ha visto vincere il concorrente più esperto dal punto di vista dell’organizzazione del lavoro e delle tecniche utilizzate, che ha realizzato un piatto finale davvero gustoso (nella foto che segue).


 Un evento nel complesso interessante, anche se troppo caotico, con un eccessivo afflusso di gente.

L’altro ieri si è invece svolta la cena di Natale organizzata dalla Voiello. Circa un anno fa c’era stato il primo appuntamento romano, mentre giovedì scorso si è svolta una nuova cena prenatalizia, ma questa volta con una diversa modalità di svolgimento della serata.
Tutti i partecipanti alla cena avevano concorso con una ricetta di tipo natalizio (la mia era questa qui) e prima dell’evento una giuria ha decretato i migliori tre piatti che sono poi stati offerti, con qualche opportuno aggiustamento dello chef Voiello, agli ospiti della cena. Le ricette vincitrici sono state le seguenti: 





Devo dire che tutte le ricette (oltre che un ottimo antipasto composto da tortino di alici e puntarelle) erano davvero meritevoli del premio, ma ho preferito leggermente di più il piatto di Marzia con i suoi sapori ben amalgamati, goduriosi, golosi e i cui ingredienti ben si adattano ad un pranzo di Natale.

Lisa, una delle tre vincitrici
Durante la serata è stato un piacere riincontrare Antonella, Max, Nadia, Claudia, Paola, Claudia e Jajo e fare la conoscenza di persone simpatiche come Micaela Motta e il marito di Lisa.
Dopo la cena ho avuto anche l’onore di essere intervistato insieme all’amico Jacopo in una “doppia” intervista riguardante i piatti del Natale e delle feste.
La forte pioggia al termine della serata ci ha trattenuto ulteriormente con gli amici di Voiello e ciò è stato un ulteriore piacere, “piacerevero”.

27 novembre 2010

Mai dire mai a un Martini dry

(e, per continuare con la rima,…..quando si usa questa frase con Bond non si sbaglia mai)

Un'insegna Martini a Torino
Il titolo del post di oggi è ispirato ad un libro che riguarda una serie di racconti di grandi giornalisti e nomi della letteratura italiana contemporanea che hanno per protagonista James Bond, lo 007 di Ian Fleming, ma interpretati in modo ironico e in situazioni particolari.
Ma è anche un titolo, quello che ho deciso di dare al post, che ben si adatta a descrivere le abitudini di James Bond in tema di bere miscelato.
Ma perché in questo post parlo di James Bond? Perché recentemente ho finito di leggere il più importante libro di Ian Fleming “Dalla Russia con amore” che mi è piaciuto davvero molto.


Avevo visto il film con Sean Connery parecchio tempo fa e non lo ricordavo quasi per niente. Quindi per me leggere questo libro è stato quasi come avventurarmi in un racconto di cui non conoscevo la trama ed i contenuti erano, come molti di voi sapranno, davvero avvincenti.
Il libro mi ha preso dalla prima all’ultima pagina e mi è piaciuto per una serie di motivi:

• innanzitutto il modo di scrivere di Ian Fleming: personaggi e ambientazioni ben descritti e linguaggio semplice ma incisivo;
• il contesto che circonda il mondo di James Bond (ma questo già lo sapevo per aver visto altri stupendi film con lui protagonista): belle donne, ambientazioni mondane e chic, buon mangiare e bere, armi “del mestiere” sempre sorprendenti ed originali, ecc;
• il fascino, il mistero e le dinamiche dello spionaggio russo, lungamente descritti nel libro;
• il fascino di un mito: l’Orient Express, treno di lusso che collegava Istanbul a Parigi (io adoro tutto ciò che riguarda l’Orient Express e a tal proposito vi consiglio di leggere un bel libro che si chiama “L'età d'oro del viaggio in treno" di Patrick Poivre d'Arvor, edizioni Ippocampo);
• le citazioni enogastronomiche (non troppe, però, in questo libro) che mi hanno fatto capire che Bond non era solo un buon bevitore ma anche un ottimo gourmand.

James Bond per definizione è un noto estimatore di cocktails, alcuni divenuti famosi proprio grazie a lui, al punto che si parla di Bond cocktails, quasi ad identificarne una categoria.
Oggi allora vi presento un cocktail di origine italiana che Bond beve in questo romanzo e che più volte ha apprezzato durante altre sue avventure: l’Americano.
Ecco la semplice ricetta:

Ingredienti:

• Bitter Campari 1/3
• Martini Rosso 1/3
• Soda water 1/3

Guarnizioni: Fettina d’arancia, scorza di limone

Versare il Campari e il Martini Rosso direttamente in un bicchiere old fashioned (o in un tumbler basso), con alcuni cubetti di ghiaccio e mescolare. Aggiungere la soda water e decorare con mezza fetta d’arancia e la scorza di limone.

Immagine tratta dal libro "Cocktails" Guide Compact De Agostini
Molti autori sostengono che si tratti di un cocktail creato in Italia negli anni Trenta. Il suo nome, come si legge nel libro dei cocktail IBA, è forse dovuto alla moda di americanizzare tutto e non è proprio corretto in quanto tra gli ingredienti non c’è nulla di americano. Infatti il vermouth è piemontese, mentre il Bitter Campari è milanese; inoltre anche la soda water fu inventata a Milano.
Ma si dice anche che il nome di questo cocktail pre-dinner fu dato in onore del pugile Primo Carnera che vinse negli anni ’30 al Madison Square Garden di New York il titolo dei pesi massimi.

*****

Sempre a proposito di libri e racconti, ve ne segnalo uno molto più piccolo che ha vinto recentemente il Premio enoletterario Santa Margherita attribuito nell’ambito di una serata piacevolissima a cui ho partecipato e di cui trovate il resoconto qui  e qui. Il racconto vincitore, contenuto in 4.000 battute, di Antonello Farris è veramente degno di questo premio, molto gradevole e direi commovente.
Oltre a voi lettori e frequentatori del web, il racconto sarà letto da un pubblico in qualche modo inconsueto e cioè da chi acquisterà le più note bottiglie di vino S.Margherita, sulla cui retroetichetta ci sarà proprio il racconto stesso, contenuto in cinque mini-pagine….

22 novembre 2010

Una pizza di scarole rivisitata


La ricetta che vi propongo oggi è una ricetta natalizia. E’ vero che il Natale è ancora lontano (almeno per me, non per i negozi…) ma lo spunto mi è arrivato da Voiello che organizzerà a breve una cena con tema natalizio a cui si può partecipare (sperando di essere selezionati) inviando una ricetta a base di pasta che abbia collegamenti appunto con il Natale.
Ho pensato allora che a Natale il giorno della Vigilia a Napoli si mangia un piatto tradizionale che è la pizza di scarole e che una famosa chef di Ischia, Libera Iovine, proprietaria del ristorante “Il Melograno” l’aveva proposta in una versione rivisitata, abbinando gli stessi ingredienti con la pasta.
La ricetta (contenuta nel libro di Alba Pezone “Pasta. Sapori e profumi dal sud”, edizioni Gambero Rosso) che ho utilizzato è stata quindi proprio quella di questa brava cuoca, che ho soltanto leggermente modificato.
Ecco la ricetta:

Mafaldine alla crema di scarola

Per 4 persone:

Mafaldine (o Reginette) 350g
scarole 2
capperi dissalati 50g
olive nere di Gaeta 100g
pinoli 50g
aglio 1 spicchio
peperoncino
olio d’oliva
sale

Selezionare e lavare le scarole. Sbollentarle per pochi minuti in acqua salata. Scolarle conservando una o due tazzine da caffé di acqua di cottura e frullarle con un filo di olio e l’acqua di cottura stessa. Lasciar raffreddare.
Far cuocere la pasta e, nel frattempo, scaldare quattro cucchiai di olio in una padella, farvi rosolare l’aglio a pezzettini e il peperoncino. Una volta dorato l’aglio, aggiungere la crema di scarola, le olive che saranno state denocciolate, i capperi dissalati e i pinoli (al limite si può aggiungere anche dell’uva passa ammollata) e far cuocere a fuoco medio-basso per pochi minuti.
Scolare la pasta al dente e farla saltare nel condimento per circa un minuto.


Nella mantecatura finale è possibile aggiungere anche uno-due cucchiai di acqua di cottura per rendere più cremoso il tutto e/o mezzo cucchiaio di colatura di alici per insaporire e contrastare maggiormente la dolcezza della crema di scarola.
Il piatto è davvero molto equilibrato, gustoso e leggero e può essere servito nella cena di vigilia di Natale prima di gustare piatti più importanti a base di pesce. O in qualsiasi altra occasione che preferite…

17 novembre 2010

Veni l’autunnu


Qualche foto per celebrare la stupenda stagione che è l’autunno, che ci regala colori caldi, profumi e sapori inimitabili.



Cosa c’è di meglio ad esempio di un bel mucchio di caldarroste e di un buon bicchiere di vino Novello, magari chiacchierando con amici davanti ad un bel camino scoppiettante?




PS: il titolo del post è in dialetto siciliano e vuol dire “viene l’autunno”; è anche il titolo di una bellissima canzone di Franco Battiato, che potete trovare qui.

12 novembre 2010

Me gusta la castagna


Autunno, tempo di castagne. Sono un frutto che adoro e che apprezzo molto soprattutto nelle preparazioni dolci ma anche salate. Quindi aspettatevi anche nei prossimi post qualcosa che le riguarda…
Il piatto che vi presento oggi prende spunto da una bella mangiata fatta in un ristorante campano qualche tempo fa. Uno dei piatti abbinava castagne, funghi e pancetta con un’ottima pasta fresca senza uovo che si chiama “scialatiello” (le persone di Napoli e dintorni la conosceranno di sicuro).
Sulla base di questa idea, ho personalizzato un po’ il piatto cambiando tipo di pasta (anche perché a Roma gli scialatielli non si trovano così facilmente) e utilizzando una crema di castagne anziché delle castagne intere sminuzzate.
Innanzitutto ho utilizzato una pasta, sempre della tradizione napoletana, verso cui inizialmente nutrivo qualche diffidenza e che invece cotta dà grandi soddisfazioni: le reginette. Il suo formato frastagliato nelle parti esterne e di consistenza callosa raccoglie bene il condimento ed è proprio sfizioso.
Ma andiamo con ordine: per la crema di castagne ho utilizzato delle castagne bollite e pelate che ho fatto insaporire in un tegame dove precedentemente avevo fatto imbiondire dell’aglio in olio extravergine insieme a rosmarino e alloro. Ho fatto cuocere per una decina di minuti le castagne (poi salate e pepate) ed ho successivamente aggiunto una quantità moderata di brodo vegetale. Anche in questo caso la cottura è stata breve, visto che le castagne erano sin dall’inizio già cotte. Ho tolto poi l’alloro ed il rosmarino ed ho frullato il tutto.
E veniamo alla preparazione vera e propria del piatto. In una padella ho fatto soffriggere dell’aglio in poco olio extravergine e successivamente ho aggiunto la crema di castagne ottenuta precedentemente. Ho fatto insaporire brevemente ed ho aggiunto della pancetta affumicata a cubetti (si trova agevolmente in tutti i supermercati già cubettata). Una breve cottura ancora ed ho spento il fuoco. Nel frattempo ho cotto al dente le reginette e le ho poste nella padella insieme alla crema di castagne con l’aggiunta di un cucchiaio o due di acqua di cottura. Ho ben mantecato ed ho impiattato, cospargendo il piatto di abbondante parmigiano.
L’impiattamento è avvenuto in un piatto in legno da polenta per dare un maggior senso di rusticità ad una pietanza che è già per definizione rustica.
Ho accompagnato il tutto con un ottimo Taurasi, ma ci vedrei bene anche un buon Aglianico del Taburno, entrambi espressione del territorio campano.
E con questo auguro buon autunno e buona estate di San Martino a tutti!

7 novembre 2010

“Empanadas” di fiordilatte


Il titolo del post, ovviamente, è solo scherzoso. Non si tratta affatto di empanadas argentine o di alcune altre versioni simili cucinate in Sud America.
Quello che oggi vi propongo è invece un piatto che nella mia famiglia si fa da sempre: il fiordilatte impanato. Non so nemmeno come la ricetta sia “arrivata” in famiglia, forse ci è stata tramandata da mia zia o da chissà chi.
E’ sempre interessante verificare il modo con cui alcuni piatti si “radicano” nella tradizione di una famiglia. Spesso ciò accade perché altri parenti li preparano da sempre, ma avviene anche per esperienza diretta o tramite prove, qualche innovazione o acquisizione da ricettari vari. Poi queste ricette vengono ripetute talmente tante volte da diventare dei “must” familiari.
Io invece tramite il mio blog vi trasmetto questa semplice ma ottima ricetta che probabilmente conoscerete, ma non è detto.
Eccola: prendere un bel fiordilatte e tagliarlo a fette di medio spessore. Sbattere poi due uova in un piatto, salandole un poco e immergervi le fette di fiordilatte. Porre quindi queste ultime nel pangrattato e friggerle in padella, in olio di semi, poco tempo per lato finché il fiordilatte non sarà dorato. Sicuramente avanzerà dell’uovo sbattuto e quindi con questo è d’obbligo prepararci una bella omelettina possibilmente, come dicono i francesi, “baveuse”.
Di qui la foto dell’omelette accanto al mio amato fiordilatte impanato e fritto….

2 novembre 2010

Barchette...


(Per le barchette commestibili, che io chiamo “scialuppe”, ecco la ricetta, da eseguire rigorosamente quando le melanzane sono di stagione: tagliare le melanzane in due ed estrarne l’interno, in modo da ricavarne delle barchette vuote. Far bollire brevemente le barchette in acqua bollente salata.


Nel frattempo in una pentola in poco olio far soffriggere dell’aglio e successivamente aggiungere l’interno delle melanzane tagliato a cubetti, insieme a dei pomodorini sminuzzati, olive, capperi e basilico. Cuocere fino a cottura delle melanzane.


In un ampio tegame da forno versare un filo di olio extravergine, porre le barchette sbollentate ripiene del composto di cui sopra e cospargere di pangrattato. Infornare per circa 20 minuti a 180°C o comunque fino a che le barchette non hanno assunto in superficie un colore dorato).

29 ottobre 2010

Una guida per noi foodies

I foodies sono delle persone particolari. Si emozionano per il buon cibo, si esaltano nel fotografare un piatto, sono felici quando scoprono un luogo dove si mangia bene, viaggiano e fanno kilometri per cercare e trovare un prodotto tipico o qualcuno come loro che condivida le loro stesse passioni.
Insomma sono un pò come i tifosi di una squadra di calcio, che per i loro colori sono disposti a tutto.
E la guida che è stata presentata ieri alla Città del Gusto del Gambero Rosso sembra fatta proprio su misura per loro, gli amanti “non superficiali” del buon mangiare e bere.
E’ una guida se vogliamo inconsueta, costruita anche sulla base delle “dritte” di autorevoli foodblogger, oltre che dal competente gruppo di lavoro del Gambero Rosso.
La guida presenta non soltanto indirizzi di ristoranti, ma anche la descrizione di luoghi dove si acquista street food di qualità, di panetterie, gelaterie, negozi di tipicità gastronomiche, oltre che di pizzerie a taglio, paninerie, locali da aperitivo (quelli buoni e non solo alla moda), ecc.
Finalmente si trovano indirizzi di luoghi sfiziosi, a volte di prezzo contenuto a cui si contrappone l’alta qualità dei cibi offerti. E’ proprio quello che cerco io quando voglio trovare locali intriganti, dove si mangia bene senza necessariamente far ricorso ai grandi ristoranti e ai nomi più noti.
Ho l’impressione quasi che si tratti di una guida “talent scout” di locali inediti, che esprimono in vari modi l’eccellenza enogastronomica. Senza con questo voler dire che in questa guida non siano presenti locali già famosi e ampiamente noti.
Nella prefazione della guida si legge che il “foodie-tipo” è uomo, di età tra i 25 e i 54 anni e single (o che fa capo a coppie senza figli). Ebbene io che mi ritengo un foodie che ha le caratteristiche che avete letto sopra, rientro anche perfettamente nel profilo di sesso, età e stato civile del perfetto food lover…Meglio di così…
Leggendo l’interessante guida, mi accorgo che tra gli indirizzi golosi elencati ve ne sono alcuni che modestamente ho scoperto da solo, come l’ottima panineria ‘Ino a Firenze o l’enoteca Uve e Forme, non lontana dal mio ufficio.
Ma noto anche che vi sono dei posti segnalati a Roma che ancora non conosco e che già non vedo l’ora di sperimentare, magari in compagnia proprio dei foodblogger che erano presenti al lancio della guida (StefanoDaniela, Sandra e i Fooders, oltre alle efficienti ragazze del team del Gambero Rosso).


Un posto che vorrei presto visitare, ad esempio, è la Boulangerie San Bartolomeo, la cui descrizione mi intriga molto.
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Last but not least il buffet offerto in occasione della presentazione. Ovviamente il cibo è stato decisamente all’altezza della situazione. Ho degustato le invenzioni del geniale Moreno Cedroni che ha proposto le principali specialità del suo locale Anikò (in particolare le fantastiche tapas di “salumi di pesce” e la “simmenthal di pesce”, nella foto in alto).

Le "tapas" di pesce firmate Moreno Cedroni

Ho assaggiato inoltre i prodotti e i fritti dell’antica (e mitica) focacceria San Francesco  (compreso il pane c’à meuza) e un’ottima carne cruda e cotta di razza bovina Limousine.


Come rinunciare allo street food dell'Antica Focacceria San Francesco?


Anche se sono arrivato in ritardo e non ho potuto assaggiare i dolci di Corrado Assenza (Caffè Sicilia, Noto), devo dire che l’evento è stato davvero piacevole e invito tutti voi a consultare questa guida, che vi aiuterà e (appunto) vi guiderà nelle vostre scorribande enogastronomiche e gastronautiche lungo tutto lo stivale.

24 ottobre 2010

36, Quai des Orfèvres

 Immagine tratta dal sito http://store.corriere.it

“Dalla finestra intravedeva un braccio della Senna, place Saint-Michel, una chiatta-lavatoio, il tutto in un’ombra azzurra, costellata via via dalle luci dei lampioni a gas che si accendevano” (da “Pietr il Lettone” di George Simenon)


Nei romanzi di Georges Simenon in cui è protagonista il Commissario Maigret la polizia giudiziaria ha sede al numero 36 del Quai des Orfèvres, sulla Senna, nell’Île de la Cité a Parigi.
E’ il luogo dove lavorano Maigret e il suo team e l'ufficio del commissario ha una bella vista sul fiume, una mitica stufa in ghisa, un porta pipe e una bottiglia di cognac sempre pronta per le occasioni speciali o gli interrogatori delicati.
Nella sala d'attesa dell’ufficio del Commissario, come si rileva in molti romanzi, si alternano i personaggi più diversi: “dalle vecchie conoscenze, ai poveri diavoli, dagli informatori della polizia, alle persone qualunque che, per motivi diversi, chiedono un colloquio”.
Durante le lunghe ore dedicate agli interrogatori che effettua Maigret in questi locali, di solito un garzone della Brasserie Dauphine porta all'ufficio del commissario un vassoio di birre (probabilmente Simenon amava quelle belghe) e panini.
La Brasserie Dauphine è un ristorantino in Place Dauphine, proprio dietro il Quai des Orfèvres. È citata in moltissimi racconti ed appare sin dal primo romanzo (Pietr il Lettone). In questa brasserie il commissario è solito consumare pasti o aperitivi, da solo o in compagnia di qualche assistente.
Il ristorante è in realtà un luogo che non esiste perché in quella zona non vi è una Brasserie Dauphine. Tuttavia lì vicino si trova il Café Restaurant aux Trois Marches, in cui Simenon si recava spesso.
Vi propongo oggi allora la semplice ricetta di uno dei sandwich (oltre a quelli al prosciutto e al formaggio) che gustava il goloso commissario (sandwich tra l’altro citato e descritto nel libro “la Trappola di Maigret”).

Sandwich del Commissario Maigret:


Ingredienti:

2 fette di pan carrè
una coscia di pollo
burro fuso
mostarda di Digione (possibilmente Maille)

Mescolare burro e mostarda e spalmare il composto su una fetta di pane. Sfilettare con cura il pollo precedentemente passato nel burro (in padella) e porlo sulla fetta di pane. Compiere la stessa operazione anche sull’altra fetta. Unire le due fette lasciando riposare per 10 minuti prima di gustarle. Un panino davvero originale per noi italiani con il gusto del pollo ben equilibrato con il sapore più forte della mostarda. Questo sandwich a mio parere si abbina benissimo ad una bella birra bionda ghiacciata.


Due ultime notiziole finali:

• è in edicola in dvd in diverse uscite la mitica versione italiana delle inchieste del Commissario Maigret, con la memorabile interpretazione di Gino Cervi;
36, Quai des Orfèvres è anche un film poliziesco molto bello (a me è piaciuto) di qualche anno fa con Daniel Auteil che consiglio di affittare in dvd.

18 ottobre 2010

Ancora Bologna...


Ogni tanto raccolgo in un unico post quelle che sono le mie esperienze gastronomiche e di viaggio fatte qualche tempo fa e non necessariamente di recente.
Anche nel caso del post di oggi riordino degli appunti più o meno aggiornati su dei ristoranti di Bologna (e dintorni).
Di alcuni luoghi golosi di Bologna avevo già parlato qui. Questo post è quindi un ideale seguito della piccola guida di Bologna che, leggendo il mio blog, vi starete poco a poco costruendo.
Oggi vi voglio parlare di due locali molto interessanti.
Il primo si chiama Casa Monica (Via San Rocco 16, Tel. 051 522522), un locale che da Piazza Maggiore, percorrendo via Ugo Bassi, dista circa 10-15 minuti a piedi.
Me ne aveva parlato inizialmente lei e poi ne ho sentito parlare più volte su guide e riviste. Quando l’ho effettivamente sperimentato, devo dire che soprattutto il locale è stato all’altezza delle aspettative. Il locale sorge in una ex officina ed è una sorta di loft molto ben arredato, carino e dall’aria trendy. Alle pareti vi sono dei quadri molto sfiziosi, dipinti a quanto sembra proprio dai proprietari, che ricordano la Bologna mangereccia. I piatti, non tradizionali ma ben cucinati, si presentano molto bene e sono buoni, anche se la carta non ne elenca numerosi. Ho apprezzato molto una pasta al ragù di carne sfumato con il Passito di Pantelleria. Questo tra l’altro è stato un esperimento che ho ripetuto più volte nella mia cucina anche con altri ragù e devo dire che quella che ne vien fuori è una salsa molto più “elegante” e ricca di aromaticità, senza per questo che il sugo accusi una maggiore dolcezza.


Ho molto apprezzato anche del prosciutto d’anatra affumicato con indivia e miele (nella foto in basso). Insomma un bel locale che non tutti i bolognesi conoscono e che consiglio vivamente.
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Un altro bel posto dove andare, ma in cui non sarei mai capitato se non mi ci avessero portato Sara  e Riccardo, è l’enoteca-ristorante “Valsellustra”. E’ un posto che si trova nelle colline imolesi ed è veramente un ristorante che se abitassi a Bologna frequenterei spesso e volentieri, ogni qualvolta ci fosse la necessità di mangiare bene e abbondante, senza troppo badare alla forma.
Qui si degustano in modo particolare piatti di pasta fatta a mano, funghi e tartufi e cacciagione.
La nostra cena è stata ottima e proprio a base di funghi. Mi sono piaciute in particolare delle crêpes tartufo e porcini (oltre a dei ravioli patate e porcini) e un ottimo secondo, un coniglio ai funghi.



Il tutto innaffiato da un ottimo rosso piemontese di cui non ricordo il nome.
Il locale offre tra l’altro anche degustazioni di rum e distillati, sigari cubani e cioccolata, oltre a degustazioni tematiche periodiche.
E poi la piacevole compagnia di Sara e Riccardo non poteva che render perfetta una già preannunciata fantastica serata golosa!

12 ottobre 2010

Un primo piatto da Guinness


Mentre ieri si è chiuso in Irlanda il Kinsale Gourmet Festival, il principale evento gastronomico dell'Isola che si svolge nell'area di Cork (considerata la capitale dell'Irish sea-food), ecco una ricetta che sa proprio di Irlanda.
E’ da premettere che amo moltissimo mangiare il pesce affumicato ed un suo abbinamento ideale è con una buona birra stout.
Ho pensato allora di abbinare in un piatto di pasta questi due elementi: l’affumicato e la birra stout.
La scelta è ricaduta su dell‘ottimo salmone affumicato irlandese e sulla birra simbolo dell’Irlanda e di Dublino: la Guinness. Ma gli esperimenti possono continuare anche con il tonno, il pesce spada o le aringhe affumicate…
Ma torniamo alla mia ricetta, che di seguito vado a descrivere:
Innanzitutto ho scelto una pasta che dopo poco tempo di cottura si potesse in qualche modo “risottare”.
Ho optato per i piccolini Barilla e in particolare per delle piccole farfalle che hanno un tempo di cottura breve (6 minuti) ed un formato facile da “risottare”.
La preparazione è molto semplice: far appassire in una padella in olio extravergine una cipolla media. Aggiungere quindi dei cubetti di media grandezza di salmone affumicato e far cuocere brevemente. Aggiungere poi un bicchiere (non un boccale!) di Guinness e poca panna da cucina (mi perdonerai, vero senza panna?), amalgamare e far evaporare la birra, alzando leggermente il fuoco. Spegnere quindi il fornello ed aggiustare di sale (poco). Nel frattempo cuocere la pasta e a metà cottura scolarla e far finire la cottura nella padella con l’aggiunta di poca acqua di cottura. Aggiungere, trenta secondi prima di fine cottura, ancora qualche cubetto di salmone e far cuocere fino a che la pasta non sia al dente.
Impiattare guarnendo il piatto ancora con dei cubetti di salmone affumicato. In tal modo si hanno nel piatto tre tipi di cotture di salmone: quello cotto (comunque poco) all’inizio, quello cotto pochissimo prima di fine cottura e quello aggiunto alla fine solo nel piatto che si cuocerà appena, soltanto con il calore della pasta.


Un tocco finale al piatto è la guarnizione con un misto di basilico e prezzemolo sia per conferire un pò di mediterraneità ad un piatto in qualche modo nordico sia per ricordare la verde Irlanda. Abbinamento? Nemmeno a dirlo, con una pastosa ed appagante Guinness….(che tra l’altro mi ricorda molto l’Irlanda del rugby visto che alle partite del 6 Nazioni se ne beve a fiumi…)
Guinness che si abbina in modo egregio anche con altri magnifici sea-food come le ostriche e le cozze. Date un’occhiata qui .Non sono anche queste delle fantastiche ricette?